Titolo: Master of puppets (Ep.3)
Autore: Fergus DePaperoni
Età consigliata dall’autore: 14+
Timeline: inserito dopo Pk2 n°18 e dopo il racconto, dello stesso autore, Master of puppets (ep.2)
Genere: azione/drammatico/introspettivo
Recensioni:

  • Trauma: WOW! Fenomenale! Tutto il mio rispetto per l’autore che ha creato probabilmente il miglior capitolo della saga del burattinaio!!!

Master of Puppets ep.3 by Fergus de’ Paperoni

==PROLOGO==

=Ancora una stessa storia=

Un uomo massiccio stava camminando per la strada completamente solo. Era sera. Potevano essere le due di notte. E pioveva. Strane queste piogge così frequenti in pieno agosto. Eppure ormai sembravano intonarsi quando qualcosa stava per accadere. L’uomo era pieno di pensieri in testa. Si doveva organizzare per una faccenda segreta. Aveva il pensiero che un usignolo potesse cantare. Tuttavia questi pensieri lo interessavano solo in maniera marginale. Qualunque cosa fosse successa lui ne sarebbe rimasto illeso. Come d’altronde faceva da circa 30 anni. Ma non riusciva comunque a togliersi dalla testa che se avesse fallito probabilmente non avrebbe più rivisto la luce del sole.

Dopo qualche minuto arrivò in un vicoletto. Era arrivato al suo obiettivo.

-Baciamo le mani.

L’uomo si toccò il cappello per qualche secondo, come cenno della testa.

-Vedo che ancora ti ricordi il saluto, vecchio.

-Sempre onore e gloria alla vecchia signora.

La persona con cui parlava era poco più bassa di lui. E aveva uno strano sorriso sulla faccia. Era tranquillo. O forse voleva sembrarlo.

-Venga.

Disse all’uomo accennando al vicolo, dove la pioggia batteva in maniera minore.

-Voleva vedermi?

-Si, John.

-C’è… qualche problema signore?

-No, nessun problema. Noi non ne abbiamo problemi.

John riverì con un cenno della testa.

-Vedi, ultimamente Paperopoli non è più un posto tranquillo.

-Beh, il paese è piccolo e la gente mormora.

-Fai meno lo spiritoso.

Ci fu una piccola pausa.

-Comunque, di cosa voleva parlarmi?

-Come dicevo, ultimamente la città si è messa a parlare.

-Si..?

-Vedi, il punto è che noi di rumore non ne abbiamo bisogno.

-Non ne abbiamo mai avuto bisogno.

-Nessuno parla più da quando è morto Charlie.

-Beh, pace all’anima sua, ma io che posso fare?

L’uomo fece qualche passo indietro.

-Allora tu non mi hai ancora capito, John.

-Cosa dovrei capire?

-Nessuno qui deve parlare più. Non più.

-Perchè qualcuno dovrebbe parlare? E cosa c’entra questo con Charlie?

John si era improvvisamente fatto più serio.

-Vedo che non ti sovviene il particolare.

-No, signore.

-Noi lavoriamo per raccogliere i frutti preziosi del campo. Ma noi di quelli marci non ce ne facciamo niente.

-E quindi?

-Noi i cornuti li estirpiamo sul nascere.

Prese una pistola e sparò alla pancia di John.

-IIIEEEEAAARRRGGGHHH!!!!

-Davvero pensavi che non sapessimo dei tuoi giochi con la giusta?

-Gh… Non me ne fotteva niente… Arh…

-Allora capirai anche il perchè di questi 10 minuti.

-Rh… Non pensavo… ti scomodassi tanto… solo per un pesce piccolo… come.. IARH…me…

-Hai ragione. Io mi sporco le mani solo quando le cose le voglio fare da me.

-Baciamo le mani, lurido bast…

In quel momento la testa di John si fracassò.

In quel giorno moriva l’uomo conosciuto come Johnny P.

Lasciando soli un fratello e un padre.

L’indagine non porterà mai a niente.

 

MASTER OF PUPPETS

#2 – The thing that should not be by Fergus DePaperoni

=Pollution=

17 agosto 2002

10:45 p.m.

Camera di Paperino.

E ora?

Che avrebbe fatto?

Paperino:- Oh, Dio…

Che cosa si era messo in testa di fare? Andare dal sindaco e pretendere che gli credesse quando diceva che uno dei più grandi benefattori della città fosse il boss dei boss della mafia di Paperopoli. E quel ragazzo… quel… teppista! Si era alleato con un delinquente. Con la persona che stava picchiando suo nipote. Mah. Forse questa storia non avrebbe mai portato a niente.

Paperino:- No, non ce la faccio a stare qua a non far niente.

Prese il costume da Paperinik.

Lo indossò.

E uscì dalla finestra.

Chissà, forse non era neanche tanto grave l’essersi alleato con Jay. Poteva essere un buon aiuto per la lotta contro la mafia. In ogni caso, pensò che la cosa potesse risolversi semplicemente mantenendo le distanze da certe… frivolezze con l’individuo. Doveva solo cercare di estirpargli i pensieri e le nozioni che a lui erano utili per incastrare quel boss, come si chiama? Ah, si, Lester Germaine. Il burattinaio.

Jay era in un tetto. Stava in piedi a guardare le stelle.

Pk atterrò dolcemente al suolo, senza quasi far rumore.

Senza farsi accorgere.

PK:- Ciao Jay.

Il ragazzo si girò.

Jay:- Ciao Paperinik.

Il supereroe si avvicinò.

PK:- Perchè te ne stai qua tutto solo?

Jay:- Non lo so. Non ho sonno. Non ho niente da fare.

Jay guardò in terra.

Jay:- Come mi hai trovato?

PK:- Beh, Road Maine 28-A, mel’hai detto tu.

Jay:- Oh, già…

Paperinik si mise a passeggiare per il tetto.

Poi si fermò.

PK:- Come intendi procedere, Jay?

Jay:- In che senso?

PK:- Nel senso… non penserai mica che io voglia solo proteggerti, vero?

Jay:- Scusa?!

Disse avvicinandosi verso Paperinik.

Jay:- Vuoi farmi rischiare la vita per farmi fare la spia? Vuoi che diventi un collaboratore di giustizia?

PK:- Il punto non è che io voglio. È che tu DEVI. È ben diverso.

Jay:- E perchè mai dovrei?

Paperinik fece qualche passo indietro.

PK:- Vedo che non mi capisci.

Lo guardava fisso negli occhi.

PK:- Pensi davvero che io voglia limitarmi a picchiare quel bulletto? Non mi basta la vendetta. Io voglio andare più a fondo. E, giusto perchè tu lo sappia, ieri ho fatto visita a Jefferson Evans. L’altro ragazzo che era stato picchiato. Pensi che mi basti? Io ti sto proteggendo, pensi che mi basti?

Jay:- Dove vuoi arrivare, eroe?

PK:- Non chiamarmi eroe, ragazzo. Perchè per anni tutti mi hanno chiamato eroe, ma nessuno è pronto a proteggere una persona depressa. Sono tutti buoni a sputare in faccia chi li ha sempre protetti. Io oggi inizio a fare pulizia.

Jay:- Cosa vuoi dire?

PK:- Vedi, all’inizio della mia carriera non ero un benefattore della città pronto ad aiutare tutto e tutti. Era chiamato il “giustiziere mascherato”. Perchè mi facevo giustizia da solo mentre la legge non me lo permetteva.

Jay era molto serio.

PK:- Io voglio sapere tutto di questo burattinaio. Dove abita, cosa pensa, cosa sogna. Questa città è inquinata. E io, Paperinik, la voglio ripulire, non perchè mi senta in qualche modo obbligato a farlo, ma solo perchè penso sia la cosa più giusta da fare. A me non basta la vendetta, Jay. Oggi il giustiziere mascherato rinasce. Oggi rinasce il mio vero io. Io oggi rinasco. E mi faccio giustizia da solo.

Si girò verso il bordo del tetto, pronto a spiccare il volo con i retrorazzi.

PK:- Ti farò sapere il momento del nostro prossimo incontro. E poi iniziamo a contrattare la tua protezione.

E detto questo spiccò il volo.

 

==Pay the man==

Che cosa avrebbe fatto?

Jay era rimasto sbigottito dalle parole di Paperinik. Questo “supereroe” non l’avrebbe difeso per niente in cambio. Voleva sapere. Avrebbe dovuto accettare? Non lo sapeva.

Scese velocemente dalle scale antincendio.

Arrivò fino a un muro e si preparò a girare, ma si trovo davanti “l’eroe”.

Jay:- Beh, già qui?

PK:- Già. Ho pensato bene di iniziare ORA la nostra chiacchierata.

Jay guardava in terra.

PK:- Su, vieni. Risaliamo.

***

Jay:- Bene. Eccoci qui. Parliamone.

PK:- Ecco cosa faremo. Tu mi dirai ogni cosa. E io ti aiuterò.

Jay:- E se non lo facessi?

PK:- Hai tre buoni motivi per farlo: uno, se mi aiuti avrai salva la vita. Cercherò di trovarti un posto dove vivere serenamente. Due, se mi aiuti darai uno straccio di senso alla tua esistenza; e tre, se non mi aiuti, muori, perchè la mafia non ci mette molto a trovarti e a farti saltare la testa.

Jay:- NON PARLARMI COSI’! TU NON SAI UN CAZZO DELLA MAFIA! IO LO SO, PERCHE’ LA VIVO!

Disse così, mentre arretrava.

PK:- Tu sei solo un ragazzino, Jay. Non darti delle arie da grande solo perchè sei un mafioso. Tu sei solo uno di loro.

Jay rimase con gli occhi sbarrati.

PK:- Sei solo uno dei tanti.

Jay:- Ma sentitelo, l’eroe! Vedo che invece tu dai un bell’esempio ai giovani!

PK:- Che cosa vorresti dire?!

Jay:- Credi che sia passata inosservata la tua bravata il giorno del pestaggio di Jefferson Evans?

PK rimase a bocca asciutta

Jay:- Andiamo Paperinik. Non sfogarti su di me se ti senti in colpa per qualcosa.

PK:- IO NON MI SENTO IN COLPA PER NIENTE!! PERCHE’ DOVREI SENTIRMI IN COLPA?!

Jay:- Per il motivo che ti sbattono in faccia i telegiornali ogni giorno. Tu sei stato complice di un crimine. Non sei un eroe.

PK:- Io non sono mai nato per essere un eroe. Io sono nato per far gistizia su tutto il marcio che c’è in questo paese.

Jay:- E dimmi, lasciare che si picchi un ragazzo rientra nel tuo “far giustizia”?

PK:- Adesso smettila Jay.

Jay:- Cavolo, devo dire che hai dei bei parametri di giusto e sbagliato.

PK:- Ho detto di smetterla.

Jay:- Chissà che farai quando una vecchina ti chiederà di farle attraversare la strada.

PK:- ORA BASTA!!

E Jay prese il secondo pugno da parte di Paperinik.

Cadde a terra.

PK:- Non ti preoccupare, abbiamo tutta la notte per discutere i nostri piani.

Jay:- V-vedi? E’-E’ anche p-per questo c-che ho d-deciso di d-d-diventare un m-mafioso.

PK:- Scusa?

Jay si rialzò da terra. Ancora un po’ scosso.

Jay:- Erano anni, che venivo perseguitato dai bulletti. Era arrivato il momento di vendicarsi.

 

==Public enemy n° 1==

10 gennaio 1997

08:25 a.m.

Strade di Paperopoli.

Jay era nervoso. Non voleva andare a scuola oggi. Voleva stare a casa con sua madre.

Era ancora un po’ indolenzito. L’occhio nero non gli era ancora guarito.

Jay non voleva andare a scuola oggi.

Zaino in spalle. Si reca verso la sua classe, sperando di non incontrare nessuno nella strada.

George:- Hey, frocetto?

Jay si fermò di scatto.

Sospirò.

Jay:- Ciao ragazzi…

George:- Dove stai andando? A scuola?

George Buckland, Fred Armstrong e Bill Nash.

15, 17 e 19 anni.

I teppistelli peggiori di Paperopoli.

Jay:- S-si.

Fred:- Bravo, fai bene.

George:- Così quando sarai grande riuscirai a pagare le spese ai tuoi.

Fred:- Già, e tua madre non sarà costretta a battere in questa strada.

Jay sentì un fremito che gli percorse la spina dorsale

Fred:- O almeno riuscirai a estinguere tutti i debiti di tuo padre.

Jay:- Smettetela.

George:- Chissà se tua madre accetta anche un quindicenne come cliente.

Jay:- Basta…

Fred:- Ma che dici? Tu puoi offrirle solo 50 dollari, lei ne vuole almeno 4 volte tanto.

Jay:- Ho detto di finirla…

George:- Già, e poi non è neanche detto che la trovi, sai? Sta sempre lavorando, povera…

Jay:- ORA BASTA!

Jay si lanciò contro i tre bulletti.

Ma loro erano più grandi.

Più forti.

Lo prendono di petto.

E lo sbattono al muro.

Pugni.

Schiaffi.

Calci in pancia.

Gli strappano la maglietta.

Lo fanno cadere sanguinante a terra.

Jay:-Sput!

Jay sputa in faccia a Fred.

Lui risponde con un calcio in faccia.

Fred:- Guarda te ‘sto pezzente…

Bill:- Dai, andiamo.

Erano già a più di venti metri di distanza, quando Jay riniziò a parlare.

Jay:- Bastardi…. BASTARDI!

George:- Cosa vuoi ancora?!

Jay:- SIETE DEI BASTARDI! MA ARRIVERA’ UN GIORNO! ARRIVERA’, IL MIO GIORNO! E PER VOI, NON SARA’ UN BELLO SPETTACOLO!!

George:- Si, si, ok…

E se ne andarono.

==Here I am==

1 aprile 1997

08:25 p.m.

Strade di Paperopoli.

George:- Che stanchezza.

Fred:- Che facciamo, andiamo a casa?

Bill:- Ma si, dai.

Fred:- Venite pure da m…OFF!!

Stavano entrando in una via stretta. Qualcosa nel buio l’aveva colpito in pancia.

Era Jay.

George:- Oh, guardate chi c’è, il pivello. Hey, stronzetto. Che fai, ne cerchi ancora?

Jay uscì dall’ombra.

Aveva una mazza da baseball in mano. E una roncola.

George:- Hey, oh, che fai?

Jay:- Non mi chiami più pivello, eh?

Fred era ancora a terra.

Bill e George stavano arretrando.

George:- Hey, ragazzo, scusa per stamattina, non volevamo..

Jay:- Scusa per cosa? Per il fatto che mi avete picchiato e umiliato o per il fatto che ora siete nei casini?

Bill:- Ma che…

E Jay lanciò il braccio con la roncola in mano nella direzione della testa di George

Jay:- AAAAAAHHH!!!!

Ma Fred rialzatosi lo fermò.

Fred:- CHE FAI?! GETTA LA RONCOLA!!

Jay:- grrrr… NOOO!!!

E girando il braccio di scatto piantò l’arma nella gamba di Fred.

Fred:- IIIEEEEAAARRRGGGHHH!!!!!

Bill:-Fred!

Jay:- Tu stai fermo la. Non mi hai mai dato particolare fastidio, ma non ci penso due volte a piantarti la roncola in testa.

Molto probabilmente stava bleffando, ma in quel momento la sua furia era cieca.

Jay:- Bill, se vuoi te ne puoi andare.

E Bill scappò via.

Fred:- T-t-traditore di m-merda…

Jay:- E ora a voi.

Il pestaggio durò poco più di venti minuti.

Jay aveva anche una pistola in tasca, quella di suo padre.

Appena finito di usare la mazza da baseball sparò in pancia a George.

Credeva d’averlo ucciso. Fece solo molti giorni di ospedale, con la mandibola rotta e molti lividi.

A Fred andò peggio. Perse l’uso delle gambe.

Bill non fece mai la spia.

Non si sarebbe mai scoperto il vero colpevole.

Jay non risuscirà mai a vivere una vita tranquilla.

 

==Never==

17 agosto 2002

11:00 p.m.

Tetti di Paperopoli.

PK:- Li volevi ammazzare?!

Jay:- Ero… accecato dalla furia. Non mi importava cosa gli avessi provocato. Volevo solo vendicarmi.

PK:- Oddio…

Jay:- Cosa?

PK:- A che punto siamo arrivati… Come si può arrivare al punto che un adolescente voglia uccidere dei bulletti…

Jay:- Bah. Ridicolo.

PK:- Che cosa, è ridicolo?

Jay:- Tu… non capisci proprio un cazzo. Non riesci proprio a capacitartene. Paperinik, non vivi nel paese delle meraviglie, dove tutto è bello, buono e innocuo. Le cose belle e buone sono cose astratte, ognuno le ricerca dove gli pare. Ma tutto ciò che è innocuo, non può esistere. Non c’è spazio per le persone innocui in questo mondo. Andiamo, guardati in giro. Tu vivi in un mondo di merda, e anche io vivo in un mondo di merda, costellato di mafie, bulletti e stronzi di ogni genere. Queste sono persone cattive. Cattive

PK:- Tu… sei una persona cattiva?

Jay rimase imbambolato.

Jay:- Io… non volevo. Io non volevo essere un mafioso. Volevo solo… liberarmi.

Si sedette sul cornicione.

Jay:- E credimi quando ti dico, che mai, mai avrei voluto arrivare a quel punto.

PK:- Immagino. Arrivare al pensiero di omicidio…

Jay:- Non di omicidio. Di suicidio.

PK:- Cosa?

Jay:- Poche settimane dopo l’attacco dei bulletti, tornai a casa. Non volevo farmi vedere da mio padre. Non ero preoccupato. Solo… non volevo più vivere. Sarei voluto essere uno spettro, che avrebbe passato tutta la sua esistenza a tormentare i bulli che per anni mi hanno perseguitato. Salì fin quassù. E mi gettai nel vuoto. Ti assicuro che mai come in quel momento mi sono sentito… bene. Non mi importava più di niente. Le mie speranze di vivere bene erano andate a puttane, quindi, perchè vivere? Mi fratturai in molti punti del corpo, non so neanche dirti quante volte. Ma mi sentii bene. E quando uscì dall’ospedale, volli far sparire tutta la rabbia che avevo accumulato in questi anni.

Una lacrima iniziò a scendere.

Jay:- Ma non cel’ho fatta. E non ce la farò mai.

Si alzò, sul cornicione.

PK:- Jay!

Jay:- … mai … fletto i muscoli e sono nel vuoto, Paperinik.

E si lanciò.

 

==Why?==

17 agosto 2002

11:20 p.m.

Tetti di Paperopoli.

PK:- CHE CAZZO VOLEVI FARE, INCOSCIENTE?!

Jay:- Paperinik, non urlare…

PK:- IO CHE TI HO SALVATO LA VITA DA NASH, VENGO RIPAGATO CON UN SUICIDA!

Jay:- Non… urlare…

PK:- MA CON CHI CREDI DI AVERE A CHE FARE, PAZZO SQUILIBRATO?!

Jay:- BASTA!

E quello fu il primo pugno che PK ricevette da Jay.

Jay:- COME TI PERMETTI DI PARLARMI COSI’?! TU NON SAI UN CAZZO DI ME, NON SAI UN CAZZO DI COME VIVO, E TI PERMETTI DI DARE LEZIONI DI VITA A ME?! MA CHI SEI TU?!

Fortunatamente Paperinik volando con l’extransformer era riusciro a salvare Jay, che però non voleva saperne di calmarsi.

Jay:- Io, ho vissuto per anni, in mezzo a tutta questa merda, non ho retto, e in mezzo alla merda NON CI VOGLIO PIU’ VIVERE!

Paperinik si stava pulendo il sangue che gli usciva dal labbro.

Jay:- Voglio solo che finisca.

Disse mentre si sedeva.

Paperinik non sembrava arrabbiato.

Si rialzò.

PK:- Scusami ragazzo.

Jay:- C-Come?

PK:- Scusami.

Jay si alzò. Si abbracciarono.

Jay:- Vieni Paperinik. Ti porto in casa.

 

==Goodbye==

Entrarono in casa di Jay. Non era una casa molto grande. In cucina c’era molto poco. Un frigorifero, un cucinino e un tavolo con 3 sedie. Jay prese dell’acqua dal frigo. Voleva offrire qualcosa a PK.

PK:- Jay, ma vivi solo in casa?

Jay:- Oh, no, certo che no. Vivo con mio padre e mio fratello.

PK:- E… che tipi sono?

Disse sedendosi sulla sedia.

Jay:- Mio fratello è un braccio della mafia. Ma da qualche tempo è diventato collaboratore di giustizia.

PK:- Immagino sia al corrente dei rischi che corre.

Jay:- Oh, certo che lo sa, ma a lui non importa. Vuole fare qualcosa per scrollarsi le colpe che ha accumulato.

PK:- E tuo padre? Sa che siete mafiosi?

Jay:- Si. Non era felice quando l’ha saputo. Ma quando gli abbiamo detto che siamo collaborando per aiutare la polizia, è cambiato.

PK:- Dev’essere molto fiero di voi. Io lo sarei.

Jay:- Mio fratello è quasi una divinità per me. Insomma, è una di quelle persone che ti impegni tanto per assomigliargli, perchè lo ammiri così tanto da voler essere uguale a lui.

Per qualche secondo ci fu silenzio.

PK:- E tua madre?

Jay:- …

PK:- Oh, scusa, ho toccato il tasto sbagliato…

Jay:- No, figurati Sai, prima ero un ragazzo generoso, premuroso, gentile. Mi piaceva studiare. Pensavo che se non avessi studiato, sarei diventato come una di quelle persone che si abbandonano a sé stesse, una di quelle persone a cui non importa niente di nessuno. Avevo paura di diventare come i bulletti che mi torturavano ogni giorno. Non volevo essere così. Mi facevano pena quei ragazzi. Neanche me ne importava niente. Ero al limite del menefreghista. Anzi, speravo che quei ragazzi morissero in fretta, perchè con loro questo mondo era sporco. Ma successe un fatto che mi fece perdere la bussola. Quando avevo 14 anni mia madre morì di cancro ai polmoni. E lì persi qualsiasi interesse per tutto.

PK:- Mi dispiace.

Jay:-Figurati. Ormai ho superato il trauma.

PK:- Come si chiama tuo padre?

Jay:- Ben.

PK:- Che rapporti hai con lui?

Jay:- Non buoni. Da sempre. Lui era disoccupato, invece mamma lavorava. Non aveva titoli quando lei mori, e da allora è in costante ricerca di un lavoro. Prima in casa non c’era mai. Usciva ogni giorno con gli amici, e io lo vedevo solo per pochi minuti al giorno. Non ci siamo mai parlati in confidenza. Lui non c’era mai, e quando mamma è morta il nostro rapporto si è incrinato sempre di più, fino ad essere quasi del tutto assente al momento. Ma è mio padre. Gli voglio bene.

PK:- E tuo fratello?

Jay:- Papà!

Di colpo era spuntato da dietro una porta un uomo massiccio, abbastanza alto, col volto rigato dalle lacrime. Era Ben.

Jay:- Papà che è successo?!

Ben:- Sigh… Tuo fratello Jay… Tuo fratello…

Jay:- Cos’è successo a John?!

Ben:- Jay….

 

Ci fu silenzio per qualche secondo.

 

Ben:- …Johnny è morto…

 

==The thing that should not be==

18 agosto 2002

00:00 a.m.

Tetti di Paperopoli.

 

Jay aveva gli occhi sbarrati.

Attraversò la stanza, e aprì la porta per uscire fuori di casa.

Ben:- Jay…

Jay:- No… Papà…

Ben:- Jay!

E il ragazzo sconvolto uscì urlando e correndo.

Jay:- NOOOOOOOOOOO!!!!!! NOOOO! JOHNNY!!!! BASTARDI!!! BASTARDIIII!!!!!

La sua voce dopo pochi secondi era già confusa.

Ben:- Mi dispiace ragazzo…

PK:- Ben… mi dispiace.

Ben:- Lei chi è?! Come sa il mio nome?!

PK:- Io sono Paperinik. Sto aiutando suo figlio.

Ben:- A fare cosa? A diventare un collaboratore come Johnny? Per farsi ammazzare come lui?!

PK:- Se fosse stato per me io l’avrei solo messo in cella. Lui vuole collaborare.

Ben:- Io non voglio!!

PK:- So che ora è un brutto momento. Lei è sconvolto, la capisco.

Ben:- Allora se ne vada!

PK:- Mi dispiace, ma prima devo parlare con lei.

Paperinik chiuse la porta.

Ben:- Cosa vuoi?

PK:- Sapeva che anni fa suo figlio tentò il suicidio gettandosi dal tetto di questo edificio?

Ben:- Suicidio? Io pensavo fosse caduto accidentalmente, non mi ha mai parlato di un suicidio.

PK:- Guardi, penso che a questo punto io possa ricostruire abbastanza bene i fatti.

Ben:- Di cosa stai parlando?

PK:- Parlo di un ragazzo di 14 anni, costantemente torturato dai bulli che girano per questo quartiere, con una madre che lavora molto e un padre assente. Il rapporto con il padre è parecchio incrinato e questo si esaurisce quando la madre del ragazzo muore per un cancro.

Ben:- S-Stai parlando di Jay?

PK:- Il ragazzo è scioccato dall’accaduto, e conta sull’aiuto del fratello, che per lui è un idolo, ma non ce la fa, e pochi giorni dopo tenta il suicidio gettandosi dal tetto dell’edificio. Non dirà mai a suo padre dei suoi pensieri.

Ben:- C-cosa devo fare?

PK:- Aspettare la nostra prossima mossa. Che le piaccia o no, suo figlio in questo momento è più determinato che mai a seguire le orme del fratello. Noi cercheremo di proteggerlo, ma non sarà facile.

PK:- La partita è appena cominciata.

 

==Justice==

Jay correva per la strada con il volto rigato dalle lacrime. Pioveva. E Jay correva a testa bassa in mezzo alla strada. Non badava alle macchine che passavano e che rischiavano di prenderlo. Fino a quando non si fermò in un marciapiede, e si sedette a terra.

Jay:- Mi dispiace Johnny… Giuro che mi dispiace…

Non aveva niente da scusarsi con il fratello. Eppure si sentiva in qualche modo in colpa, come ad aver avuto la sensazione di non essergli stato accanto nei momenti più difficili della sua storia.

Jay:- Non sei morto invano Johnny. La tua memoria sarà onorata… non farò in modo che la tua morte non ci abbia smossi da questa merda in cui siamo costretti a vivere.

Si rialzò da terra.

Jay:- Io continuerò la tua opera, caro Johnny P. Stanne certo.

Sentì qualcuno parlare.

Man #1:- Hey, hai sentito qualcuno?

Man #2:- saranno dei gatti che miagolano, Bill.

Jay corsi fino in un vicolo per nascondersi. Riconosceva una voce. Era Bill Nash. Che stava facendo? Era in missione^

Man #2:- Quanto?

Bill:- Non meno di 50, da noi.

Man #2:- Siete dei fottutissimi ladri.

Bill:- Avanti, bello, sgancia la grana…

Man #2:- Se continuate con questi prezzi sarò costretto a cambiare negozio, eh eh!

Bill:- Ma dove la trovi roba di qualità come la nostra?

Man #2:- Eeeh, anche tu c’hai ragione Bill!

Provò a uscire allo scoperto senza farsi vedere. Ma era pressochè impossibile non essere notato. In ogni caso ci provò.

Man #2:- Hey, ma non è Jay quello?

Bill:- Cos…? Oh, Jay caro… Tutto bene da queste parti?

Jay:- Oh, si, caro… C’è quasi… aria di ribellione nell’aria… odore della vostra sconfitta…

Bill:- Stai al tuo posto Jay, e nessuno fra noi due sarà sconfitto.

Jay:- Voi lo siete già Bill. Anche senza il mio aiuto. Ma questo è solo l’inizio.

E con una lacrima nell’occhio si mise a correre verso casa.

Bill:- Lasciamolo andare. Aspetteremo la sua mossa. E se la farà, allora pace all’anima sua.

 

==Stars==

18 agosto 2002

11:00 p.m.

Tetti di Paperopoli.

 

Jay era in un tetto. Disteso per terra.

Pk atterrò dolcemente al suolo, senza quasi far rumore.

Senza farsi accorgere.

 

-Ciao Jay.

Il ragazzo di girò di scatto, impaurito.

-Oh, sei tu.

-Sembri sollevato.

Si sedette accanto a lui.

-Forse qualcosa ti turba, ragazzo?

Jay sospirò.

-Sto aspettando.

-Cosa aspetti?

-Il momento in cui mi prenderanno.

-Scusa?

-Eh dai non fare il finto tonto. Lo sai benissimo anche tu. Secondo te perchè me ne sto qua a gardare il cielo notturno?

Pk posò lo sguardo sulle stelle. Erano bellissime. Sembravano quasi volerti illuminare la via giusta, pensava Paperinik.

-Perchè?

-Troppo tardi mi sono reso conto. Troppo tardi ho capito. Troppo a lungo ho pensato che ciò che avevo non mi bastava.

-Immagino che la morte di Johnny ti abbia veramente shockato.

-Non mi hai capito.

Paperinik si girò verso Jay.

-Io non sto qui perchè mi piace farlo. Non l’ho mai fatto.

-E allora… perchè?

-Perchè mi sono reso conto solo pochi giorni fa… quanto fossero belle le stelle… e come mi perdo nei miei pensieri mentre le guardo. Io non rimango qui perchè sono solito farlo. Ma perchè voglio fruttare al meglio il tempo che mi è rimasto.

-Ma… Jay! Andiamo, hai solo 19 anni!

-E con ciò? Quanto… pensi che mi sia rimasto da vivere? Un mese… una settimana… forse morirò domani, che ne sai?

Paperinik lo guardò shockato.

-La mafia non perdona, Paperinik. Lo so. Ci vivo dentro. L’ho toccato con mano quando Johnny è morto.

-Ma no, non capisci, noi faremo tutto il possibile per evitarti queste cose, ti daremo una nuova identità…

-Non servirà a niente. Mi troveranno prima che io possa effettuare una contromossa. Io lo so, Paperinik. Ti entra dentro. E non ne esce. “Si entra col sangue e si esce col sangue”. E non lo dico io.

Paperinik si mise a guardare in terra.

-Vedi, io lo so di essere spacciato ormai. Qualunque difesa nei miei confronti sarà superflua, mi troveranno e mi ammazzeranno senza neanche badare al tempo che ci metteremo a contrattaccare. Non gli serve pensarci.

Jay si rimise a guardare le stelle.

-Io… voglio solo sfruttare al meglio il tempo… che mi lasceranno da vivere. Che sia un mese, o due settimane, o due giorni o due ore, non importa. Non voglio rimpiangere in punto di morte di essermi lasciato andare alla disperazione invece di godermi quel poco di vita rimastomi.

-C’è… davvero niente che pensi si possa fare?

-Paperinik, Tolkien diceva “le cose brutte accadono, e non ci possiamo fare niente. Possiamo solo decidere cosa fare nel tempo che ci viene concesso.” Io ti aiuterò, Paperinik. Ti aiuterò a pulire la merda che c’è in questa città. Anche fosse poca. Perchè anche una minuscola buona azione può contare per salvarmi la vita il giorno del giudizio.

 

E dette queste parole si alzò e se ne andò.

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