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Abbiamo fatto il loro gioco, sul loro campo. E li abbiamo battuti. Per ovvie ragioni di sicurezza, non possiamo raccontare come ci siamo arrivati e con che mezzi, ma vi basti sapere (ed è già troppo) che siamo riusciti a introdurci nel laboratorio dove gli scienziati del gruppo Last Echo progettano e assemblano i loro sbalorditivi macchinari.
È evidente che i tecnici di Last Echo, seguendo alla lettera una delle regole base dello spionaggio, sfruttano per i propri fini i materiali recuperati direttamente nel territorio d’azione.
Il loro metodo, applicato con tenacia, consiste nel setacciare negozi di hi-fi, ferramenta, rigattieri e perfino discariche per cercare qualunque cosa possa tornare utile per la realizzazione di congegni degni di un film di fantascienza (degli anni Cinquanta). Vecchie valvole, motori di lavatrici, circuiti stampati, meccanismi di orologi, pezzi di lamiera…
Tutto questo e molto altro ancora, può servire a creare apparecchiature sofisticatissime, finalizzate a carpire segreti e a svelare bugie. Il corredo degli “osservatori urbani” di Last Echo, pur essendo un geniale concentrato di tecnica e fantasia, non è il massimo per passare inosservati. A questo inconveniente sopperisce l’addestramento specifico al quale ogni membro del gruppo è stato sottoposto. Nozioni di mimetismo, di combattimento corpo a corpo, di comunicazione non verbale e di… fuga rapida consentono agli agenti di buttarsi a capofitto nelle situazioni più pericolose, per poi uscirne con la verità in pugno, pronta per essere divulgata. Perché questo resta il fine ultimo dell’organizzazione: ogni componente di Last Echo è mosso dalla sete di verità. La sua missione è fare emergere alla luce del sole fatti e informazioni che condizionano la nostra realtà, ma che forze occulte vorrebbero tenere nascosti.

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