Titolo: Master of puppets (Ep.2)
Autore: Fergus DePaperoni
Età consigliata dall’autore: 14+
Timeline: inserito dopo Pk2 n°18 e dopo il racconto, dello stesso autore, Master of puppets (ep.1)
Genere: azione/drammatico/introspettivo
Recensioni:

  • Trauma: Ipip urra’ per Fergus! Dopo il debutto con “Battery”, Fergus ci sorprende ancora una volta con questo sequel. Se Fergus continua cosi, mi aspetto molto dalla terza parte!
  • Everett: Forse i fatti avvengono troppo velocemente per essere colti tutti in modo consapevole, comunque un gran bel lavoro!!!

MASTER OF PUPPETS (ep.2) by Fergus DePaperoni

Prefazione: La fanfa che segue dovete leggerla con molta attenzione. I capitoli 2, 3 ,4 narrano fatti antecedenti al resto della storia. Ma dovete comunque leggerli in questo ordine. Questa fanfa è  dedicata a tutte le persone che mi hanno chiesto “ma quando arriva MOP #2” et similia.

Grazie.

 

==PROLOGO==

=PIOGGIA FANGO E SANGUE=

Ancora una volta.

 

Ancora di più.

 

Ma non le lacrime.

 

Non sono le lacrime di PK ad essere aumentate.

 

Ma il dolore che si sprigiona e che si espande ogni volta che esse escono dai suoi occhi.

 

Si guardava le mani.

Pk: – Oddio, come ho potuto…

Erano sporche di sangue.

Pk: – Oh, Dio mio aiutami!

Girava in tondo

Pk: – No, non è colpa mia!

Non sapeva cosa fare

Pk: – Che cosa faccio adesso?!

Cercava di pensa, ma non gli riusciva.

Pk: – NO, NON E’ COLPA MIA!

E si fermò.

Pk: Oddio cosa sono diventato…

E volò via.

 

Piangente.

 

Ancora una volta.

 

Ancora di più

 

=PIOGGIA FANGO E LACRIME=

Era strano. Quella frase continuava a ripetersela da parecchio ormai. Eppure gli sembrava che ogni volta fosse il caso di dirla.

Aveva chiesto aiuto a Lyo, e le sue parole si erano avverate. Era vero. Non era riuscito a sfogarsi, e aveva rigettato tutto l’odio accumulato sul quel ragazzo. No, non meritava di essere definito “supereroe”, perchè aveva permesso che un poveretto venisse picchiato, e lui stesso si è comportato allo stesso modo con un ragazzo … che stava picchiando … suo nipote … No, lui DOVEVA comportarsi così! Stava picchiando suo nipote! Chiunque avrebbe reagito così. In fondo lui è umano, e le debolezze sono umane, e in un momento di debolezza è facile farsi trascinare dagli eventi.

Cercava di rincuorarsi con queste parole, ma per qualche motivo non ci riusciva. Era troppo abbattuto per cercare di consolarsi, e dopotutto non era nelle condizioni di farlo dal punto di vista psicologico, poiché egli stesso sapeva di avere torto. Ed era questa la cosa che più faceva male.

Anzi no, non era questa. L’uomo dietro la maschera non aveva capito che cosa stava vivendo suo nipote. E se… non meritasse neanche di essere definito “zio”? Si, era questa la cosa peggiore.

Con i retrorazzi accesi si diresse verso un tetto. Atterrò e poggiò la testa in un camino, sedendosi.

Cosa avrebbe dovuto fare adesso?

Stava impazzendo, neanche aveva più il coraggio di addormentarsi, per paura di Uno.

Era stato anche denunciato, ed era ricercato dalla polizia.

Massì, avrebbe pagato i genitori di Jefferson e avrebbe eliminato il suo debito con la giustizia.

Ma come avrebbe spiegato il ragazzo picchiato?

Non poteva certo dire che Qui era suo nipote, avrebbero scoperto la sua identità.

Pk: – Cosa devo fare….

E poggiò la testa sulle ginocchia piegate.

-Ciao socio…-

Alzò la testa lentamente.

Si girò verso la destra.

C’era un bagliore verde dietro il camino.

Pk. – No, basta, ti prego basta.

Si alzò.

Inciampò nel bordo del tetto.

E cadde.

 

Aveva i retrorazzi scarichi, si sarebbe ucciso!

Si, sarebbe morto! Non si poteva salvare! Ma, forse….

….

forse….

… era meglio così.

 

MASTER OF PUPPETS

#2 – Master of  puppets by Fergus DePaperoni

=I’m back=

16 agosto 2002

04:14 a.m.

Stanza di Paperino

 

Si alzò di scatto. Ancora una volta quel sogno. Ormai Uno stava invadendo la sua mente. Sbuffò, al limite fra irritato all’eccesso e disperato all’eccesso. Però non piangeva. No, non lo faceva. Perchè, si chiese. Forse perchè ormai era abituato a vedersi Uno nei suoi incubi. Se c’era una cosa che non lo faceva stare bene era l’aver chiesto a Uno

PK: – Ma tu sei morto?

E ricevere il fatidico “Si” come risposta.

Gli ultimi giorni erano stati assurdi

Paperinik, il paladino della città, il supereroe senza macchia di Paperopoli si era macchiato. Di sangue. Aveva picchiato un ragazzino, poco più grande dei suoi nipoti perchè stava picchiando Qui. E si chiedeva se avesse fatto bene. Il ragazzo si chiamava Dean Germaine. Era figlio di Less Germaine, uno dei membri della casta alta della società. E sel’era ritorto contro. Ancora si chiedeva come aveva fatto a scoprire il suo nome. Ah, si, ne aveva parlato con l’altro bulletto, come si chiamava? Era coso, lì, Jay, Vattelapesca…. Portman. Jay Portman.

PK si alzò dal letto. Andò fino alla scrivania della sua camera. Vi era riposta una bottiglia d’acqua e un bicchiere. Si apprestava a bere. La bottiglia era vuota.

Paperino: – Maledizione…. Che seccatura.

Prese la bottiglia aprì la porta della camera, per andare a prenderne un’altra piena.

Appena arrivato alle scale trovò il fantomatico pattino dei nipotini, che riposto lì in quella posizione dalla notte dei tempi fece inciampare Paperino, un po’ come tutte le settimane.

Cadde a terra, e anche se non si fece male era già nero di rabbia.

Paperino: – Uff.. RAGAZZI!

I nipoti si svegliarono da quel sonno profondo che li aveva trattenuti nel sogno.

Qua: – Che c’è, zio?

Paperino: – Che c’è zio…. possibile che ogni volta che debba scendere al piano di sotto debba incontrare ‘sto pattino?

Quo: – Ma zio, noi…

Paperino: – Non voglio sentire scuse, dannazione! Capito?

I ragazzi si azzittirono.

Paperino: – CAPITO?!

Qua: – S-si, zio….

Quo: – Ma zio, sono tutte le settimane che questa cosa succede. Com’è che oggi te la prendi tanto?

In effetti Quo aveva ragione. Ormai questa sua situazione stava anche influendo sul suo comportamento solito.

Paperino: – …. Scusate ragazzi, è che mi sento un po’ stanco in questi giorni….

Qua: – Tel’ho detto io che 3 ore passeggiando sono un po’ troppe….

E come al solito Paperino lanciò la solita occhiata di traverso. E suo nipote lo guardò con gli occhi sbarrati

Qua: – E’ ora di andare a letto!

Paperino: Ecco, bravo nipotino…

Quo: – Dai, vieni fratello…

Disse Quo mettendo un braccio attorno al collo di Qui.

Qui era ancora un po’ traumatizzato dal pestaggio, e ne aveva tutti i motivi.

Paperino si alzò dalle scale. Continuò a scendere, prese la bottiglia piena e tornò in camera sua.

Appena chiusa la porta riempì il bicchiere. Bevve un sorso, poi si calmò dalla semi-arrabbiatura di prima e si sedette nel letto.

Sbuffò. E si distese. Chiuse gli occhi cercando di riprendere sonno.

Paperino: – No, non ce la faccio, ho troppi pensieri per la testa.

Riaprì gli occhi e si sedette. Non era agitato, si sentiva sotto pressione.

Si alzò, e si diresse verso la sedia della scrivania. Iniziò a battere le dita sul tavolino.

Paperino: – Devo fare qualcosa, non posso stare seduto qui.

E il suo occhio cadde sull’armadio. Si mise in piedi e si diresse verso esso. Lo aprì, e prese il costume di Paperinik.

16 agosto 2002

05:00 a.m.

Ospedale di Paperopoli

 

Paperinik aprì la finestra di una stanza.

PK: – Ciao Jefferson.

Il ragazzo a cui Paperinik rivolse la parola aprì gli occhi e sussultò.

Ma subito dopo prese un’espressione minacciosa.

Jeff: – Ti faccio arrestare Paperinik. Ti faccio arrestare!

PK: – Stai calmo. Non ti succederà niente.

Jeff: – Oh, certo, tu non mi puoi fare niente. Ma loro… ulp!

PK: – Ti sei tradito, eh, Jefferson? Riuscirai a uscirne. Te lo prometto.

E si sedette nel letto di Jeff. Che esplose in un pianto senza fine.

 

=After=

15 agosto 2002

00:00 a.m.

Tetti di Paperopoli

 

PK: – Oddio cos’ho fatto…

Penzò questo il supereroe senza macchia di Paperopoli dopo aver appena finito di picchiare un bulletto. Aveva fatto bene? Non aveva fatto bene? Si sarebbe dovuto contenere? Avrebbe dovuto continuare? Che volete che vi dica, io tutte queste cose non le so. E non le sapeva neanche lui. Dopo un paio di minuti decise di fermarsi. Sopra un tetto. Iniziò a girare in tondo su se stesso. Cosa avrebbe fatto adesso? Doveva comportarsi in modo ragionevole. Solo che non gli riusciva. Doveva riuscire a prendere in mano la situazione. Perchè quei ragazzi stavano picchiando Qui? Cosa poteva aver fatto di così …. di così …. “qualcosa”, da portarsi contro le malvolenze di tre ragazzetti? Cosa….? Oddio….

Pk: – Io lo sapevo che stava male… lo sapevo….

E la sua mente tornò a quel ricordo:

 

Paperino: – Ragazzi, ma cos’ha vostro fratello?

Quo: – Mah, chi lo sa. Ultimamente è sempre così.

 

Shockato, si sedette per terra.

PK: – Io lo sapevo… e non ho fatto niente per aiutare mio nipote…. non ho fatto niente….

E fu allora, che prevalse il senso di colpa. Si mise le mani sulla faccia.

PK: – Oddio, sono una persona orribile…

Si sentiva peggio che mai. Niente avrebbe potuto consolarlo, o aiutarlo ora.

Si alzò da terra guardando in basso.

PK: – Mi dispiace Qui. Ho sbagliato. Ma ti giuro che non succederà una seconda volta. Ti giuro che ti aiuterò. Te lo giuro.

15 agosto 2002

00:00 a.m.

Sempre quello stramaledettissimo vicolo.

 

PK: – NON E’ COLPA MIA!

Guardava l’altro bulletto, shockato.

PK: – PERCHE’ MI GUARDI COSI’?

Disse in tono di sfida.

PK: – NO, NON E’ COLPA MIA!

Cerco di ragionare, ma non gli riusciva.

PK: – NO! NO!

Poi si fermò

PK: – Oddio cosa sono diventato…

E volò via. Lasciando soli i due bulletti e Qui.

 

Qui e il ragazzo nel cassonetto, dopo qualche minuto di shock si guardarono.

Qui: – E adesso cosa facciamo, Jay?!

L’altro si azzittì.

Jay: – Scappa almeno tu! Non è te che vogliono! Vogliono me!

Qui: – Ma….

Jay: – Sai benissimo com’è Nash! Sarà andato a dire tutto! Se adesso arrivano, o se arriva Paperinik, non prende te. Prende me!

Qui: – … Come hai potuto, Jay? Io mi fidavo di te….

Il ragazzo chiamato Jay lo guardò negli occhi.

Jay: – Mi dispiace. Non dipendeva da me.

Si guardarono ancora per qualche secondo.

Jay: – Ti aiuterò! Fosse l’ultima cosa che faccio! Ora scappa! Và!

E cominciò a scappare. Per quanto potè. Dopo pochi passi venne feremato da PK.

Paperinik lanciò degli sguardi sia a lui che al ragazzo. Aveva ancora l’extransofer sporco. Si abbassò.

PK: – Qui, vai in camera tua. Io ti raggiungo fra qualche minuto, ok?

Qui: – Non dire niente allo zio, ti prego!

PK: – Shh, shh, shh…. tranquillo. Non dirò niente. Ora và. Dobbiamo fare un discorsetto noi due.

Dopo qualche secondo di esitazione Qui annuì. E si mise a correre in direzione di casa sua.

 

E di colpo PK capì, che Lyo aveva ragione…

“Devi cercare di sfogarti, di allentare la presa su questi pensieri. ”

“Altrimenti a furia di accumulare non ce le farai più”

“ E riverserai tutta la rabbia e tutto il dolore su qualcosa e su qualcuno.”

“E non sarà un bello spettacolo.”

E guardo il ragazzo che aveva picchiato. Era pieno di sangue.

 

E guardando il ragazzo chiamato Jay disse

PK: – E ora veniamo a te.

 

=Master of reality=

Pk: – Ascoltami bene lurido pezzo di merda. Se non ti ho ancora mandato la testa al posto del culo è solo perchè ci tengo alle mie nocche. Va bene?

Jay: – S-si….

Pk: – Molto bene. Tu chi sei?

Jay: – Jay, signore. Jay Portman.

Pk: – Jay Portman. E perchè stavi picchiando quel ragazzo?

Jay: – Io non volevo… Mi hanno solo detto di picch.. ULP!

Pk: – Aspettaspettaspettaspetta…. ti hanno detto … chi?

Jay: – Non lo posso dire. O mi ammazzano!

Pk. – Ragazzo mio…. Anche io voglio ammazzarti, cosa credi? L’unica differenza è che se parli almeno la tua squallida esistenza avrà uno scopo!

Jay: – Oh, grazie, devo dire che mi aiuti con le tue parole!

E Pk gli diede un pugno in faccia.

Pk: – E uno. Vuoi arrivare a due?

Jay: – … ok … dirò tutto…

Pk: – Bene, vedo che cominci a ragionare.

Jay: – Sono un elemento della  kamahya. La famia di Paperopoli

Pk: – Non sei un po’ giovane?

Jay: – Ho 19 anni. Sono nuovo del campo. Collaboro con la mafia da soli tre mesi.

Pk: – E adesso dimmi, perchè stavate picchiano quel ragazzino? E chi ti ha mandato?

Jay: – Ordini dall’alto. Un pezzo grosso voleva solo fargli qualche livido. Aveva alcuni debiti.

Pk: – Come debiti? Vuoi dire che quel ragazzo collabora con la mafia?

Per un attimo Paperinik ebbe un colpo al cuore.

Jay: – No, lui non vuole, anche se gliel’abbiamo chiesto.

E PK si tranquillizzò.

Jay: – Solo che viene spesso in un nostro locale, dove si fanno anche delle scommesse. Io l’ho conosciuto lì.

Pk: – E quindi?

Jay: – Beh, gli abbiamo chiesto se voleva giocare, e ha accettato. Dopo alcune settimane di vincite ha iniziato a perdere. E adesso è in debito di quasi 100.000 dollari. Una cifra molto alta per un ragazzo della sua età.

Pk: Così hanno pensato di sollecitarlo a farvi restituire i soldi.

Jay: – Si. Hanno dato a me e ad altri il compito. Ma io non volevo. È un mio amico.

Pk: – Chi sono gli altri?

Jay: – Quello che è scappato si chiama Bill Nash. L’altro è Dean Germaine. Quello che hai picchiato.

Pk: – Molto bene.

Paperinik si alzò in piedi e prese il cellulare.

Pk: – Ragazzo, io adesso chiamo la polizia e…

Jay: – No, aspetta!

Pk: – Non starai sperando che ti lasci andare!

Jay: – No, non è questo, è solo che….

E si azzittì

Pk: – Cosa?

Jay: – Ascolta, io non voglio andare in galera! Ma non voglio neanche tornare a fare quella vita!

Pk: – Ma non mi dire! Un mafioso che rinnega la sua natura? Ma non farmi ridere!

Jay: – Senti, io all’inizio pensavo solo che fossero soldi facili! Invece non è così! La mia prima missione per esempio è stata fare da spalla a dei compagni, che dovevano ammazzare un tipo a Ocopoli. E l’hanno ammazzato sotto i miei occhi. E ti assicuro che non è stato un bello spettacolo. Ti rendi conto di quanto possa colpire l’assassinio di una persona? Eh, lo sai?-

Pk: – Lo so.  –

Jay: – Da quel giorno ho provato a staccarmi da quelle cose, ma un giorno mi hanno detto “pro o contro?” Cosa dovevo fare? Farmi ammazzare sull’istante? Quello stesso giorno mi hanno dato il compito di picchiare Qui. E io non volevo. Ma non ci potevo fare niente. Era troppo tardi. Io ora ho la possibilità di riniziare. Ti prego, aiutami.

Guardò il ragazzo per qualche secondo. Poi disse

PK: – Ti aiuterò.

 

=Please help me=

15 agosto 2002

00:30 a.m.

Ancora quello stramaledettissimo vicolo

 

Jay: – Ti prego, aiutami.

Guardò il ragazzo per qualche secondo. Poi disse

PK: – Ti aiuterò.

Si sentirono delle voci da lontano

Jay: – Oh no. Stanno arrivando!

PK: – Vieni. Aggrappati alle mie spalle. Ti porto in salvo. Ma dovrai spiegarmi molte cose.

Jay obbedì, e insieme volarono fino a un tetto, lontano da occhi indiscreti.

 

PK: – Chi erano quei tali?

Jay: – Uno è Nash. Gli altri non lo so. Stavano venendo per spezzarmi i pollici.

PK: – E perchè dovrebbero?

Jay: – Perchè sapevano che io ero riluttante a picchiare Qui. Possono benissimo immaginare che io ti abbia contattato per fermare il pestaggio.

PK: – Si, hai ragione.

Paperinik si sentiva quella domanda dentro da parecchio, così decise di farla.

PK: – Come… sei diventato mafioso? O almeno, perchè lo sei voluto diventare?

Non arrivò nessuna risposta per molti minuti.

Jay: – Vedi… si comincia in un certo modo, e si finisce in un altro. Gli input mi hanno portato ad essere in un certo modo.

Si azzittì.

Jay: – E’ come quando prima parli tanto male di qualuno e poi lo diventi

Disse con un sorriso che sembrava forzato. Che subito svanì.

Jay: – Sai… Succede che a volte ti sembra che la vita sia così vuota che faresti qualsiasi cosa pur di riempirla con altro.

Jay: – E poi non funziona e ti rendi conto che è troppo tardi.

E ci fu silenzio.

PK: – Perchè dici che la tua vita era vuota?

Jay: – Questi non sono cazzi tuoi.

PK: – Ohè, ragazzino, vedi di calmarti.

Jay: – No, io non sto calmo. Tu non capisci quello che si passa a vivere così.

PK: – Jay! Jay! Ho detto che ti aiuterò. Ma tu devi aiutarmi, ad aiutare te.

Jay si allontanò di qualche passo dal supereroe.

Jay: – Le cose che possono servire ad aiutarmi te le ho dette.

PK: – Perchè ti chiudi così dentro te stesso?

Jay lo guardò per qualche secondo. E se ne andò.

PK: – Dove vai, Jay?

Jay: – Vado. Se hai bisogno di qualche cosa, mi trovi alla road Maine 28-A. Ci si vede, eroe.

PK: – Dimmi solo una cosa.

Jay si fermò un attimo.

PK: – Chi è il vostro boss?

Jay: – Oh, non lo sai? È un membro della casta alta della società. Nei giri della mafia si fa chiamare “Il burattinaio”. Anche la polizia lo cerca da tantissimo tempo, ma non sa chi si nasconda sotto questo pseudonimo.

PK: – E tu lo sai?

Jay: – Oh, certo che lo so. Si chiama Lester Germaine. E’ il padre del ragazzo che hai picchiato.

 

=Master of … what?!=

15 agosto 2002

08:30 a.m.

Casa di Paperino, cucina.

La mattina dopo il pestaggio di Qui.

 

Qua: – Fratello, ti hanno conciato veramente male…

Qui annuì.

Quo: – Beh, c’è di buono almeno che qualche livido attira le ragazze!

Tutti risero. Anche Qui. Accesero la tv. E c’era Angus Fangus

“Gentili telespettatori, nuovi sviluppi sul caso del Pikappero fuori legge. Questa mattina verso mezzanotte Paperinik attacca senza nessun motivo apparente un ragazzo di nome Dean Germaine. Sembra che l’adolescente si fosse trovato a passeggiare per la strada e di colpo essere attaccato dal Pikappero. Il ragazzo è stato ritrovato da un suo amico che ha subito dato l’allarme in pessimo condizioni. Entrambe le gambe erano rotte, le caviglie fratturate in più punti e l’intero corpo del ragazzo era ricoperto di sangue. Il padre Lester “Less” Germaine, un membro della casta alta della società, ha fatto causa a Paperinik per tentato omicidio. Abbiamo per telefono un collegamento con Germaine. Ci sente? ”

“Si, Fangus”

“Cosa ci dice riguardo la storia di Paperinik”

“Paperinik ha picchiato mio figlio, ha lasciato che un altro ragazzo venisse picchiato ed è ancora in libertà. Io pretendo che la polizia acciuffi quel malfattore, quel delinquente, e che gli tolga la maschera davanti a tutta la città.”

“Grazie Lester. E ora siamo in collegamento col sindaco. Ci riceve?”

“Si Angus. Per quanto mi dispiaccia, perchè Paperinik è sempre stato dalla parte della legge e della giustizia, io sono purtroppo costretto a chiedere che si costituisca immediatamente per il tentato omicidio di Dean Germaine”

Paperino: – Ma quello lì è il burattinaio!!!

Disse alzandosi in piedi.

Quo: – Cosa? Chi è il burattinaio? Germaine? Andiamo, zio, come puoi dirlo?

Qua: – E’ lui che ha fatto ristrutturare tutte le scuole della città. Ha appoggiato molte iniziative culturali.

“O perlomeno chiedo a Paperinik di presentarsi nel mio ufficio per chiarire le cose.”

All’inizio è un po’ titubante.

Ma poi si siede, con calma.

Paperino: – Avete ragione, ragazzi.

“E ora passiamo allo sport!”

Paperino: – Avete ragione.

Il giorno dopo sarebbe andato dal sindaco.

A chiarire la situazione.

E gli avrebbe detto tutto.

Tutto.

 

=The second=

16 agosto 2002

05:00 a.m.

Ospedale di Paperopoli

 

PK: – Adesso ascoltami Jefferson.

Jeff: – S-si….

PK: – Raccontami tutto dal principio.

Jeff: – Va bene

Dopo un inizio titubante, Jeff raccontò tutto, ma proprio tutto quello che c’era da raccontare.

Jeff: – Vedi, di questi tempi è difficile fare qualcosa che possa rivelarsi interessante, o intrigante, o almeno divertente. Io non ho molto da fare durante il giorno, così con i miei amici cerco di fare qualcosa per passare il tempo, qualche cosa per intrattenerci. Io avevo, anzi ho, un piccolo gruppo di amici. Quando uscivamo cercavamo sempre qualcosa di divertente da fare, così fra una chiacchierata e l’altra si è detto “Hey, perchè non andiamo in quel bar a prendere un bicchiere d’acqua?” e così siamo entrati. Il bar si chiama “Germaine pub”, o qualcosa del genere e siamo entrati a prenderci ‘sto bicchiere d’acqua.

PK: – Ed è li che avete iniziato a giocare.

Jeff sospirò.

Jeff: – Si. Ti dirò che all’inizio neanche ci interessava, noi vedevamo i giocatori solo con simpatia, ma non siamo mai stati veramente attratti delle scommesse. Ce lo chiesero. La storia era “Hey, scommettiamo un drink?”. E’ iniziato così. Poi i drink sono diventati due. Poi tre. Poi un dollaro. Era solo un modo per passare il tempo. Scommettevamo giusto qualche soldo, o un bicchiere, ma niente di più. Però il tempo passava, e ci abituammo a scommettere cifre sempre più alte. A volte si vinceva, eccome se si vinceva.

Poi si rabbuiò.

Jeff: – Ma a volte si perdeva anche. Si contava molto sul fatto di recuperare puntando cifre sempre più alte. Puntavamo un sacco di soldi che non avevamo per recuperare almeno qualche centinaio di dollari. E fu allora, che ci chiesero di entrare nella Kamahya. Erano dei mafiosi. E fu allora che capimmo che dovevamo sbarazzarci di quei debiti e in fretta. Dovevamo riniziare a vincere. Solo che non si vinceva. Non si vinceva per niente. Dopo essere arrivato a 50.000 dollari di debito mi arrivò la prima minaccia. Non minaccia di morte, non arrivano a così tanto per dei soldi. Ma rivolevano quel denaro. E lo volevano alla svelta.

PK: – Ma voi non avevate niente.

Jeff: – Noi cercavamo di rassicurarli. Dicevamo “State calmi. Riavrete i vostri soldi. Per ora ci stiamo solo divertendo.”, e altre balle simili. Non abbiamo chiesto aiuto. Avevamo paura di essere la vergogna della nostra famiglia. Di venire ripudiati dai nostri stessi genitori. Di venire evitati… da sangue… del nostro sangue.

PK: – La vostra scelta stupida non è stat di iniziare a giocare. Ma di non chiedere a nessuno l’aiuto di cui avevate bisogno.

Jeff: – Già…. Noi continuavamo ad andare. Un po’ perchè ci sentivamo obbligati a farci vedere. E un po’ perchèormai era diventata come una droga. Non riuscivamo a staccarci dal gioco. Ci piaceva. Ma al tempo stesso ci consumava. Ma contavamo sulle nostre false speranze di recuperare tutto e in fretta.

Siazzittì per qualche minuto. Nessuna lacrima gli usciva più dagli occhi.

Jeff: – Si, insomma, eravamo in quella condizione da quasi due mesi. E non migliorava. Iniziammoa scommettere di meno, visto che se aumentavamo perdevamo comunque. Nessuna vincita arrivo ai nostri portafogli. Si, insomma, sono arrivato ad agosto con 20.000 dollari vinti e 110.000 persi.

PK: – Più la cosa andava avanti e più cadevate nel baratro, no?

Annuì.

Jeff: – Un giorno toppai al bar. Non ci andai. Non mancarono di venire a farmi visita. Quel giorno mi pestarono. E mi hanno lacerato la milza.

PK: – Ti aiuterò. Te lo prometto.

Jeff: – Non dirò ai miei genitori che sei stato qui.

PK rimase a bocca asciutta.

PK: – So che non lo farai. Ma non posso correre rischi

Sfilò qualcosa dalla tasca

PK: – Queste si chiamano car-can.

 

=He isn’t you=

16 agosto 2002

05:15 a.m.

Di ritorno dall’ospedale di Paperopoli

 

Paperinik arrivò in camera sua passando dalla finestra. Si tolse il costume. Con quel caldo d’agosto era il peggio che si potesse immaginare. Dopo averlo nascosto per bene nell’armadio cercò di riaddormentarsi. E il sonno non tardò.

 

***

 

Come volevasi dimostrare, era nella Ducklair Tower.

-Sono qui, Uno.

-Buongiorno socio. Non avrei mai pensato che saresti riuscito a fuggire.

-Non sono fuggito. Mi sono semplicemente svegliato. Questo è un sogno. Tutto quello che ho passato con te negli ultimi tempi è stato un sogno.

Uno girò leggermente la testa verso destra.

-Tu credi?

-Per quanto mi faccia male ammetterlo, si.

Uno si avvicinò lentamente.

-Andiamo, non penserai mica che tu mi stia sognando solo perchè dormi!

-Perchè non dovrei?

-E’ molto semplice.

La palla inizò a girare attorno a Paperinik che rimase fermo.

-Tu sei legato a me, Pikappa. Lo sei sempre stato. Tu senza di me non riesci a vivere. Tu stesso l’hai detto.

Si azzittì

-Non ti ricordi, socio?

-Si, è vero. Ma ora non voglio più ricordare, e tu mi stai tenendo ancorato a un passato che non ritornerà.

-Ma andiamo, cosa vai dicendo. Io non ti sto obbligando proprio a niente.

Si allontanò da PK

-Vedi tutte questi macchinari, questo posto, il paesaggio che vedi fuori dalla finestra?

-Si, e allora?

-Ebbene, sei tu che hai creato questo posto. Non nella realtà ovviamente, ma nella tua mente io ci sarò per sempre.

Suonava un po’ come una minaccia.

-Io mi voglio liberare dei ricordi brutti.

E indossò l’extransofer.

-Paperino, l’unico modo che hai per  liberarti di me è uccidermi. O almeno, provaci no?

La sua voce gelida non era umana, non sembrava minimamente quella che aveva conosciuto Paperinik nel 1996.

-Avanti, io sono qui. Cosa aspetti, eroe? Colpiscimi!

Si era veramente fermato aspettando il suo attacco.

Paperinik stava veramente per attaccare quando…. quando… sentì un blocco alle gambe. Non riusciva a muoversi. Ma non era Uno a bloccarlo. Era egli stesso, che non voleva colpire l’amico. Non era riuscito.

Le gambe gli si fecero molli e si accasciò a terra. Ancora cosciente ma psicologicamente distrutto.

-Cos’hai? Non dirmi che hai paura di colpirmi!

-Non ce la faccio…. non ce la faccio….

-Paperino… Sei ancora arenato ai bei momenti passati con me vero?

-QUEI BEI MOMENTI NON LI HO PASSATI CON TE MALEDIZIONE!!!

Per un attimo sembrò quasi che Uno si spaventò a quello sfogo.

-IO QUEI MOMENTI LI HO PASSATI CON UNO!!!

Si rialzò in piedi, con la faccia rigata dalle lacrime.

-CON UNO LI HO PASSATI, NON CON TE!! TU NON SEI UNO!!

Era singhiozzante, quasi non riusciva a parlare, ma le parole gli uscivano dal cuore per la pressione, come se non riuscisse a contenerle ulteriormente.

-UNO NON E’ COME TE! NON LO E’ MAI STATO!!!

-Ma cosa dici?

-UNO ERA BUONO! ERA IL MIO MIGLIORE AMICO! ERA L’UNICA PERSONA CON CUI RIUSCIVO A PARLARE!! ERA L’UNICA PERSONA… CON CUI POTEVO CONDIVIDERE UN SEGRETO COME QUESTO!

E si strappò la maschera.

-GUARDAMI! IO SONO UNA PERSONA NORMALE!! IO SONO FRAGILE!! SONO UMANO!! NON SONO UN ROBOT!! IO PROVO DELLE EMOZIONI!! ANCHE UNO PROVAVA DELLE EMOZIONI! LUI ERA PIU’ UMANO DELLA MAGGIORPARTE DEI PEZZI DI MERDA CHE GIRANO IN QUESTO LURIDO – MONDO – SCHIFOSO!!!

Iniziò a calmarsi. Abbassò il tono di voce.

-Invece guardami ora!

Si rimise la mascherina. Uno, o quello che sembrava uno, stava iniziando ad arrabbiarsi. O forse piangeva…?…

-Io sono costretto a girare per la città con una maschera che serve a non far sgorgare fuori dagli occhi tutte le ansie, tutte le paure che ormai attanagliano la mia vita! La mia vita, capisci?! IO HO UNA VITA, IO HO UNA VITA, UNO AVEVA UNA VITA, TU SEI SOLO UN AMMASSO DI FERRAGLIA, CHE STA IN PIEDI GRAZIE A UN HARDWARE!

-BASTA!

E Uno lo colpì in faccia con uno dei suoi laser.

 

=Master of puppets=

Ormai fa brutto dire “si svegliò di soprassalto”, ma questo è il caso di dirlo.

Sudato, col fiatone, quasi come se si sentisse pressato, come se non riuscisse a respirare.

Si mise di laro, e cercò di calmarsi. Faceva dei respiri profondi, per mandare via la paura.

Era il 17 agosto del 2002. Doveva andare dal sindaco.

17 agosto 2002

09:30 a.m.

Ufficio del sindaco.

 

Sindaco: – Buongiorno beneamato …

Paperinik: – Niente convenevoli, sindaco. Sono venuto qui per chiarire.

Disse Paperinik camminando verso la cattedra del sindaco.

Di colpo anche lui si fece più serio e si alzò in piedi.

Sindaco: – Bene. Perchè anche i voglio andare fino in fondo a questa faccenda.

Si sedettero.

Vicino al sindaco c’era un uomo. Un volto molto distinto. E accanto a lui si trovavano due uomini alti e robusti.

Sindaco: – Immagino che voi già vi conosciate…

Paperinik: – No, chi è?

Sindaco: – Paperinik, le presento Lester Germaine.

Paperinik sbarrò gli occhi.

Germaine: – Tanto piacere Paper…

Paperinik: – ALLORA SEI TU QUEL BRUTTO FIGLIO DI…

Disse fiondandosi contro di lui, ma venne fermato anzitempo dai due guardaspalle, che lo allontanarono.

Sindaco: – Ma, Paperinik, come si permette di usare questo linguaggio?

Germaine: – Senza contare che dovrei essere io a usarlo contro di lei.

Sindaco: – Cerchi di calmarsi, e mi spieghi il motivo del suo astio verso il nostro concittadino!

Paperinik cercò di apparire più tranquillo, anche se in realtà non lo era per niente.

Paperinik: – Quest’uomo è il mandante del pestaggio di Jefferson Evans e di Huey Duck.

Sindaco: – Cosa? Cosa sta dicendo?

Germaine: – Evans… Duck… non conosco nessuno con questi nomi. Perchè dovrei mandare qualcuno a picchiarli?

Paperinik : – Lo so io, perchè.

Sindaco: – Lo dica allora.

Paperinik: – Tu sei il burattinaio!

Di colpo Germaine perse il sorriso che aveva stampato in faccia fino ad allora, e di colpo prese un’espressione di rabbia.

Sindaco: – Ma come si permette! Da lei non mi sarei mai aspettato accuse gravi come questa! Si rende conto di quello che ha detto?

Paperinik: – Io ho detto quello che so!

Germaine: – Le sue sono delle calunnie!

Disse alnzandosi in piedi.

Sindaco: – Con quali prove osa accusarlo?

 

Di colpo si azzittì

“Ti prego, aiutami…”

Non poteva tradire Jay, ma ormai aveva detto.

 

Paperinik: – Questo non glielo posso dire. Ma le assicuro che è la verità

Sindaco: – Ma è completamente ammattito? Se il signore la denuncia lei è finito!

Germaine: – Ci può scommettere. Ragazzi, prendetelo.

Paperinik: – Cosa? Cosa sta facendo?

I due uomini lo presero per le braccia

Germaine: – La denuncio per diffamazione, Paperinik. Per lei è finita!

 

Non poteva finire così!

Germaine: – Portatelo al commissariato, vi raggiungo subito. Ti toglieremo la maschera, eroe!

Paperinik: – NOOO!

Con tutta la forza rimastagli in corpo si liberò dalla presa, accese l’extransofer e volò via dalla finestra.

Sindaco: – … Mi dispiace. Ormai non può neanche più chiarire cosa stia succedendo.
 
Ormai era fatta.
 

 
L’eroe era stato preso.
 

 
Per lui era finita.
 

 
era finita davvero.
 

=FINE=

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