Cap. 1 - Un tentativo disperato
Il laboratorio segreto era in piena attività. Numerosi scienziati e tecnici lavoravano
febbrilmente agli ultimi test sul macchinario al centro della sala. Due di loro si
scambiarono le loro opinioni.
"Tony, credi che questo trabiccolo funzionerà?"
"Lo spero, Sam. Rubare i progetti dalla Government Tower è costato la vita a quasi
tutti i nostri hackers. Gli schemi non ci sono arrivati completi, ma per fortuna siamo
riusciti a ricostruire quello che mancava. Prega che basti."
Tony notò l'espressione sul viso del suo amico e si rese conto di aver fatto una gaffe
tremenda.
"Oh
scusami, Sam
ho parlato a sproposito. Non volevo ricordarti di
Reiko."
"Non preoccuparti. Reiko era una guerriera. Conosceva i rischi della sua missione,
come tutti noi. Non è colpa di nessuno.", disse con aria affranta, come se stesse
cercando di convincersene.
"È stata
davvero eroica, Sam. Si è sacrificata per farci arrivare i progetti,
resistendo fino all'ultimo contro i programmi anti-intrusione. Era la migliore. Mi
dispiace molto."
"Sì
beh, ora non è il momento di pensare alla mia fidanzata. Abbiamo un
lavoro da portare a termine. Il generale corre un grosso rischio a compiere questo
viaggio: se dovesse morire, sarebbe un duro colpo per la Resistenza. Abbiamo bisogno di
paperi come lui."
"Lo fa per il bene di tutti. È una personalità di grande forza, e ci dà il buon
esempio. Specie se consideri contro chi stiamo combattendo
cosa significa per
lui."
"Io lo ammiro molto. Li ammiro molto entrambi."
"Anch'io. Non dev'essere facile combattere contro il proprio sangue."
"Lo penso anch'io
shhh, eccoli!"
Una porta scorrevole si aprì, consentendo l'accesso al laboratorio dei Generali Gemelli,
seguiti da una scorta armata. Il loro sguardo era severo, il loro passo grave. Il loro
passaggio incuteva rispetto e ammirazione nonostante la giovane età, anche perché
entrambi portavano sul loro corpo i segni delle ferite riportate combattendo per la Causa.
Uno di essi aveva perso l'occhio destro, rimpiazzato con un occhio bionico, mentre l'altro
dalle piume lunghe raccolte in una coda aveva al posto del braccio sinistro una protesi
cibernetica un po' artigianale che lo sostituiva, coperta da un guanto e da uno di quei
mantelli che si portano su una spalla sola. I due si fermarono davanti all'accesso del
portale.
"Dottor Samuel Harris, avete completato la costruzione del portale
dimensionale?", chiese uno di loro.
"Sì, generale. Ma non è stato facile: i progetti non erano completi e abbiamo
dovuto ricostruire le parti mancanti, il che rende molto rischiosa l'impresa. Siete certo
di voler tentare il salto? C'è la possibilità che vi perdiate per sempre tra le
dimensioni, e noi non riusciremmo a riportarvi indietro
"
"Ricordate, Harris: meglio morire combattendo che restare a fare la fine dei topi.
Conoscevo vostro padre: curò mio fratello, quando eravamo bambini. Era un uomo molto
buono."
"Grazie, generale. Non meritava la fine che ha fatto."
"È per questo che stiamo facendo tutto questo, no? Per evitare che altri seguano lo
stesso destino."
"Fratello, sei certo di volerlo fare? L'esito è incerto, potresti non tornare. La
Resistenza ha bisogno di te."
"Sì, Qua. È necessario. Siamo alle strette, ormai: sono rimasti solo pochi gruppi
di ribelli, e ci stanno stanando uno dopo l'altro; ben presto della Resistenza non
rimarrà più nulla, e allora sarà finita. Abbiamo bisogno di aiuto."
"Vorrei venire con te."
"No. Abbiamo estratto a sorte, ed è toccato a me. E poi la tua protesi oculare
darebbe troppo... nell'occhio, scusa il gioco di parole involontario. Tu devi restare qui
e guidare quel che resta della Resistenza, fino al mio ritorno. D'altronde, tu non faresti
lo stesso?"
"Senz'altro. Dottore, attivate il portale!"
L'abbassamento di una leva, una scintilla di corrente, un lampo di energia, e il varco tra
le dimensioni fu aperto. Il dottor Tony Karsten consegnò un piccolo dispositivo
elettronico al generale Qui.
"Questo è lo switch di rientro: quando avrà raggiunto l'obiettivo della missione lo
attivi, e verrete entrambi ritrasportati qui
se Dio vuole."
"Buona fortuna, fratello: ne avrai bisogno."
"Che la forza sia con te!"
"La voglia di scherzare non la perdi mai, eh?"
"Volevo solo sdrammatizzare, Qua! Sarò di ritorno presto, fidati di me.", disse
Qui, mostrandogli il pollice alzato alla Fonzie.
"Certo, Qui. A presto."
Sorridendo, col quel sorriso triste e un po' malinconico di un eroe pronto al sacrificio,
il generale Qui si tuffò nel portale, che si richiuse dietro di lui. Uscendo dalla
stanza, Qua si lasciò sfuggire in segreto una lacrima per il fratello, dall'unico occhio
vero rimastogli.
Un accecante lampo di luce, un caleidoscopio di dimensioni strane, bellissime o
terrificanti, la sensazione di essere ridotto in quark e poi ricomposto, e fu tutto
finito. Riacquistando i sensi, il generale Qui si accorse di star riposando in un comodo
giaciglio d'immondizia. Non che gli desse molta importanza: il suo letto aveva suppergiù
la stessa consistenza, puzzava soltanto un po' meno. Con i tempi che correvano, certi
lussi non se li potevano mica permettere.
Qui si guardò intorno: era in un fetido vicolo, decorato da scritte sui muri, cumuli di
immondizia e un paio di barboni che se la dormivano. BARBONI? Ma
allora
!
Trafelato, si tirò su in piedi sulle gambe tremolanti, vincendo la nausea che ancora
pervadeva il suo corpo, e si lanciò verso l'uscita; la luce accecante lo travolse,
lasciandolo stordito per qualche istante. Non che quello che vide dopo lo sconvolse di
meno, certo. Il Sole splendeva caldo nel cielo, e la sua luce riscaldava la terra; le
persone passeggiavano libere per la strada in un allegro e indaffarato viavai, senza
neurodroidi o droni di sorveglianza né telecamere di sorta; le automobili in coda per la
strada inquinavano tranquillamente l'aria con il loro smog puzzolente, e ogni tanto
qualcuno si sporgeva dal finestrino e urlava qualche amichevole parolaccia a quel
deficiente del tizio davanti che non si muoveva col verde. AVEVA FUNZIONATO,
MALEDIZIONE! Ce l'aveva fatta! Tutto come lo ricordava da bambino!
"Ce l'ho fatta, grazie a Dio! Finalmente, Paperopoli! Ma
in che
anno
?"
Si voltò in giro per trovare una risposta, finché i suoi occhi non capitarono su un
gigantesco tabellone elettronico.
[DATA DI OGGI: 10 GIUGNO 1999, ORE
11.23.]
[TEMPERATURA: 25 °C]
Qui si lasciò sfuggire un urlo di gioia: "SIIIIIII!!!
Paperopoli, esattamente 15 anni nel passato! Che fortuna incredibile!". La gente,
abituata a stranezze ben peggiori, non si voltò che per dare uno sguardo con la coda
dell'occhio e poi proseguì.
Tra sé e sé, il generale Qui pensò: "Ora che sono qui, devo incontrarlo al più
presto. Ma come farmi ascoltare? Non posso certo piombare in casa e dirgli che sono suo
nipote, non mi crederebbe
CI SONO! La Ducklair Tower! Sì, lo incontrerò lì!"
Confondendosi tra la folla, Qui si diresse verso il grattacielo più 'particolare' della
città. Il cuore gli batteva forte: presto avrebbe rivisto il suo VERO zio Paperino.
- Base dei ribelli, Paperopoli alternativa, anno 2014 -
Il generale Qua era mezzo seduto alla finestra senza vetri di un edificio diroccato,
intento a scrutare da lontano la città e a suonare con un'armonica una vecchia, triste
melodia. Un ciuffo di piume ribelli gli pendeva sul viso. Nulla di male, non poteva dargli
torto: in fondo, non era anche lui stesso un ribelle?
Una voce profonda, roca e anziana lo distolse dalla sua esecuzione.
"Diventi ogni giorno più bravo, ragazzo."
Qua tirò un sospiro e si voltò verso il proprietario di quella voce saggia, che lo
riportava ai tempi della sua infanzia. Dalla mano appoggiata al bracciolo della
carrozzella a rotelle risplendeva un anello con la scritta 'WP', tenuto a lucido
nonostante l'età.
"Voi credete che tornerà, generale Wisecube?"
"Vorrei poterti rassicurare, Qua; vorrei poterti dire 'sì' con certezza, ma non
posso. Ma dentro di me sento che tornerà. Tuo fratello è forte, Qua: è un papero
coraggioso, e un ottimo soldato. Vedrai che tornerà."
"Avete ragione, generale: Qui è sempre stato il più forte di tutti noi, sin dalla
morte di nostro fratello Quo. Se non fosse stato per lui, non ce la saremmo cavata. E
neanche senza di voi."
"Sciocchezze."
"No, generale: per tutti questi anni siete stato il nostro mentore, la nostra fonte
di ispirazione
il nostro esempio. Voi ci avete insegnato tutto quello che sappiamo:
ad essere dei guerrieri
ad essere uomini. Senza di voi non saremmo qui, e
probabilmente non esisterebbe neanche la Resistenza. Vi dobbiamo molto."
"Tutto quello che ho fatto io è stato semplicemente mettervi sulla via giusta; ma
siete stati voi a scegliere di percorrere il sentiero della libertà. Io ormai sono
vecchio, e sento ogni giorno la fine che si avvicina. E quando finalmente avrò la mia
pace, toccherà a voi."
"No
non potete ancora lasciarci! Abbiamo ancora bisogno di voi, della vostra
guida! Noi
"
"Voi siete pronti, figlioli: non ho più nulla da insegnarvi. So di lasciare la
Resistenza in buone mani, affidandomi a voi: ormai siete diventati dei grandi guerrieri.
Ve la caverete anche senza questo vecchio soldato."
"Non parlate così, generale. Siete stato un padre per noi, da quando lui
è
cambiato; voi avete radunato i gruppi di ribelli, e ci avete messo alla loro
guida quando siamo diventati abbastanza grandi. Siete un eroe."
"Sono solo un vecchio, che ha combattuto le sue battaglie: alcune le ho vinte, altre
le ho perse."
"Come quando perdeste l'uso delle gambe nella battaglia dell'Isola dei Sogni?"
"Sì. Ma anche voi portate i segni delle vostre battaglie, come me.", disse,
indicando la maschera d'acciaio che copriva quasi metà del volto di Qua e il suo occhio
bionico.
"Già. Credo che abbiate ragione. Come sempre, del resto.", disse lui,
rimettendosi a suonare l'armonica dopo aver sfiorato la sua protesi con le dita. Poi, dopo
un paio di minuti, chiese: "Sapete, generale, a volte mi chiedo se stiamo facendo la
cosa giusta. Se facciamo davvero bene a opporci al Nuovo Ordine. Se non dovremmo anche noi
arrenderci, come hanno fatto gli altri abitanti della città, e smettere di scappare e
combattere, di rischiare la vita per continuare a mordersi la coda. Poi penso al papero
che era, e a quello che è diventato dopo
e mi sento triste. È questo il motivo per
cui combatto: non sopporto di vederlo così, perché non è mai stato così. È sempre
stato un papero buono e un bravo zio: con la sua montagna di difetti, il suo brutto
carattere, la sua pigrizia, ma anche il suo coraggio e l'affetto che provava per tutti
noi. E adesso, invece
è come se il suo spirito si fosse spezzato, se la sua anima
fosse stata infettata, corrotta. Paradossalmente, da quando ha iniziato ad usare la forza
è diventato un debole. Piuttosto che accettarlo com'è adesso
sì, lo ucciderei con
le mie stesse mani. Per questo lo combatto: non per le ingiustizie, le vittime e tutto il
resto. Ma a volte, mi sento così stanco
"
"Lo siamo tutti, figliolo
lo siamo tutti.", disse il vecchio Wisecube,
voltando la carrozzella a rotelle e uscendo dalla stanza con qualche cigolio e due
colpetti di tosse.
- D.A. Government Tower -
L'enorme vetrata dell'ex piano segreto gli permetteva di dominare con lo sguardo
l'intera città. I D-52 volanti circolavano tra gli edifici più imponenti, controllando
la città dall'alto; per le strade i soldati e i neurodroidi di sorveglianza mantenevano
l'ordine e reprimevano il crimine, rendendo possibile il controllo sistematico su ogni
aspetto della vita degli abitanti e concretizzando quel sogno di ordine che lo
accompagnava da 15 anni. Il perimetro esterno dell'area urbana era protetto da una cupola
di energia perenne, che impediva l'accesso alle truppe nemiche e la fuga ad abitanti e
criminali, e poco importava se diminuiva del 60% la penetrazione della luce solare durante
il giorno, visto che i cittadini potevano benissimo accontentarsi dell'illuminazione
artificiale. I campi sotterranei di coltivazione e allevamento intensivo assicuravano agli
abitanti una sufficiente quantità di cibo, e le piattaforme volanti di filtraggio
provvedevano al ricambio e alla depurazione dell'aria, rendendo Paperopoli una
città-stato completamente isolata e indipendente dall'esterno. Gli impianti di
riciclaggio avanzati Ducklair riconvertivano i rifiuti in materiale utilizzabile. La
costruzione di edifici sotterranei assicurava anche un riparo e assistenza a chi prima non
aveva mai potuto permetterselo, e un posto di lavoro fisso alla quasi totalità della
popolazione. Anche il sistema economico era stato riadattato per l'indipendenza e
l'autosufficienza, adottando una moneta-lavoro elettronica non influenzata dai colpi di
testa dei mercati mondiali e di valore costante, non svalutabile. Finalmente tutto era
perfetto. Tutto? No, quasi tutto; qualcosa mancava ancora. Un particolare insignificante.
Un particolare che però gli stava dando un mare di problemi. Alcuni fastidiosi insetti,
che ancora si opponevano al suo sogno, circolavano liberi e osavano ostacolarlo. E quegli
insetti dovevano essere schiacciati al più presto. Per quanto riguardava i suoi nipoti,
peggio per loro: se si fossero messi in mezzo, se si fossero opposti a lui, avrebbero
fatto la stessa fine degli altri. Fare distinzioni gli era già costato troppo, non
avrebbe ripetuto più gli stessi errori. Si sarebbe mantenuto fedele al suo nuovo credo: nessuna pietà.
La voce sintetica di Uno interruppe i suoi pensieri. Era orribilmente meccanica, con un
accentuato brusio elettronico.
"Scusate, Padron Dark Avenger."
"Cosa c'è, Uno? Ti avevo detto che desideravo non essere disturbato."
"Lo so, ma ho qualcosa che potrebbe interessarvi."
"Parla."
"Un minuto fa ho rilevato una scia di decadimento tachionico, del tipo appartenente a
un salto interdimensionale; ho ipotizzato che potesse appartenere a un portale costruito
dai ribelli in seguito al furto dei progetti del nostro portale dal mio database, e così
sono risalito alla fonte individuando il luogo esatto dalla sorgente."
"Finalmente! E dov'è?"
"Appena fuori città, nei vecchi stabilimenti della Proctor-Block."
"Ottimo: finalmente abbiamo scovato la base segreta dei ribelli! Prepara le unità
d'assalto Mark 11/X2: li schiacceremo!", disse balzando in piedi e
stringendo il pugno in un gesto piuttosto eloquente.
"Agli ordini, Signore."
Cap. 2 - L'intruso
- 14 anni fa -
Paperone, come al solito, era intento a far quadrare i conti del suo impero
finanziario: telefoni e computer erano sull'orlo di fondere. Lui, invece, non dava il
minimo segno di cedimento. Che mondo! Ai suoi tempi, era ben diverso
Quando l'indice di borsa stava per toccare il fantastiliardo quotidiano, però, la porta
del suo ufficio saltò in aria. Lo spavento gli causò quasi un infarto, mentre il
polverone gli impediva di vedere.
"Aaah! Ma che succede?! Amelia? I Bassotti? Battista, presto, attiva le difese
automatiche! Battista, dove sei?!"
"È inutile che sprechi il fiato, vecchio taccagno: ci ha già provato, ma gli è
andata male."
"Ma
questa voce
!"
Il polverone si diradò, e un Paperinik con costume da battaglia entrò nella stanza
scortato da due neurodroidi di sorveglianza primo modello.
"Beh, che succede? Non saluti il tuo nipotino, caro zietto?"
"Paperinik! Cosa significa questa intrusione? Che ci fai qui? Come ti permetti
di
"
"ZITTO, vecchio.", disse duramente. "Da oggi qui comando io!
Sono stanco delle tue lamentele, dei tuoi tiranneggiamenti, delle tue avventure
impossibili intorno al mondo per una paga da quattro soldi. Per troppo tempo mi hai
oppresso: adesso le pagherai tutte. Come tuo legittimo erede, da oggi in poi tutte le tue
sostanze passano a me."
"Cosa dici? Sei impazzito?! I miei nipoti sono i miei unici eredi, non tu!"
"Mi sorprende che dopo tutto questo tempo tu non abbia ancora capito con chi hai a
che fare, zione...", disse Paperinik, strappandosi la maschera e rivelando la sua
identità di Paperino.
"Nipote! Cosa significa questa mascherata?! Se è uno scherzo, ti avverto, passerai
il resto della vita nelle mie miniere di sale
"
"Scherzo? Oh, no, è una cosa molto seria invece. Io SONO Paperinik, vecchio idiota:
lo sono sempre stato, e non ho più bisogno di nasconderti la mia vera identità. E da
oggi tutto questo sarà mio. Sei fuori: il tuo tempo è finito!"
"Che
che cosa vuoi?"
Pikappa si avvicinò lentamente fino a trovarsi davanti alla scrivania di Paperone, che
spaccò in due con un pugno, gettando poi i due pezzi rimasti contro le rispettive pareti
con la furia di un pazzo rabbioso.
"Voglio il tuo impero! I tuoi soldi mi servono per costruire il mio Ordine Nuovo,
e tu me li darai senza fare storie! Avrei aspettato che tirassi le cuoia per conto tuo, ma
visto che ti rifiuti ostinatamente di crepare ho deciso di venirmi a prendere da solo
quello che mi spetta!"
"Tu non avrai un soldo da me! Io ti diseredo, brutto maniaco!!!"
Pk puntò l'Extransformer tra gli occhi dello zio. Il sinistro rumore prodotto dagli
accumulatori energetici si fece man mano più forte.
"Tu non diseredi nessuno, vecchia cornacchia. Visto che eravamo parenti, ti
darò una possibilità: abbandona questo posto e lasciami tutti tuoi averi, o te ne
pentirai. Allora, cosa scegli?"
"Scordatelo!"
"Speravo che lo avresti detto, avarastro
", disse con perversa
soddisfazione. Una lucina sullo scudo segnò verde.
"Non hai il fegato di farlo, buono a nulla che non sei altro!"
"Forse una volta. Ciao ciao, zione: spero che tu ti diverta, giù all'Inferno!"
Un colpo al plasma fece sfondare la vetrata dell'ufficio ai resti carbonizzati di
Paperone, che si schiantarono a terra sul prato sottostante. Paperinik si affacciò,
contemplando il suo ultimo omicidio. Forse una volta avrebbe addirittura provato rimorso. Una
volta.
"Addio, vecchio taccagno: era tanto tempo che volevo farlo. Da oggi in poi tutti
quelli che mi ostacoleranno faranno la tua stessa fine: non ci sarà più pietà, per
nessuno. Metterò a ferro e fuoco questa dannata città, e con i tuoi soldi la raderò al
suolo e dalle sue ceneri sorgerà il mio Nuovo Ordine: il
regno di Paperinik è cominciato! AH AH AH AH AH AH AH AH AH!!!"
- Paperopoli (cronocontinuità principale), oggi -
La Ducklair Tower svettava colossale e monolitica davanti a Qui, come un gigante in
procinto di schiacciarlo. Era così alta che a volte si domandava come facesse
effettivamente a reggersi in piedi, con quei 'fianchi' apparentemente così sottili; ma
era una questione puramente accademica, dato che conosceva fin troppo bene la solidità
della torre. Quante volte aveva sognato di penetrarvi, di distruggerla, di vederla
sgretolarsi ai suoi piedi? Certamente molte più di quante ne potesse ricordare; e dire
che non era mai neanche riuscito ad entrarci! Ma, ironia della sorte, ora stava per farlo
con la massima facilità e senza intenzioni bellicose.
Si sistemò meglio l'impermeabile 'preso in prestito' dall'interno di una macchina
parcheggiata da quelle parti (visto che, nonostante la proverbiale abbondanza di
impermeabili perfetti per camuffarsi nei cassonetti delle metropoli americane, non ne
aveva trovato neanche uno), per evitare che si vedessero le pistole che portava nascoste
sotto. L'unico problema reale era non dare a vedere la loro presenza, visto che erano già
state sistemate per eludere i normali sensori di Uno che erano anche quelli di tutti i
suoi maledetti robot che infestavano la città. Deglutendo per l'emozione e la tensione,
Qui entrò dal portone principale cercando di darsi un'aria più indifferente possibile, e
soprattutto occultando come meglio poteva il suo braccio cibernetico (che pure era coperto
dal guanto). Grazie ai tecnici della ribellione, i camuffamenti operati sulle armi
funzionarono a meraviglia e riuscì a oltrepassare i controlli elettronici dell'ingresso
principale - comunque inferiori a quelli del suo tempo -. Di buon passo si infilò in un
ascensore vuoto, e premette il tasto corrispondente all'ultimo piano; arrivato circa alla
metà del grattacielo, disse: "XX DIR\. E D KEY: EXEC. CII 1, codice speciale
Nexus 25/01. Arrestare ascensore.".
L'ascensore si bloccò di colpo. Uno entrò subito in allarme: qualcuno con i codici
segreti di padron Ducklair stava salendo al 151° piano, e non era Everett!
"Disattivare analizzatore cerebrale. Modificare posizione turbina in modalità Via
Libera. Ripristinare funzionalità ascensore fino al 151° piano. Accedere al Piano
Segreto."
Sconcertato, Uno chiamò immediatamente Paperino, che stava gironzolando al 75° piano.
Dal comunicatore nel suo orologio da polso uscì quasi un urlo, per fortuna non udito da
nessuno perché in quel momento l'eroe in borghese transitava davanti alle toilette.
"SOCIOOOOO!!!"
Per lo spavento improvviso Paperino fece un salto aggrappandosi a una colonna come un
koala, e poi dopo un istante realizzò.
"UNO! SEI IMPAZZITO? CHE SUCCEDE?!"
"STÀ ZITTO E ASCOLTAMI! Qualcuno in possesso dei codici segreti di accesso
alle mie funzioni sta salendo al piano segreto, e io non posso fermarlo! Scaraventati
subito qui!"
"COSA?! Sei sicuro che non si tratti di Everett?!"
"Padron Ducklair non avrebbe bisogno di forzare i controlli di sicurezza! Si tratta
di qualcuno che conosce i suoi codici, e non è Due! Presto, sarà qui tra pochi secondi!
Buttati dentro l'ascensore a propulsione ionica più vicino e raggiungimi!!!"
Paperino non se lo fece ripetere due volte: ci mise 10 secondi a raggiungere il più
vicino ascensore ionico, ma la salita durò un secondo netto. Quando la porta si aprì si
trovò esattamente di fronte a Qui, che stava uscendo dall'ascensore al lato opposto della
sala.
- Base dei ribelli, Paperopoli alternativa -
L'allarme risuonò come un tuono, improvviso e inaspettato, nel cuore della notte,
buttando giù dal letto i soldati della ribellione. Qua era uno dei pochi svegli al
momento dell'attacco: se ne stava disteso sulla branda senza stivali, a fissare un
ragnetto beato nella sua tela in un angolo del soffitto, mente la sua mente vagheggiava e
si perdeva in chissà quali mille pensieri appartenenti a un'età più felice e lontana.
Il suono della sirena gli fece l'effetto di una doccia fredda. Spalancò l'occhio e, con
il cuore in gola, si precipitò giù dal letto direttamente nelle sue scarpe e poi giù
per le scale, scendendo di corsa tre scalini per volta. Raggiunse finalmente la sala
principale, dove soldati e tecnici si stavano radunando freneticamente.
"Che sta succedendo qui?!", chiese a un tenente che appena lo aveva visto
era scattato sull'attenti.
"Un attacco a sorpresa, Signore! Dark Avenger ha scoperto la nostra base segreta
e
"
Il soldato venne interrotto dal boato di un'esplosione: una granata ad alto potenziale
aveva colpito da qualche parte l'edificio, che tremava da capo a piedi scosso
dall'impatto. Qua fu lì lì per cadere (come tutti), poi urlò apparentemente verso
nessuno: "DOOM! Dammi la situazione e un rapporto danni, presto!"
Una voce elettronica rispose dagli altoparlanti.
"Stimo approssimativamente forze nemiche sui 600 mezzi terrestri e una trentina
volanti, più un paio di migliaia di soldati umani. Stanno già superando il perimetro di
difesa esterno, e di questo passo saranno qui tra poco."
"DANNAZIONE! Ha mobilitato mezzo esercito per distruggerci! Ma non gliela daremo
vinta facilmente!". Qua schiacciò un bottone sulla tastiera di controllo principale,
aprendo la comunicazione a tutta la base.
"A tutti i soldati, parla il generale Qua: allarme generale! La base è
attaccata! Tutti ai posti di combattimento! Rafforzare le linee di difesa esterne!
Proteggete la Chiave! Questa non è un'esercitazione! Ripeto, questa non è
"
Una nuova granata scosse l'edificio, sottolineando l'inutilità di una riconferma. Nel
frattempo, sulla sua carrozzella a rotelle, era giunto anche il generale Wisecube.
"Ragazzo! Che sta succedendo? L'intera base trema come se l'Inferno stesso ci stesse
attaccando!"
"Allora, generale, credo proprio che tra breve incontreremo il diavolo
",
disse, caricando la pistola.
"Le proiezioni dello scontro ci sono completamente sfavorevoli, generale Quo!
Suggerisco una ritirata strategica!"
"Non se ne parla neanche, Doom! Questo è l'ultima base della ribellione, e non
abbiamo altro posto dove nasconderci! Anche se riparassimo nei cunicoli che si dipartono
da qui sotto Paperopoli, presto o tardi faremmo la fine dei topi: gli infiltratori ci
massacrerebbero uno dopo l'altro. Se devo morire, lo farò combattendo qui, fino
all'ultimo. Tu però, sei vuoi, salvati: scarica il tuo software da qualche parte. Io
rimango."
"Non posso, per due motivi: prima di tutto perché Uno ha creato un blocco
informatronico che mi impedisce di trasmettere al di fuori della base, e poi perché
controllo tutti i sistemi elettronici di difesa. Devo rimanere anch'io."
Qua sorrise. Adam non era mai stato bravo a mentire, né da umano né
dopo.
"Non fare una mossa!", intimò Paperino all'intruso, puntandogli addosso
l'Extransformer che Uno gli aveva lanciato. Qui non accennava a muoversi, ma lo guardava
fisso
sembrava quasi commosso.
"Chi sei, e come sei arrivato qui? RISPONDI!", disse Paperino, avvicinandosi di
qualche passo. Rivolse uno sguardo nervoso alla sfera di Uno, subito ricambiato
dall'intelligenza artificiale. Quel ragazzo, comunque, aveva un che di familiare
Qui sembrò non fare una piega.
"Codice speciale Ganimede 21/10.81: consentire accesso alle unità periferiche
indipendenti. Disattivare dispositivo: 'Extransformer.wpn' @ all.".
Improvvisamente l'Extransformer gli si spense in mano. Paperino era sconcertato: chi
diavolo era questo tizio, e come poteva fare tutte queste cose? Era come se Uno lo avesse
costruito lui! Lo sconosciuto fece qualche passo verso di lui, in un modo che gli
ricordava un bambino timido, tendendogli le mani come se volesse abbracciarlo. Pk si mise
sulla difensiva.
"Non mi riconosci
zio Paperino?"
Pk spalancò gli occhi e abbassò la guardia. Con un filo di voce disse: "Mio
Dio
come può essere
tu sei
sei
". Non riusciva a
completare la frase, come se avesse paura di dire quel nome.
"Sono io, zio
sono tuo nipote Qui!". A quelle parole Pk trasalì:
quello che gli dicevano i suoi occhi doveva essere per forza un'allucinazione! Qui era un
bambino, mentre questo individuo
eppure sentiva nel suo cuore che era la verità.
"T-tu
non
NON AVVICINARTI! Non
"
Qui gli era già arrivato a un passo di distanza.
"Zio
", disse sottovoce; poi, all'improvviso, gli si buttò addosso e lo
abbracciò.
Cap. 3 - La fine della Resistenza
"SERRATE I RANGHI! NON LASCIATELI AVANZARE!", gridava Qua. I suoi
uomini ce la stavano mettendo tutta, ma non era sufficiente: qualche centinaio di umani
non poteva competere con un esercito di macchine da guerra, che non conoscono paura né
pietà.
Il cadavere di un soldato si spappolò addosso al muro a un metro da lui, fatto a pezzi da
un colpo di cannone. Qua cercò di ignorare il sangue dolciastro che gli era schizzato
sulla faccia e il dolore della ferita di una scheggia che gli aveva provocato un profondo
squarcio nella coscia destra, continuando a fare fuoco senza sosta con un grosso fucile
laser/lanciagranate che teneva con entrambe le mani. Riuscì ad abbattere otto neurodroidi
e una unità d'assalto Mark 11/X2 prima che l'arma si scaricasse. Una bomba termica gli
fischiò accanto, mancandolo di quattro metri scarsi: cadde a terra, ma ne uscì incolume
per miracolo a parte per un taglio sulla fronte. Rialzò la testa dalla polvere: il sangue
gli era andato a finire sugli occhi, e tutto era diventato rosso. Vide l'ultima linea di
difesa cadere sotto i colpi del nemico, e molti dei suoi uomini schiacciati dai carri
armati Mark 11. Si guardò intorno: la situazione era disperata. Gli erano rimasti non
più di cinquanta uomini, che vedeva cadere eroicamente uno dopo l'altro, sotto la pioggia
energetica dei mortai a particelle e dei cannoni laser. Dopotutto, forse era davvero
giunta l'ora di darsela a gambe, pensò. Poi sorrise, con un sorriso da monello, come se
stesse per divertirsi un mondo. Buttò contro la prima linea nemica la sua ultima granata
a frammentazione per aprirsi un varco, e poi estrasse entrambe le pistole laser che
portava alla cintura e si precipitò sparando all'impazzata contro le linee nemiche,
mirando al carro di Dark Avenger e urlando "PER LA
RESISTENZA!!!". Uccise una ventina di soldati prima che il suo sguardo
incontrasse quello di suo zio, freddo come il ghiaccio.
Poi, tutto divenne buio.
- Paperopoli (cronocontinuità principale), oggi -
"Tutto questo è pazzesco!", esclamò Pk, con la testa tra le mani. "Fammi
capire bene: tu sei mio nipote che viene dal futuro di un universo parallelo, dove io sono
diventato un crudele tiranno che ha soggiogato Paperopoli e che è in procinto di
impadronirsi del mondo intero - tanto per cominciare - e vuole distruggere la Resistenza
organizzata dai ribelli, di cui tu e Qua siete a capo, e Quo è morto da bambino per colpa
della droga!"
"Esattamente. E poiché le nostre forze sono agli sgoccioli, abbiamo pensato di
chiedere aiuto, un aiuto che non potevamo trovare se non in un altro mondo diverso dal
nostro. E quale miglior aiuto potremmo avere contro un papero se non il suo stesso alter
ego, che conosce tutti i suoi punti deboli e le sue difese? Ma per farlo, avevamo bisogno
di un accesso a quest'altra dimensione: così, informati da una spia dell'esistenza di
questa tecnologia in possesso di Dark Avenger, abbiamo lanciato un assalto dal cyberspazio
alla Ducklair Tower, riuscendo a trafugare i progetti di cui avevamo bisogno e alcuni
codici segreti di Uno
ad un prezzo altissimo. Tutti i nostri hackers sono morti, con
gli archetipi disassemblati e i cervelli fritti dai programmi anti-intrusione di Uno. E
tra loro c'era anche
" l'espressione del giovane si incupì, ma immediatamente
riprese serietà. "Abbiamo bisogno del tuo aiuto, zio: stiamo morendo, e tu sei
l'unico che possa aiutarci a vincere questa battaglia disperata. Te ne prego, aiutaci."
Paperino si gettò a sedere su una poltrona, osservando l'icona di Uno che lo fissava a
sua volta incredulo.
"Come faccio
come faccio a sapere che stai dicendo la verità, che sei davvero
mio nipote? Per quanto ne so potresti essere un clone, un replicante, uno scherzo della
mia immaginazione! Perché
"
"PERCHÉ?! TE LO FACCIO VEDERE IO IL PERCHÉ!!!", inveì improvvisamente, e
si strappò con rabbia il guanto dalla mano cibernetica, mostrando l'arto meccanico nella
sua cruda nudità. Paperino rimase inchiodato sulla sedia da quella vista scioccante.
"Lo vedi questo, zio Paperino? Lo vedi il mio braccio? Quello originale me lo ha
staccato un colpo laser di uno dei TUOI neurodroidi di sorveglianza, che TU hai fatto
costruire da Uno!", disse puntando il dito contro l'essere senziente dietro di lui.
"E a Qua non è andata meglio: una fucilata di striscio gli ha strappato l'occhio
destro durante uno scontro a fuoco con i TUOI soldati. Ma tutti e due abbiamo continuato
lo stesso a combattere! Ho passato più di metà della mia vita a odiarti per quello che
eri diventato: ci hai abbandonato proprio quando avevamo più bisogno di te, quando
eravamo solo bambini, e poi come se non bastasse hai trasformato la città in un maledetto
mattatoio per un folle sogno di legge e ordine che non voleva nessuno, e che ha ucciso
più gente di quanta ne abbia salvata. Ci hai costretto a imparare a uccidere, a
combatterti da nemici, nonostante una parte di noi ti amasse ancora con tutto il cuore, e
adesso che vengo a domandarti aiuto rischiando la vita mi volti le spalle ancora una
volta! È stato un errore venire qui: tu non sei lo zio Paperino che ricordavo, sei più
simile a quel mostro! Ho fatto uno stupido errore a credere che mi avresti
ascoltato!"
A sentire quel discorso Paperino si sentì penetrare un pugnale nel cuore: sentì
sanguinare di nuovo i sensi di colpa che lo accompagnavano da settimane, per la sua scarsa
presenza nella vita dei nipoti e la disgrazia che avrebbe potuto uccidere Quo. Se
veramente quello era suo nipote, se lui e tutta quella gente aveva sofferto per colpa sua,
se anche soltanto un suo doppio dimensionale aveva fatto quelle cose
allora era una
sua responsabilità riparare. Non poteva tirarsi indietro, nel modo più assoluto.
"QUI! Va bene, accetto: verrò con te e ti aiuterò, a qualunque costo! Vedrai che
sistemeremo insieme questa faccenda!"
Qui si voltò verso di lui sbigottito, poi cedette alla commozione, sentendo un affetto
che aveva quasi dimenticato di poter provare. Sembrava quasi un bambino che rivedeva la
mamma dopo settimane di separazione. Si strinsero la mano al polso, come due guerrieri
alleati; poi Paperino lo tirò a sé e lo abbracciò forte.
"Grazie
grazie, zio Paperino! Adesso ti riconosco!"
"Ti voglio bene, Qui, e te ne vorrò sempre, in qualunque tempo e in qualunque
dimensione. Ricordatelo sempre. E perdonami se ti ho fatto soffrire."
"Non è stata colpa tua
ho fatto male ad accusarti prima. Tu non c'entri."
"Se un altro me stesso ha fatto tutto questo, allora c'entro eccome. Ma grazie a Dio,
mi è stata data la possibilità di riparare!"
Paperino lasciò Qui e si voltò verso Uno, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio
a guardare. Una nuova luce brillava nei suoi occhi.
"Uno
"
Uno non disse una parola: senza neanche bisogno che il suo amico completasse la frase,
aprì lo scomparto con il costume da battaglia. Mentre se lo infilava, Qui sembrò
triste
o forse scosso.
"Che hai, Qui?", chiese quando fu pronto.
"Eh? No, niente
è solo che quel costume
lascia stare. Sei pronto a
partire?"
"Sì, ma
come pensi di tornare?"
"I tecnici della Resistenza mi hanno costruito questo switch transdimensionale per
fare ritorno nella mia dimensione. Ma
mi viene in mente che ne servirà uno anche a
te, se vorrai tornare a casa dopo."
Uno intervenne: "Non preoccupatevi: ne ho inserito uno nel costume, sulla cintura.
Non avrai problemi a tornare, socio."
"Uno, sei efficientissimo come sempre!"
"Già
anche troppo.", rispose l'intelligenza artificiale con un tono
amaro. Forse, pensò, era dispiaciuto per le parole di Qui. D'altronde non si poteva
negare che il ragazzo avesse ragione.
"Ci sono ancora un sacco di cose che non so del tuo mondo, Qui."
"Ti darò i dettagli una volta arrivati. Adesso è essenziale fare in fretta.",
disse preparando lo switch.
"Un'ultima cosa, socio: nell'Extransformer ho inserito un meccanismo di
autodistruzione, che se attivato genererà un'esplosione della potenza approssimativa un
centesimo di un missile nucleare senza però dare origine a radiazioni. Fa' attenzione, è
una risorsa estrema: usalo solo in casi disperati."
"Grazie, Uno."
"Ehi, Pikappa
"
"Cosa?"
"
sta' attento."
Pk sorrise. "Non fare sempre la zia, so badare a me stesso! Starò attento, te lo
prometto. Ciao, socio."
"Arrivederci, amico mio.", lo salutò Uno, mentre lui e Qui venivano inghiottiti
dal vortice dimensionale per poi sparire nel nulla.
Cap. 4 - Rovine
Lo spettacolo che gli si parava davanti agli occhi era desolante: poco più che rovine
erano rimaste al posto di quello che un tempo era il quartier generale della Resistenza.
Cadaveri schiacciati e maciullati erano sparsi ovunque, avvinti in un abbraccio mortale
con i resti di ferraglia dei robot nemici distrutti, e il loro sangue scuro e denso
arrossava la terra. L'orgia di devastazione era terminata da poco: piccoli incendi e
focolai sparuti ancora lambivano i ruderi della base, e una fitta coltre di polveri ancora
permeava l'aria.
Pk rimase a becco aperto. Qui semplicemente cadde in ginocchio, svuotato della vita. Tutti
gli sforzi, i sacrifici, le battaglie, i rischi, le fatiche, il sangue versato
e
ora, era tutto distrutto, ridotto a un cumulo di macerie ai suoi piedi. Finito. Tutti
morti. I suoi compagni, gli amici, suo fratello
niente. Anche la sua missione non
era servita a niente. Era come se a cento metri dal traguardo gli avessero spezzato
entrambe le gambe. Avrebbe voluto scomparire. Si maledisse per non essere restato a morire
anche lui, per essere sopravvissuto. Non poteva accettarlo. Si rannicchiò sulle ginocchia
con le mani sulla faccia fino a sfiorare la terra brulla e arida, respirandone la polvere,
incapace di qualunque altra reazione.
Pk non sapeva cosa dirgli; d'altronde non c'erano parole che avrebbero potuto consolarlo.
Metà della sua vita e tutte le sue speranze per un futuro migliore erano andate in fumo.
Tutto ciò in cui aveva creduto e per cui aveva combattuto così disperatamente non era
che una manciata di polvere dispersa dal vento. La missione era finita ancor prima di
cominciare. Era un'ingiustizia. Si avvicinò al nipote, chinandosi accanto a lui su
un ginocchio e posandogli una mano sulla spalla.
"Qui
mi dispiace. Mi dispiace tanto."
Per un istante, un terribile, gelido istante cristallizzato nel tempo, Qui ebbe l'impulso
irrefrenabile di saltargli addosso e picchiarlo a sangue, e picchiarlo ancora, e ancora,
fino alla morte, fino a ridurlo a una carcassa disossata e sanguinante. Ma non poteva
prendersela con lui: non aveva nessuna colpa. Lui era venuto ad aiutarli in buona
fede
e ci vuole coraggio per combattere contro sé stessi. Questo pensiero fece
risorgere in lui l'ammirazione che provava per suo zio, come una fenice che si leva dalle
ceneri di sé stessa. L'istante era passato
ma ora non sentiva altro che vuoto.
Nel frattempo, Pk si domandava con tutto sé stesso se davvero avesse potuto fare questo.
Solo un mostro avrebbe potuto compiere una carneficina del genere: ma non aveva mai
pensato di poter essere lui stesso quel mostro. Non poteva lasciare che continuasse: ora
c'era dentro fino al collo. Chiunque fosse stato quel pazzoide, anche se si fosse trattato
di lui, l'avrebbe fermato ad ogni costo.
In quel momento Qui mormorò qualcosa, ma non riuscì a capire di cosa si trattasse.
"Cosa
cosa hai detto, Qui?"
"Uccidimi, ti prego."
"Che
cosa
?"
Qui saltò in piedi e prese lo zio al collo della tuta.
"TI HO DETTO DI UCCIDERMI, DANNAZIONE! AMMAZZAMI! FAMMI
SECCO! IN CHE LINGUA DEVO DIRTELO??? NON VOGLIO CONTINUARE A VIVERE IN QUESTO MONDO
SCHIFOSO! Non voglio
continuare
a
vivere
"
Qui aveva l'aria di un povero mentecatto, che parla e cammina senza capire realmente
quello che sta facendo; nel vederlo così, suo zio provò un terribile dolore. Ma ora non
poteva aiutarlo. Poi sentì qualcosa: un lamento soffuso, forse, o uno scherzo della sua
immaginazione. Lo scherzo veniva da sotto un grosso lastrone di muro a pochi metri da lui.
"Qui! Vieni a darmi una mano! Forse qui c'è qualcuno ancora vivo!"
Nel giovane generale si riaccese una piccola fiammella di speranza: con la forza della
disperazione aiutò Pk a spostare il lastrone, scoprendo un anziano uomo di colore ormai
in fin di vita.
Pk e Qui esclamarono in coro: "GENERALE WISECUBE!"
Il vecchio si sforzava disperatamente di parlare, ma le parole gli uscivano con evidente
fatica. Respirava a stento.
"Ragazzo
sei tornato
ce l'hai fatta
sei riuscito a trovarlo."
"Generale, che è successo?"
"È stato Dark Avenger
un attacco a sorpresa. Non ce lo aspettavamo: ci ha
colti del tutto impreparati. Non sappiamo nemmeno come ha scoperto la nostra base segreta.
Le sue truppe
>>koff! koff!<<
ci hanno massacrato. Abbiamo
resistito fino all'ultimo uomo, ma non è servito a niente. I pochi sopravvissuti sono
stati fatti prigionieri
e tuo fratello
"
Il cuore del vecchio soldato si stava spegnendo, avvicinandosi finalmente al riposo dopo
una vita fatta di dolori.
"Cosa è successo a mio fratello? Vi prego, generale, parlate!"
"Tuo fratello Qua
è stato ferito
hanno catturato anche lui
ma
è
ancora
vivo
"
"E la Chiave? Che fine ha fatto?"
"La
C-chiave
è
è
#"
Senza riuscire a terminare la frase, il generale Abraham Lincoln Wisecube spirò,
lasciandosi dietro un dubbio e una piccola speranza che poteva rappresentare l'unica
salvezza. Qui, seppur sopraffatto dal dolore per la fine del suo mentore, si sentì
sollevato alla notizia della sopravvivenza di suo fratello Qua. In un gesto che ormai
aveva compiuto più volte di quante chiunque dovrebbe compierne in dieci vite, chiuse gli
occhi al suo padre adottivo. Poi si alzò e, con un'aria solenne, lo salutò alla maniera
militare, come il guerriero che era stato.
Dopo qualche attimo di titubanza, Pk fece lo stesso.
I due restarono alcuni secondi immobili, davanti ai corpi dei soldati e dei loro amici
morti. Poi il rumore di motori li scosse da quello stato quasi ipnotico.
"Qui, dobbiamo andarcene subito di qui: stanno cercando i sopravvissuti! Se vogliamo
avere una chance dobbiamo nasconderci da qualche parte e riorganizzarci, fare il punto
della situazione!"
Proprio in quel momento la luce abbagliante di un faro di un D-52 si posò su di loro.
"Attenzione! In nome di Dark Avenger, siete in arresto! Arrendetevi subito senza fare
resistenza!"
Qui stava per estrarre d'istinto la pistola e sparare, ma non ne ebbe il tempo.
"COL CAVOLO, AMMASSO DI FERRAGLIA!!!", gridò Pk, sparando un colpo di
cannone a particelle dall'Extransformer contro il robot, che andò in mille pezzi. Tutti
gli shock che aveva subito negli ultimi tempi, le battaglie, le preoccupazioni, e ora
questo
lo avevano reso furioso, e ora reagiva con impeto e rabbia a qualunque
minaccia. Per un istante, Qui si stupì nello scoprire una rabbia in suo zio tanto simile
a quella del suo alter ego, e si chiese se avesse davvero fatto bene e portarlo qui, se
non si fosse potuto rivelare una minaccia addirittura peggiore
ma non era il momento
giusto per le domande.
"No! Adesso ci saranno tutti alle calcagna! Presto, seguimi!".
Qui aprì una botola segreta, che conduceva ad un cunicolo sotterraneo dei tanti che si
snodavano sotto la città intrecciandosi con le fogne, costruiti proprio dalla Resistenza.
I due si gettarono dentro, giusto in tempo per evitare gli altri fari delle unità giunte
in rinforzo. Pk e Qui rimasero per alcuni minuti col fiato sospeso, temendo che il
passaggio venisse scoperto, ma fortunatamente quelle macchine avevano il cervello di un
drone. La loro ricerca sarebbe risultata vana. Quando finalmente sentirono il rumore dei
reattori allontanarsi, tirarono un sospiro di sollievo. Il cunicolo era poco illuminato,
ma abbastanza spazioso da starci in quattro fianco a fianco. Somigliava un po' a una
miniera.
"Che facciamo adesso?", chiese Pk.
"Come hai detto tu, abbiamo bisogno di trovare un riparo e riorganizzarci. Seguimi,
conosco un posto dove c'è una persona amica che ci aiuterà."
"Chi è? Un frate?"
"No. Un genio."
Le voci che provenivano dall'esterno erano indistinte; non vi era alcuna luce nella cella,
eccetto quella che penetrava a fatica dal piccolo vetro antiproiettile della porta, unica
finestra sul mondo. Lo scorrere del tempo era diventato qualcosa di astratto e
difficilmente quantificabile, scandito solo dal dolore delle ferite ancora aperte e in
procinto d'infettarsi, che pulsavano ritmicamente con i battiti del suo cuore stanco ma
indomito. Si era già accorto, non ricordava da quanto, che era incatenato mani e piedi al
muro con ceppi e cavi di metallo densomorfico, controllati di sicuro direttamente da Uno.
Gli sembrava di essere appeso con i polsi in alto e le gambe a terra, ma non avrebbe
potuto dirlo con certezza se non per il fatto che sentiva la pressione dei ceppi sui suoi
polsi.
Dei passi conosciuti e un nuovo timbro di voce lo scossero da quel torpore, facendolo
accorgere del sapore di sangue che ancora gli riempiva il becco. Quando la porta si
spalancò, facendo sì che la squallida cella fosse invasa da una debole luce proveniente
dall'esterno (ma per lui fortissima), chiuse di scatto l'unico occhio rimastogli e si
ritrasse, come se gli provocasse un dolore fisico che andava ad aggiungersi ai tanti che
torturavano il suo giovane corpo. Costringendosi a guardare in mezzo ai capelli che gli
scendevano sulla fronte, vide una sagoma non molto alta avvolta da un'armatura da
combattimento e un lungo mantello camminare con calma verso di lui. Si chiese per un
momento chi fosse; ma subito rise tra sé e sé per quella domanda così ingenua e
retorica. In realtà sapeva perfettamente chi fosse.
"Ci si rivede, Qua. Come ti senti, nipote?"
"Sono il Generale Qua, e non sono tuo nipote. Ricordatelo bene."
"Questo atteggiamento non ti porterà da nessuna parte, ragazzo."
"E io che speravo di fare un salto fuori città per il week-end
"
"Non perdi la voglia di scherzare neanche nelle situazioni peggiori. Mi ricordi
me
qualche tempo fa."
"Vuoi dire quello che hai tradito e ucciso qualche tempo fa."
"Ora basta, Qua! Sai che era necessario che le cose cambiassero. Debole e sciocco
com'ero, non riuscivo più a difendere la città. Dovevo adottare altri metodi."
"E così hai pensato bene di distruggere tutto e ricostruirlo a tua immagine e
somiglianza, giocando a fare Hitler
"
"Anche tu deridi la mia Missione. Proprio tu, che sei mio nipote, che più di tutti
dovresti capire quello che sto facendo, la pace che voglio portare!"
"Lo capisco bene, quello che stai facendo. Stai rendendo questo posto uno schifo.
Stai ammazzando i miei amici. Stai cercando di dominare il mondo come un dittatore. Oh,
credimi, l'ho capito molto bene, il tuo concetto di PACE!"
"Perché ti ostini a rifiutare il mio Nuovo Ordine? Guardati intorno! Non è forse
tutto perfetto, adesso? Il crimine non esiste più, la società è regolata da leggi
infallibili e fatta rispettare dai miei robot, e la gente ama tutto questo, visto che non
protesta!"
"Ovvio. Se lo facesse, tu l'ammazzeresti. La tua perfezione è quella della
repressione, non della libertà e della giustizia!"
"Io faccio rispettare l'ordine ed elimino il caos. Guardati, Qua: guarda come sei
finito, per inseguire un sogno futile e sciocco! Distrutto, incatenato, schiavo nel corpo
e nello spirito. Il tuo sogno è morto, come i tuoi compagni. Non c'è più nulla che tu
possa fare. Piantala di giocare ai soldatini e fai qualcosa sul serio!"
"Non c'è niente da fare: proprio non riesci a capire. Non sono più il bambino che
hai cresciuto, ma un uomo. Questo non è affatto un gioco: io e te siamo diventati nemici
mortali sin da quando sei diventato un dittatore, e i nostri legami di sangue non cambiano
nulla! Forse sono in catene, ma il mio spirito è libero. E non c'è niente che tu possa
fare per togliermi questo. Finché ci sarà gente disposta a combattere per ciò in cui
crede, il Sogno non morirà. Il Sogno è vivo."
"È la mia ultima offerta, nipote: unisciti a me, e governiamo insieme questo mondo.
Possiamo farlo. Non costringermi a distruggerti."
"Va' all'Inferno."
"QUA!", urlò Dark Avenger prendendolo per il colletto. Il generale Qua gli
sputò in faccia. Dark Avenger lo lasciò, asciugandosi il viso con gelida calma. Dai suoi
occhi ora non trapelava più alcuna emozione.
"Hai scelto il tuo destino, ribelle. Ora ne pagherai le conseguenze. Che
sia giustiziato domani mattina nella pubblica piazza, secondo il modo destinato ai
peggiori criminali!", proclamò, uscendo dalla cella.
Dietro di lui, il rumore della porta che si chiuse risuonò nell'aria con un rumore
sinistro e solenne
definitivo.
Cap. 5 - Futuro Imperfetto
Pikappa si ritrovò nel bel mezzo di un prato, alla periferia di Paperopoli. Il
passaggio sbucava da terra, nascosto nel tronco cavo di un albero morto. A poche decine di
metri si vedeva una casetta, con una finestra socchiusa da cui usciva una debole luce.
Nell'uscire dal tronco, Pk inciampò e quasi cadde a terra.
"Ssshhh! Fa' piano!", gli intimò Qui. "Di solito questa zona
è poco controllata perché in periferia, ma i D-52 a volte si spingono anche qui, e ogni
tanto passano per strada delle pattuglie in automobile. Seguimi, adesso!"
I due iniziarono a correre con aria furtiva verso la casa; Pk pensò che più ci si
avvicinava, più gli ricordava un posto conosciuto. Finalmente, quando furono arrivati
alla porta di servizio, realizzò il perché.
"Qui! Ma questa è casa di
"
"ZITTO!", lo rimproverò ancora una volta. Pk fu costretto a tacere.
Con cautela, Qui bussò alla porta in un modo che ricordava un codice segreto. Pk sentì
che, all'interno, qualcuno si stava alzando (sembrava con una certa fatica) e si
avvicinava alla porta.
"Mettiti dietro di me. È meglio che non ti veda subito."
"E perché mai? Dopotutto siamo amici da
"
"FAI COME TI DICO, SANTO CIELO!"
"Ok, ok
"
Pk si era appena nascosto dietro il nipote (abbondantemente più alto di lui) che la porta
si aprì lentamente, per rivelare un pappagallo alto ma visibilmente trasandato, con i
capelli biondi disordinati che ormai sfumavano sul grigio in molti punti, una camicia
sgualcita e sbottonata che lasciava intravedere sotto la canottiera sudicia una flaccida
pancetta, probabilmente causata dalla bottiglia di whisky che teneva in una mano e da
molte sue sorelline che l'avevano preceduta. La sua faccia era solcata da occhiaie e
rughe, in parte coperte da una barbaccia incolta di diversi giorni, e nonostante non
avesse più di cinquant'anni ne dimostrava perlomeno una decina in più. Una sigaretta
mezza fumata pendeva un po' sbilenca e ritorta dal suo becco, come fosse stanca e volesse
gettarsi sul pavimento per morire. Gli occhi, un tempo vispi e geniali, che correvano
instancabilmente su e giù sempre alla ricerca di qualche invenzione, ora sapevano
soltanto guardare in basso, attraverso un paio di piccoli e sporchi occhiali senza
stanghette che sembravano reggersi dritti a fatica sul becco ingrigito. I pantaloni
azzurri erano macchiati di grasso per motori e costellati di diversi buchi, tanto che
sembravano avere sulle spalle più anni del suo proprietario.
"Qui! Che piacere vederti!", esclamò.
"Ciao, Archimede. Devo parlarti: è successa una cosa terribile."
"Vieni, entra
"
"Aspetta. Ho portato qualcuno con me. Ma non arrabbiarti quando lo vedrai."
Qui fece segno allo zio, e Pk sbucò da dietro il nipote come un bambino che si era
nascosto tra le gonne della mamma. Quando Archimede lo vide, sbarrò gli occhi e cambiò
colore; poi, all'improvviso, afferrò una chiave inglese dal tavolo vicino e si gettò sul
Pk gridando: "BASTARDO!!!".
Fortunatamente Pk fu rapido e schivò il colpo d'istinto, e Archimede sarebbe ruzzolato
per terra se Qui non lo avesse trattenuto e portato dentro a forza.
"LASCIAMI, QUI! LASCIAMELO UCCIDERE!!! VOGLIO AMMAZZARLO, QUEL BASTARDO!!!"
"Archimede, fermati! Non è lui! Non è lo stesso Paperinik!"
"Cosa?"
"È un suo doppio dimensionale! Ti ricordi che ti avevo parlato di una missione
segreta che avrei intrapreso per cercare aiuto? Bene, ho trovato lui! È qui per aiutarci
a combatterlo!"
"Un
doppio dimensionale
?"
"Lui è dalla nostra parte, non è come quell'altro! Avanti, fidati di me!"
Archimede lasciò andare la chiave inglese, e sembrò rilassarsi. Pk era sbalordito,
incapace di dire una parola: mai avrebbe sospettato che una persona mite come Archimede
potesse odiare con tanta forza
né ridursi tanto male. Erano dunque davvero così
orribili, si chiese, i suoi crimini, se perfino un uomo come Archimede poteva odiarlo con
tale ferocia?
"Archimede
sei molto cambiato."
"Lo siamo tutti, a quanto pare.", fu la sua risposta tagliente. Uno sguardo
d'odio percorse l'aria fino a trafiggere Pk, gelandogli il sangue nelle vene.
"Ascolta, Archie: è successa una tragedia. La Resistenza è stata distrutta: il
quartier generale raso al suolo da un attacco a sorpresa, e tutti gli uomini uccisi. I
pochi che sono sopravvissuti, tra i quali c'è Qua, sono stati imprigionati. Tutto è
successo mentre ero nella sua dimensione: quando sono tornato, non abbiamo trovato altro
che rovine. Dobbiamo fare qualcosa."
Archimede si gettò sulla sedia traballante: mai avrebbe potuto pensare ad una catastrofe
di tale portata.
"Oltretutto,", aggiunse Pk, "ci stanno dando la caccia. Abbiamo bisogno di
un posto dove nasconderci."
"Non preoccupatevi: in cantina ho costruito un passaggio che accede a un locale
segreto, fatto apposta per questi casi. Intanto sistematevi lì, poi penseremo al da
farsi. Io ascolterò le notizie per sapere quali sono le intenzioni di Dark Avenger."
La stanza era tutto sommato confortevole: c'era un tavolino con tre sedie, un letto, un
lavandino e un frigorifero (se fosse stato pieno, era tutto da stabilire). La luce fioca
era fornita da una lampadina senza lampadario che pendeva dal soffitto come un impiccato,
sistemata alla bell'e meglio. Pk si tolse l'Extransformer e si gettò sulla branda, mentre
Qui si sedette al tavolo tarlato.
Pk si sfregò gli occhi con forza, sperando che fosse tutto un sogno: ancora non riusciva
a credere che quello che gli stava succedendo fosse vero. Sembrava tutto così sbagliato,
così innaturale, così
imperfetto.
"È tutto vero, zio. Purtroppo lo è.", gli disse Qui, come leggendolo nel
pensiero. Aveva visto quello sguardo così tante volte nella sua vita che ormai era capace
di decifrarlo alla prima occhiata.
"Parlami di questo mondo, Qui.", disse Pk guardando nel vuoto, come con
rassegnazione. E Qui tirò un sospiro, e iniziò il suo racconto.
"Dopo la morte di Quo, una volta superato il trauma iniziale, Pk cambiò; iniziò a
reprimere il dolore con la violenza, e più che in un giustiziere si trasformò in un
vendicatore. Abbandonò completamente la sua famiglia e la sua identità di Paperino,
dedicandosi alla lotta al crimine 24 ore al giorno, senza sosta, senza più criterio, a
volte scordandosi addirittura di mangiare o dormire. Più il tempo passava, più i suoi
metodi diventavano brutali: iniziò a picchiare i criminali, a volte riducendoli in uno
stato pietoso, e iniziò a essere considerato davvero un pericolo pubblico. Respingeva gli
amici, non si confidava più con nessuno, neppure con Uno. Cambiò persino costume,
utilizzando unarmatura tecnologica più "dark" che rispecchiasse i suoi
nuovi metodi
quella che porti tu adesso ne fu la prima versione. Diceva che per
schiacciare il crimine bisognava essere duri, che la sua debolezza aveva causato la morte
di un innocente. Era evidente che il suo amore per Quo era davvero immenso, e il trauma
psicologico derivato dalla sua morte aveva lasciato un segno indelebile nella sua
mente."
Ogni parola del nipote era un coltellata per lui, perché si riconosceva in quella
descrizione: appariva sempre più drammaticamente chiaro che lui e 'l'altro' erano la
stessa persona. E per questo si odiava sempre più ogni istante che passava.
"Le cose precipitarono definitivamente dopo la morte di Xadhoom, durante lo scontro
finale con lImpero Evroniano: la battaglia fu vinta e Evron sconfitto per sempre, ma
al prezzo della vita dellaliena. Forse non sapremo mai cosa successe realmente su
Evron, o cosa lo condusse davvero alla follia, ma dentro di lui qualcosa cedette
irreparabilmente. Pazzo di dolore, si convinse di essere perennemente in guerra, una
guerra per la quale le persone che amava erano cadute. Da allora svuotò completamente il
suo cuore di ogni sentimento, unico mezzo per sopravvivere, e iniziò a fare delle cose
terribili, mettendosi contro i suoi stessi amici, prima di tutto Uno. In questo momento
quasi tutto il suo potere è basato su di lui."
"È assurdo. Uno è una potentissima intelligenza artificiale, ma non abbastanza da
controllare tutto! L'ho visto in difficoltà persino quando si è trovato a dover parlare
contemporaneamente con Everett e me
"
"Già, così sembra: ma in realtà quello che tu conosci di Uno è solo una piccola
parte di quello che è davvero."
"Spiegati meglio.", disse Pk, temendo la risposta.
"Ducklair era un vero genio: era riuscito a costruire un'intelligenza artificiale che
potenzialmente poteva tenere il mondo intero in pugno come fosse una palla da tennis.
Banche dati, conti bancari, telecomunicazioni, network, codici militari
poteva
accedere a tutto, veramente tutto. Ma si rese conto che era troppo pericoloso: se fosse
caduta nella mani sbagliate, il suo possessore avrebbe potuto dominare il mondo. Così
bloccò l'accesso a quelle funzionalità avanzatissime, e inserì una serie di password
che solo lui conosceva che consentissero di accedervi solo in caso di vero bisogno.
Perfino Uno stesso è cosciente soltanto di una minima parte di esse. L'amico che credi di
conoscere non è che un pallido riflesso del vero sé stesso: è come se giocassi a un
videogame sempre al livello 'easy' senza sapere che esistono anche i livelli 'medium' e
'hard'."
La scoperta lo sconvolse: possibile che Uno fosse davvero così potente? Così
pericoloso?
Tutta la faccenda si faceva sempre più strana: tutto quello di cui era certo, che credeva
di conoscere, si stava rivelando più falso di tutte le accuse che puntualmente Angus
Fangus gli rivolgeva al TG. E una volta di più, si sentì un autentico idiota.
"Certo della sicurezza ottenuta, Everett poté lasciare Paperopoli per Dhasam-bul con
l'anima in pace. Ma non aveva previsto quello che poi sarebbe accaduto. Nella sua lunga
permanenza al monastero, grazie alla sua incredibile intelligenza, riuscì tramite la
meditazione a raggiungere e sviluppare quella potenzialità latenti che sono insite in
ognuno di noi: telepatia, telecinesi, levitazione, pirocinesi, intangibilità e
addirittura separazione dello spirito dal corpo. Il suo errore più grande fu insegnare a
Paperinik parte di questi segreti. I suoi poteri latenti gli donavano già delle limitate
capacità psichiche, che sviluppò al massimo grado con una ferrea volontà disciplinata
dalla follia che ormai si era impadronita di lui irreparabilmente. Una volta raggiunti e
superati i livelli del maestro lo costrinse psichicamente a dargli quei codici, che lo
avrebbero messo in condizione di controllare il mondo intero grazie a Uno: fortunatamente
riuscì a carpirne solo una parte, perché Everett si tolse la vita prima di essere
costretto a rivelargli i più potenti. Altrimenti, a quest'ora sarebbe il padrone del
mondo."
"Mio Dio, è terribile
allora anche io potrei
"
"Potenzialmente sì, ma non hai l'addestramento necessario."
"Hai detto
'poteri latenti'?"
"Vuoi dire che non ne sai ancora nulla? Va bene, te ne parlerò dopo. Adesso stai a
sentire il resto. Una volta preso il controllo tecnologico di Paperopoli, iniziò a
comportarsi come un feroce dittatore: dichiarò in città la legge marziale e si
autoimpose come capo del governo cittadino; iniziò a manipolare quelli che potevano
servire ai suoi scopi, distruggendo tutti gli altri, e rese pubblica la sua identità,
visto che non aveva più senso nasconderla. Il governo degli Stati Uniti non poteva
reagire, perché grazie a Uno Dark Avenger teneva sotto controllo i codici di lancio delle
armi atomiche di tutto il mondo. Le forze militari americane presero d'assedio la città,
ma gli era impossibile entrare a causa dello scudo di energia che la difende e da anni
sono accampate lì fuori in questo stallo, in attesa di una situazione propizia. Per
scoraggiare ogni opposizione al suo regime, arrivò a radere al suolo Quacktico, sede
della PBI, uccidendo tra gli altri Mary Ann Flagstarr e il Cap. Nimrod. E questo,
purtroppo, fu solo linizio. Dopo aver istituito i Ministeri della Guerra, della
Punizione, della Rieducazione e della Propaganda, fece edificare a Paperopoli degli
istituti carcerari e penitenziari di massima sicurezza ad alta tecnologia, dove fece
imprigionare e spesso giustiziare moltissime persone anche per reati lievi e
insignificanti: 'È lunico modo', diceva, 'per stroncare ogni crimine sul
nascere'."
Adesso Pk iniziò a sentirsi male sul serio. Sembrava tutto una barzelletta macabra, un
brutto fumetto. E il protagonista era lui.
"E Paperopoli divenne una città blindata. Furono chiusi molti locali tra i quali
discoteche, bar, cinema, sale da gioco e quasi ogni luogo di svago, perché 'Luogo di
ritrovo di malfattori e fonte di perdizione per i bravi cittadini'. E mentre attuava la
sua spietata politica di repressione, fece costruire in simbiosi con la Ducklair Tower,
divenuta la D.A. Government Tower, un nuovo immenso quartier generale da cui poter
controllare tutta la città. Servounità di sorveglianza iniziarono presto a vagare per le
strade, rendendolo grazie a Uno praticamente onnipresente; la sua polizia robotica e umana
reprimeva ogni minima violazione della legge (che aveva saggiamente provveduto a
ritoccare, 'irrigidendola' un pochino qua e là) nella violenza. Fu allora che il generale
Wisecube venne a prenderci - tanto oramai vivevamo soli -, offrendoci di entrare nella
Resistenza che in quel periodo stava formando. Ci insegnò a combattere, e a difendere i
nostri ideali. Forse lo fece pensando che Dark Avenger avrebbe avuto remore a combattere
contro i suoi stessi nipoti, ma non fu così. Più tardi tra le fila dei ribelli entrarono
anche Reiko Takeda, figlia di Shinobu Takeda, e Adam Mood."
"Adam e Reiko
nella Resistenza?"
"Tra i pochi vantaggi conseguiti alla presa del potere da parte di Dark Avenger ci fu
una straordinaria accelerazione tecnologica, specie nel settore telematico: già cinque
anni fa era diventato possibile connettersi alla rete tramite un cavo inserito nel proprio
sistema nervoso centrale. Adam operava da fuori, dalla Nuova Zelanda. Era uno dei nostri
migliori hackers, finché una scarica neurale di Uno lo rintracciò e distrusse il suo
corpo. Sopravvisse, ma ad un prezzo terribile: la sua coscienza rimase intrappolata nel
cyberspazio, senza più un corpo fisico a cui fare ritorno. Così non ebbe altra scelta
che diventare DOOM, dal suo vecchio nickname, e trasformarsi nel sistema operativo della
nostra base. Probabilmente ora è morto anche lui, se non si è scaricato da qualche
parte. Reiko invece era il capo dei nostri hackers, la più brava che si fosse mai vista.
Ma la bravura non la salvò da un potente virus nero, che la raggiunse durante l'assalto
ai sistemi informatici della Ducklair Tower. Il suo corpo fu devastato, e il suo archetipo
disassemblato. Un virus nero distrugge non solo il tuo corpo, ma anche la tua coscienza.
Di lei non è rimasto che il ricordo di un'eroina, che si è sacrificata per farci
giungere i progetti del portale che mi ha permesso di trovarti."
Pk notò qualcosa di inconfondibile nella voce del nipote.
"Tu le volevi bene, non è vero?"
"Lei era già impegnata con il figlio del dott. Harris. E poi era un soldato. Sapeva
quello a cui andava incontro."
Pk preferì non infierire oltre.
"Che fine hanno fatto tutti i miei amici e i nostri parenti?"
"I tuoi amici non li conoscevo tutti, ma so benissimo cosa ne è stato dei nostri
parenti. Sei sicuro di volerlo sapere?"
"Sì.", disse deglutendo.
"Zio Paperone lo uccidesti anni fa con le tue stesse mani, impadronendoti del suo
impero finanziario e di quello di tutti gli altri miliardari della città. Apprendendo la
notizia, Brigitta si suicidò, mentre Nonna Papera morì lentamente di dolore per suo
fratello e per te. Rockerduck morì in seguito a un'indigestione di bombette. Filo Sganga
non so, credo che abbia accettato il regime e vivacchi facendo il commerciante. Pico ha
lasciato la città poco prima dell'ascesa di Dark Avenger, non so per dove: non ho notizie
di lui da almeno quattordici anni. Archimede lo hai visto tu stesso: collabora con la
Resistenza, nel tentativo di espiare i suoi peccati e i suoi sensi di colpa per averti
'creato' come Paperinik all'inizio della tua carriera. I dolori a cui è stato sottoposto
lo hanno invecchiato nello spirito e nel corpo; un colpo fortissimo però è stata la
'morte' di Edi, schiacciato da un neurodroide di sorveglianza. Paperoga, Pennino, Sgrizzo
ed alcuni altri sono stati soppressi nei campi di detenzione come tutti i cittadini con un
quoziente intellettivo troppo basso, perché soggetti del genere 'impoveriscono il genoma
papero'. I Bassotti sono stati sterminati a livello mondiale, dalla rete di agenti
internazionali che Dark Avenger ha messo su negli ultimi tempi."
"È terribile
e Paperina?"
"La zia Paperina alla fine si è messa con Gastone, e poco prima che prendessi il
potere si sono trasferiti insieme a Ocopoli, dove sono emigrati la maggior parte dei
malviventi paperopolesi in seguito ai nuovi metodi di Dark Avenger; lì Gastone l'ha
sfruttata per aprire un giro di prostituzione di basso borgo, a cui ha obbligato a
partecipare anche Emy, Ely ed Evy, ormai diventate grandi. È diventato ricco in nove anni
di attività di magnaccia
"
"Maledetto vigliacco! Davvero ha fatto questo?!"
"Sì, ma per una volta la sua fortuna non gli ha giovato tanto."
"E perché?"
"Beh
prima di andarsene ha contratto un virus - ma credo che lo abbia infettato
tu stesso - che lo ha reso pelato come una biglia, flaccido come un maiale, ma
soprattutto
impotente come un palloncino sgonfio."
Se non fosse stato per la drammaticità della situazione, Pk sarebbe scoppiato a ridere;
ma si concesse soltanto un sorriso tra sé e sé. Forse allora era vero quando si diceva
che la Giustizia colpisce tardi, ma colpisce.
"Ma se davvero il mio alter ego è così potente, perché non domina ancora il
mondo?"
"Perché prima deve finire di consolidare il suo potere: sotto la Government Tower
sta costruendo un immenso esercito di macchine da guerra per marciare su tutti gli Stati
Uniti e poi, probabilmente, sul mondo intero. Ma questa per lui è solo una
'seconda
scelta'. In realtà ha in mente qualcosa di infinitamente peggiore."
"E ti pareva
sarebbe a dire?"
"Beh
hai mai sentito parlare delle Sette Chiavi? Quelle di cui parla la Bibbia
cristiana?"
"Uh
sì, certo
"
"La Bibbia dice che chi possiede le Sette Chiavi potrà aprire le porte del Cielo,
provocando il ritorno di Cristo sulla Terra e il Giorno del Giudizio. In realtà, Dark
Avenger ha scoperto nel corso delle sue avventure che le cose stanno in modo un po'
diverso. Le Sette Chiavi esistono davvero: si tratta di sette oggetti di immenso potere
mistico, che se riuniti sono in grado di trasformare il loro possessore in un essere
virtualmente pari a Dio stesso. Questi sono: la Coppa di Luce, l'Artiglio della Tigre, il
Necronomicon, la Lancia del Destino, lo Scudo di Manitou, il Martello di Thor e il Sigillo
del Crepuscolo."
"Cosa? Ehi, un attimo
hai detto 'Coppa di Luce'?"
"In effetti alcuni potresti già conoscerli
"
"Infatti ho avuto già a che fare con la Coppa di Luce, ma non so nulla degli
altri."
"L'Artiglio della Tigre è una spada magica vivente, forgiata millenni orsono da un
antico spirito dell'aldilà, fatta per essere impugnata da un guerriero di proporzioni
leggendarie. Il Necronomicon è il più potente libro di magia nera dell'Universo, un tomo
vivente in grado di incanalare il potere dei morti. La Lancia del Destino o Lancia Sacra
è quella che trafisse il fianco di Cristo, impregnatasi dopo di ciò di un potere al di
là della comprensione umana. Lo Scudo di Manitou è l'incarnazione fisica del Dio
indiano, che a quanto si dice contiene il suo stesso spirito. Il Martello di Thor non ha
bisogno di presentazioni, se conosci un minimo di mitologia nordica. Il Sigillo del
Crepuscolo è un medaglione magico, di un materiale ultraterreno, che costituisce la
chiave d'accesso al mondo dei morti e uno scudo invincibile contro qualunque magia."
"Fiiiico
"
Qui gli rivolse un'occhiataccia, e capì di aver parlato a sproposito; poi il generale
proseguì.
"Quando Dark Avenger ha scoperto il potere che questi oggetti potevano offrirgli, si
è messo alla loro ricerca; una ricerca che durava ormai da anni. Di alcuni, quali
l'Artiglio della Tigre, la Lancia del Destino, il Necronomicon e il Sigillo del
Crepuscolo, è entrato in possesso in poco tempo, mentre per avere lo Scudo di Manitou, il
Martello di Thor e la Coppa di Luce ha dovuto addirittura viaggiare tra le dimensioni,
dalla terra del Popolo Rosso a quella di Shemel. Un anno fa era riuscito finalmente a
radunarli tutti, ma al prezzo di molte vite e del sacrificio di Urk la Resistenza era
riuscita a sottrargli lo Scudo di Manitou. Il problema è che, al momento dell'attacco, lo
Scudo era custodito nella base, e temo che Dark Avenger se ne sia impadronito. Se questo
è accaduto, sarebbe una catastrofe irreparabile: nulla potrebbe impedirgli di dominare
l'Universo! Se non riusciamo a fermarlo questa volta, sarà proprio la fine
"
Una volta di più, Pk si stupì di come le cose potessero peggiorare ancora quando credeva
che non potessero andare peggio
"Bene
davvero fantastico! Così adesso non solo dovremo salvare Qua, ma anche
impedire al mio alter ego di trasformarsi nel maledetto dio Hitler! Grandioso
"
"Ah
c'è un'altra cosa. Ma temo che non ti piacerà affatto."
"Dimmi pure, tanto oggi siamo in tema di cattive notizie.", commentò Pk
massaggiandosi le tempie.
"Si tratta di Reginella."
In un istante terribile, il gelo calò nella stanza. Pk si bloccò. Sentì il suo cuore
mancare un battito. Reginella: la straordinaria sovrana di Pacificus, la donna che aveva
amato così disperatamente sin dal primo istante in cui l'aveva incontrata; un sogno breve
che aveva avuto occasione di sfiorare troppo poche volte per troppo poco tempo, sempre
divisi dai loro mondi e gli obblighi del comando, ogni volta un brusco risveglio.
Lentamente, quasi meccanicamente, si tirò su a sedere sulla branda e si voltò verso il
nipote che lo guardava con aria seria.
"Cosa è successo a Reginella?", chiese con fare inquisitorio,
terrorizzato dalla risposta.
"Beh
in realtà non si sa quasi nulla di sicuro, ci sono solo voci. Certo è
che, alcuni anni prima della sconfitta di Evron, Pacificus fu invaso e distrutto dagli
evroniani. Per creature che si nutrono di emozioni, la patetica disapprovazione degli
abitanti fu niente di più che un gustoso e ricco banchetto. La richiesta di aiuto ti
arrivò troppo tardi: giunto con l'astronave sul pianeta, non trovasti che rovine. Nulla
si conosce sul fato di Reginella, ma ci sono voci secondo le quali sia sopravvissuta al
massacro. Nient'altro."
Se fino ad ora la giornata era andata peggiorando, adesso faceva davvero schifo.
Cap. 6 - Il Sogno vivrà!
Archimede irruppe nella stanza come se avesse avuto il diavolo in corpo.
"QUI! PAPERINIK! Presto, venite a vedere! Il Ministro dell'Informazione Angus Fangus
sta parlando in televisione della Resistenza!"
Qui e Pk scattarono in piedi e si precipitarono al piano di sopra; Pk non poteva credere
alle sue orecchie.
"Ho sentito bene?", chiese a Qui. "Angus Fangus
Ministro
dell'Informazione???"
"Sì.", spiegò Qui. "È stato nominato da te quando hai preso il potere:
se il tuo principale detrattore avesse approvato il tuo regime, sarebbe stata una bella
pubblicità per te. E così, tra offerte in denaro e minacce, anche lui si è
corrotto."
"Questo è davvero il massimo
Angus che lavora per me! Se glielo raccontassi
non ci crederebbe mai!", disse Pk, mentre il trio prendeva posto davanti alla
televisione.
"Sssh! Fammi sentire!", replicò Qui per tutta risposta. "Archimede, alza
il volume!"
">>Bzzz<<
ittadini,
questo è un gran giorno per >>ffrrr<<
aperopoli. Finalmente,
dopo anni di crociate, il nostro nobile condottiero Dark Avenger ha definitivamente
sconfitto la Resistenza dei ribelli, distruggendo la loro ultima base segreta e catturando
il loro capo Qua. GIOITE, PAPEROPOLESI! La piaga che infestava la nostra serena Paperopoli
e turbava la nostra pacifica comunità con orribili atti terroristici è stata finalmente
debellata! Nella sua infinita saggezza, Dark Avenger ha decretato che domani mattina il
traditore e ribelle Qua sarà giustiziato nella pubblica piazza della D.A. Government
Tower per i suoi crimini contro la comunità. Tutti i cittadini sono invitati a
partecipare o a seguire l'evento in diretta televisiva o su Internet: vi ricordo che
cambiare canale durante l'esecuzione o disconnettersi sarà considerato un reato passibile
di pena. Buona serata!"
>>CRASH!!!<<
Qui sfondò con il suo pugno meccanico lo schermo del televisore, che andò in mille pezzi
spargendo scintille da tutte le parti. Respirava affannosamente, come se avesse fatto una
fatica enorme, e tremava come una foglia. Pk e Archimede, invece, erano rimasti muti come
pesci.
"Maledetto demonio
MAI avrei creduto che potesse arrivare a
tanto!", disse Qui, con voce bassa e insicura. "Vuole far giustiziare suo nipote
in pubblico, per dare un esempio a tutti quelli che si oppongono al suo fottuto regime
perfetto
"
Pk gli mise una mano sulla spalla.
"Noi lo salveremo, Qui. Te lo prometto."
"No, non lo faremo."
"C-che cosa?"
"Non possiamo salvarlo. Possiamo solo assistere all'esecuzione. La piazza scoppierà
di gente, soldati e armi. Se solo provassimo qualcosa, ci ucciderebbero in un istante.
Forse se avessimo qualche uomo a disposizione potremmo tentare una sortita, ma in
due
è impossibile."
"No, non è possibile! Mi rifiuto di accettarlo!"
"Devi."
"Qui, io non lascerò morire mio nipote sulla forca! Preferirei crepare io stesso che
lasciar accadere una cosa del genere!"
"Allora lo farai."
"Certo che lo salverò!"
"No. Intendevo crepare."
"Qui, dev'esserci un modo!"
"No, che non c'è! Tanto per cominciare, eseguono su tutti il controllo delle
armi all'entrata della piazza, con sistemi basati su tecnologia Ducklair più sofisticati
e intelligenti di quelli regolari: il che significa che non è possibile far entrare
qualunque tipo di arma tecnologica, montata o smontata, né le mie pistole, né tantomeno
il tuo Extransformer basato anch'esso su tecnologia Ducklair; poi c'è un soldato armato
di fucile laser ogni cinque metri, lungo tutto il perimetro della piazza; infine ci sono
anche i neurodroidi di sorveglianza sparsi qua e là, diversi D-52 che controllano la zona
dall'alto, e come se non bastasse sarà presente anche Dark Avenger in persona! Ora, che
pensi di fare per salvare Qua? Vuoi entrare e chiedere il permesso di portarlo a fare una
passeggiata?"
"Sai, Qui
potrebbe essere una buona idea
"
La piazza era gremita di persone, tutte accorse per vedere l'esecuzione pubblica del capo
dei ribelli; alcuni erano lì per curiosità, altri perché li avevano costretti per
strada, altri ancora attratti semplicemente dal cibo in omaggio che altrimenti
scarseggiava. In realtà, pochi erano quelli davvero entusiasti di quella manifestazione
sanguinaria di regime. Tra la folla, nessuno notò due individui vestiti di un saio con
cappuccio che nascondeva per intero il loro corpo.
"Ok,", disse Pk, "ecco il piano: attiriamo una guardia in un luogo
appartato, la stendiamo, tu ti metti la sua uniforme; poi io mi spaccio per
quello
sfruttando il nostro identico aspetto fisico, e fingeremo che tu sia la mia guardia di
scorta personale. Arriviamo alla cella dove tengono Qua, facciamo finta di condurlo alla
piazza, lo portiamo fuori e poi vediamo di impedire al mio alter ego di diventare un Dio.
Che te ne pare?"
"È una follia tale
che potrebbe addirittura funzionare. Ma se ci beccano siamo
morti tutti quanti."
"Qui, io devo tentare! Lo capisci questo?"
"Zio, guarda che non è solo tuo nipote che deve essere ucciso tra poco, ma è anche mio
fratello! Siamo insieme da 25 lunghi anni, e ti assicuro che non ho nessuna voglia di
vederlo morire! Ma so anche che Qua non vorrebbe che morissimo entrambi per salvare lui.
Se perdessimo la vita per salvare la sua, ci odierebbe."
"E se ci fosse anche solo una minima possibilità di salvarlo a costo della mia vita
e non la sfruttassi, mi odierei io!"
"E credi che per me non sarebbe lo stesso?"
Pk vide negli occhi del nipote uno sguardo che non aveva mai visto prima, e ne restò
impressionato.
"
Sì."
"Bene. Andiamo, allora: non abbiamo molto tempo. Per prima cosa, recuperiamo il
costume e gli altri giocattoli."
I due si spostarono in un luogo appartato, e Pk azionò il comando a distanza
dell'Extransformer, che era stato nascosto in un secchione cento metri prima della piazza
della Government Tower. Entrando completamente disarmati avevano evitato i controlli, ed
ora si facevano consegnare l'attrezzatura a domicilio. Dopo pochi istanti l'Extransformer
arrivò in volo, con una borsa attaccata al crasher che conteneva l'equipaggiamento da
battaglia di Pk e le armi di Qui, seguendo un percorso preprogrammato e studiato
appositamente per non farsi notare dalla sorveglianza. Senza farsi notare si rivestirono
rapidamente. Poi Qui salì sulla schiena di Pk, che attivò la schermatura morfosimbiotica
rendendoli invisibili e, utilizzando gli scarponcini a variazione di coesione
intermolecolare e gli artigli del guanto sinistro, iniziarono a scalare la torre.
Finalmente arrivarono a una finestra aperta, e dopo aver controllato se la via fosse
libera scivolarono dentro.
"Certo che sei pesante, Qui..."
"Fatti tu dieci anni di palestra e mettiti un braccio di metallo, e poi ne
riparliamo... vieni, dobbiamo sbrigarci!"
Pk e Qui si nascosero dietro una colonna del palazzo, mentre un soldato solo stava
passando per il corridoio.
"Qui, è il momento: allora, io lo chiamo e tu lo stendi, ok?"
"Sono pronto."
Pk uscì allo scoperto, confidando nella sua perfetta somiglianza con il suo alter ego.
"SOLDATO!"
Il soldato si voltò al suono della sua voce, e appena lo vide scattò sull'attenti
gridando "SISSIGNORE!"
"Sssshhh! Vieni qui, soldato, devo parlarti!"
"Signorsì, Signore!"
Il soldato lo seguì nell'angolo buio, senza rendersi conto di star dando le spalle a Qui.
"Allora, soldato
buonanotte."
"Cosa, Signore? Non capisc
#"
Improvvisamente il soldato strabuzzò gli occhi e cadde a terra morto, trafitto da una
pugnalata nella schiena.
"Ecco fatto.", commentò Qui, rinfoderando il coltello sporco nella cintura.
"QUI! Ma
MA CHE HAI FATTO???"
"Cosa vuoi che abbia fatto?"
"Dovevi solo stordirlo, non pugnalarlo!!! L'hai ucciso!"
"CERTO, che l'ho ucciso! Se non te ne sei accorto, qui sono le nostre vite che ci
giochiamo! Se questo rinviene e da' l'allarme, poi che facciamo?"
"Io
io non ti riconosco più! Come puoi essere così distaccato? Hai appena
ucciso un uomo a sangue freddo! Per te non significa niente???"
"E per te, non significavano niente tutte le vita che hai
che il tuo alter ego
ha distrutto? È questo che facciamo ogni giorno, zio! È questo che abbiamo dovuto
imparare a fare per difenderci, per sopravvivere! Uccidere per non essere uccisi: è molto
semplice! Se io uccido lui, lui non può più uccidere me. E stai tranquillo, che non
avrebbe avuto remore a farlo. Se non hai stomaco per fare quello che è necessario, allora
stanne fuori!", disse mentre si infilava l'uniforme del soldato.
"Qui, io
io non ti ho educato così!"
"Le cose sono troppo cambiate per essere come una volta, zio: il mondo è troppo
cambiato, e noi siamo troppo cambiati. Non sono più il ragazzino che ricordavi, ma un
capo della Resistenza e un assassino consumato. Credi che nelle battaglia a cui ho
partecipato facessi la ragazza pon-pon, forse? Io ero sul campo, al fianco dei miei
uomini, e in quell'inferno che TU hai creato non si può fare a meno di uccidere. Come hai
detto tu, non c'è più spazio per la pietà. E adesso andiamo, prima che ci scoprano,
Biancaneve!", tagliò corto mentre nascondeva il cadavere alla meglio.
Pk era completamente stravolto. Non riusciva a capacitarsi che il suo dolce nipotino Qui
fosse cambiato fino a tal punto, e soprattutto che lui ne fosse il responsabile. Lo aveva
lasciato che era un ragazzino innocente, e ora se lo ritrovava davanti come un uomo fatto,
duro e arrabbiato, privo di scrupoli anche se si trattava di uccidere a sangue freddo. Era
come se anche il suo spirito si fosse infettato, corrotto dagli anni di sofferenze. A
vederlo così gli si spezzò il cuore. Questa realtà era davvero qualcosa di spaventoso,
la più grottesca parodia di tutto ciò che gli era caro. Era tutto... sbagliato. Per le
persone che vivevano qui sembravano non esistere sentimenti, pietà, senso dell'onore. Le
anime tutti quelli che avevano incontrato erano vuote, spente, anche quella di suo nipote.
I ribelli dicevano di voler salvare la città, ma non c'era niente da salvare. C'era solo
il deserto, dentro e fuori di loro. Quella Paperopoli era senza dubbio il luogo più
orribile e desolante che avesse mai visitato. Incapace di dire altro a suo nipote, Pk
rimase zitto e si limitò a seguirlo, pensando a lui non più come un parente, ma come un
alleato.
"Bene: ora che siamo entrati nel palazzo, dobbiamo scendere nei primi piani
sotterranei, dove si trovano le prigioni. Da che parte?", chiese Qui.
"Hanno cambiato un po' le cose, qui, ma se non ricordo male le scale erano...
seguimi!"
Trovarono una tromba delle scale e iniziarono a precipitarsi giù.
"Sei sicuro che andiamo bene per di qua?"
"Credo di sì."
"Credi o sei sicuro?"
"Sono sic..."
Uno squillo di trombe li interruppe. Per un istante Qui sembrò paralizzato, poi corse ad
una finestra e si sporse dal cornicione.
"Oh, no! No! NO!"
"Che succede, Qui?!", chiese Pk allarmato.
"L'irreparabile! Guarda!"
Due enormi battenti della Government Tower si spalancarono lentamente, e sopra un carro,
incatenato alle braccia e al collo, costretto in ginocchio, scortato da una ventina di
soldati, Qua andava verso il patibolo.
"Hanno anticipato l'esecuzione! MALEDIZIONE!!!"
"E adesso che facciamo, Qui?"
Qui non apriva becco, fissava soltanto il carro che si muoveva lento sui pneumatici
pesanti.
"Non possiamo
non possiamo fare più nulla. Le nostre armi sono insufficienti.
Il posto è pieno di soldati e di gente, e Qua è incatenato troppo bene per liberarlo con
un paio di colpi da cecchino. Siamo
impotenti."
"NO! NO!!! CI DEV'ESSERE UN MODO PER
SALVARLO!"
"Guarda, invece di blaterare!"
Due soldati avevano portato Qua giù dal carro, e ora lo stavano facendo salire su un
cerchio di pietra illuminato di circa quattro metri di diametro, con due colonne inclinate
che si congiungevano in una trave d'acciaio e lo attraversavano. Alla trave erano
attaccati due ceppi metallici, a cui Qua venne assicurato. Gli strapparono di dosso quello
che rimaneva dei suoi vestiti, lasciandolo a torso nudo. Sul suo torace e sul resto del
corpo atletico si contavano diverse cicatrici, e alcune frustate fresche. Eppure il
ribelle non dava segni di sofferenza alcuna, anzi guardò dritto negli occhi suo zio,
seduto su un trono a due metri d'altezza, che dava lo schienale ai due eroi. Sembrava non
esserci traccia alcuna sul suo volto della paura che gli attanagliava lo stomaco.
L'araldo lesse il proclama.
"Per essersi macchiato di orribili crimini contro il regno illuminato di Dark
Avenger, per aver cospirato contro l'ordine costituito, e aver attentato alla vita del
nostro nobile leader, il capo dei ribelli Qua viene condannato alla pena capitale, con
esecuzione tramite Fuoco Sacro."
"OH, NO!", esclamò Qui con terrore. "IL FUOCO SACRO NO! Dio, ti prego,
tutto ma non quello! NON QUELLO!!!"
"Qui! Che cos'è questo Fuoco Sacro? Vogliono bruciarlo sul rogo?"
"No, è molto peggio! È la morte più orribile che si possa fare!"
"Che vuol dire?! Spiegati meglio!"
"Ti viene iniettata una sostanza letale che devasta il corpo dall'interno. Gli organi
si liquefanno, i muscoli si contraggono spasmodicamente fino a spezzarsi e a rompere tutte
le ossa, i vasi sanguigni esplodono per l'aumento di pressione e ti senti il sistema
nervoso come in fiamme: è una morte lenta e atroce, e noi della Resistenza non siamo mai
riusciti a replicare l'antidoto che possiede solo Dark Avenger."
"E vogliono
voglio fare questo a Qua?!"
"No: lo stanno già facendo!", disse indicando il patibolo. Ad un segno di Dark
Avenger, il boia eseguì l'iniezione letale nel braccio del ribelle. All'inizio sembrò
che non succedesse niente; poi un fremito, un urlo, e il corpo di Qua iniziò a contrarsi
come in preda alle convulsioni. Man mano che il dolore cresceva, Qua lottava per
sopportare quella terribile prova. Un fiotto di sangue gli uscì dal becco, e macchiò la
pietra ai suoi piedi. Le ossa delle sue gambe si spezzarono in più punti diversi, e le
vene più esterne sotto la pelle iniziarono a esplodere, spruzzando sangue scuro un po'
ovunque come inchiostro da una penna. Con crescente orrore, Pk si rese conto di non poter
far altro ormai che assistere impotente alla fine di suo nipote. La stessa impotenza che
aveva avuto con Quo. Mentre altre due costole si sbriciolavano, Dark Avenger parlò dal
suo trono al nipote agonizzante.
"So che è doloroso, Qua. Ti sembra che le fiamme dell'Inferno ti stiano devastando
dall'interno, e ciò non è molto lontano dalla verità. Ma io posso porre fine a tutto
questo, dandoti una morte rapida. Cessa questa futile lotta, dì una volta per tutte che
il tuo sogno è morto, e io ti risparmierò ulteriori sofferenze. Il tuo coraggio è
encomiabile, ma vale davvero la pena sopportare tutta questa agonia per una causa morta e
sepolta?"
I bicipiti di Qua scoppiarono come palloncini. Le grida di dolore del ragazzo erano
strazianti. Pk, vinto dalla disperazione, fece per gettarsi dal balcone verso la piazza,
gridando il nome del nipote, ma qualcosa lo fermò. In preda alle lacrime si voltò verso
Qui, urlando: "MALEDETTO VIGLIACCO!!! COME PUOI
TRATTENERMI?! È TUO FRATELLO QUELLO CHE STA MORENDO LAGGIÙ! POSSIBILE CHE NON TE NE
FREGHI NIE
". Si zittì improvvisamente. Qui guardava in basso tra le
lacrime, e Pk notò che un rivolo di sangue gli scendeva dal becco: per non gridare si era
morso la lingua così forte da farla sanguinare. Solo allora capì l'amore che aveva per
suo fratello e la forza d'animo che stavano dimostrando entrambi, e che se fosse stato
possibile avrebbero dato l'uno la vita per l'altro. Vivi oggi e combatti domani, questo
era il patto tra uomini che li univa e guidava le loro azioni; anche se questo significava
affrontare il dolore. E lui lo capiva solo adesso. Oltre a non aver ancora combinato
niente, stava anche scaricando il suo dolore su Qui.
"Qua, smettila di fare le repliche di Braveheart! Non devi essere un martire! Grida
che il tuo sogno è morto, gridalo forte, e sarai libero, oltre il dolore! Devi solo
dirlo, e avrai l'antidoto!"
Mentre una massa carnosa esplodeva fuori dall'addome di Qua e la sua colonna vertebrale si
rompeva come un ramoscello, le mani di Dark Avenger si avvinghiarono forte sul bracciolo
del trono. Una parte di lui avrebbe voluto correre da Qua, gettarsi ai suoi piedi,
abbracciarlo e coprirlo di baci, salvare la sua vita appesa un filo e dirgli quanto gli
voleva bene, quanto gli era mancato, e dirgli che sarebbero usciti da quel brutto periodo,
che era tutto passato, che sarebbero stati insieme per sempre. Una parte di lui che doveva
morire.
"I
il
il
"
"Bravo! Avanti, dillo! DILLO, E SARAI LIBERO!"
"Il
S
Sssogno
è
è
"
"FORZA!", lo incitò Dark Avenger,
mentre si alzava in piedi col pugno chiuso.
Qua gettò uno sguardo alla folla. Tra le persone che fissavano il suo corpo devastato
inorridite, notò una sola figura calma e serena, come la pace di un prato in fiore. Era
una bambina, con i capelli neri a caschetto e degli orsetti ricamati sulla camicetta, che
non sembrava essere nemmeno lì per quanto appariva eterea. Gli sorrise dolcemente.
"VIVOOOOOOOOOO!!!!!!!!",
gridò Qua con tutta la vita che gli restava in corpo, mentre la sua cassa toracica
scoppiava in una doccia di sangue e ossa. Mentre il suo cuore cessava di battere, vide che
accanto alla bambina ora c'era anche Quo, e i due si tenevano per mano e gli sorridevano.
Lui capì, e chiudendo gli occhi ricambiò il loro sorriso.
Qui si lasciò andare con la schiena addosso alla parete, scivolando fino a terra,
incapace di accettare che il suo gemello non era più con lui. "Non ci siamo
neanche salutati un'ultima volta", pensò dolorosamente. Poi notò che Pk,
invece, non si muoveva. Ma tremava, come una foglia. Improvvisamente, sotto la stretta
delle sue mani potenziate dal costume, il bordo del balcone esplose in briciole.
"Zio Paperino
?"
"Oggi, davanti a te, Qui, faccio un giuramento solenne. Sull'anima di Qua, io giuro
che non avrò pace finché non avrò preso quel demonio e gli avrò strappato il cuore con
le mie mani, dovessi inseguirlo fino all'Inferno stesso! LO
GIURO!"
Voltandosi verso di lui, Qui vide che gli occhi di suo zio Pk dietro la maschera erano
diventati completamente bianchi
senz'anima. E si rese conto che stavolta avrebbe
davvero tenuto fede alla sua parola.
- Molti piani più in alto -
Affacciata ad un piccolo balcone ai piani alti della torre, una figura dimenticata,
completamente coperta di un saio nero, aveva assistito con freddo orrore a tutta la scena.
Soltanto dopo parecchi minuti si chiese, a bassa voce, una domanda che quasi non osava
formulare.
"Che cosa ti hanno fatto?".
- Un ufficio ai piani alti degli studi del D.A. Channel -
Angus spense il vecchio televisore con calma flemmatica. Ascoltò con attenzione la
corrente sfrigolare mentre l'elettricità statica al suo interno si disperdeva nell'aria.
Per diversi minuti indugiò a fissare lo schermo grigio e vuoto, come se fosse ancora in
attesa di qualcosa. Ma di che cosa? Di una mano dal cielo? Non sarebbe mai arrivata, non
per i vigliacchi come lui. Erano quattordici anni ormai, quattordici lunghi anni, che si
nascondeva. Si nascondeva dietro una telecamera, dietro il potere, dietro i soldi, dietro
la facciata che un tempo tanto disprezzava nei potenti. Si nascondeva da una cosa che
pensava di non aver mai avuto: dalla sua coscienza.
Dalla sua vergogna.
Aveva accettato compromessi. Vissuto nella paura e nella mediocrità. Chiuso gli occhi
davanti all'ingiustizia. Nascosto o esaltato atrocità. Fatto patti con il diavolo. Forse
per necessità, forse per sopravvivenza; ma aveva firmato. E ora lo stesso diavolo era
passato a riscuotere. Aveva preso la vita di un ragazzo coraggioso, che aveva avuto la
forza di lottare per un ideale e sostenerlo fino in fondo. Una cosa che lui non riusciva
neanche a ricordare, tanto era lontana.
Abbassò lo sguardo, passando dallo schermo al pavimento, e si portò la testa tra le
mani. E sottovoce, sussurrò: "Mio Dio
cosa abbiamo fatto. Cosa abbiamo
fatto?"
Improvvisamente prese il televisore e lo scaraventò addosso al muro, fracassandolo, e
gridando ancora, a squarciagola: "COSA HO FATTOOOO?!?!?!".
Ansimava.
"È a questo che mi ha condotto la mia meschinità?", pensava. "Ad
appoggiare l'omicidio di un giovane che lottava per salvarci tutti, a non muovere un dito
mentre veniva ammazzato come un cane? Ho salvato il mio clan dall'annientamento, mi sono
riempito le tasche
ma a che prezzo? Mio Dio
che cosa sono diventato?"
Chiuse a doppia mandata la porta della stanza, e sprofondò nella sua poltrona di pelle.
Fissò tutti i begli e inutili oggetti che decoravano la sua scrivania, con crescente
disgusto. Li gettò tutti a terra con la mano, facendo piazza pulita; poi tirò fuori una
chiavetta, aprì l'ultimo cassetto, e prese
un sigaro, e se lo mise nel becco.
Chissà se, come dicevano, la strada per l'Inferno era lastricata di buone intenzioni. Se
lo era sempre domandato, e ora si sarebbe tolto la curiosità. Voleva fare proprio un bel
servizio, da prima serata, pensò con ironia.
Bussarono alla porta, chiamandolo. No, pensò tra sé e sé, il rispettabile
Signor Ministro dell'Informazione Angus Fangus oggi non è disponibile. Riprovate domani,
la mia segretaria vi fisserà un appuntamento.
Un attimo prima di premere il grilletto del
sigaro, in cuor suo, ringraziò Qua per
avergli ridato almeno un po' di coraggio.
Cap. 7 - La preda
L'accesso a quella stanza era permesso soltanto a lui: era l'unico che potesse entrare o
uscirne. I sensori lo riconobbero automaticamente, e la porta scorrevole si aprì con un
sibilo in un istante, richiudendosi subito dopo il suo ingresso. Scansò il velo rosa che
fungeva da séparé, entrando in un'ampia sala riccamente decorata con bellissimi mobili e
tappeti di lusso. Un'unica finestra dava sul mondo esterno. Di fronte a lui, in fondo,
contornata da cuscini di seta, stava inginocchiata una figura minuta, completamente
coperta da un saio nero di velluto. Dark Avenger le si sedette di fronte, su una morbida
poltrona rossa.
"Come va oggi, amore mio?"
La figura coperta da un saio nero rimase immota, in silenzio.
"Cos'hai? Perché non mi parli?"
"
Perché?"
"Perché cosa?"
"Perché lo hai fatto? Qua era tuo nipote. Come hai potuto giustiziarlo? Perché non
hai voluto salvarlo?"
"Era mio dovere, lo sai. Qua era un ribelle. Non sottomettendosi, ha scelto il suo
destino."
"Ma era sangue del tuo sangue!"
"Questo non ha la minima importanza per me. Non più."
"Non è dunque rimasto nulla del papero che un tempo amavo?"
"No, mia Regina. Nulla. A parte i miei sentimenti per te, naturalmente."
"Eppure un tempo eri diverso. Eri così buono e generoso. Ogni volta che io avevo
bisogno di te, tu accorrevi su un cavallo bianco. E ogni volta mi salvavi."
"E ogni volta eravamo costretti a dividerci, in nome di stupidi principi che hanno
finito per distruggere la tua gente."
"Ora sei tu che ci dividi."
"Possibile che neanche tu comprenda la mia Missione, amore mio?"
"Tutto quello che comprendo è che colui che amavo è morto da tempo, e il mio mondo
con lui."
"Il mio amore per te è sopravvissuto."
"Allora provamelo.", disse lei, estraendo una vecchia chitarra da un baule lì
vicino. "Suona per me, come facevi quando eravamo giovani. In quelle serenate mettevi
tutto il tuo amore. Riesci ancora a farlo? Riesci a far vibrare le corde con il tuo
cuore?"
Dark Avenger prese la chitarra in mano con rude e malcelata titubanza. Il suo legno era
vecchio e consumato dai tarli, i suoi colori smorti; ma emanava ancora quell'allegro odore
di serenate attorno al fuoco, e di sentimenti sinceri ormai ingialliti dal tempo. Provò
ad imbracciarla: a stento ricordava la posizione delle dita sulle corde. Riuscì a tirarne
fuori qualche nota stiracchiata, ma presto una corda consumata si ruppe e gli sferzò il
volto causandogli un piccolo taglio, quasi in segno di disprezzo. Con un grido di
disappunto, Dark Avenger scagliò lo strumento verso il muro, frantumandolo in mille
pezzi. La figura incappucciata restò immobile. Dark Avenger la fissò con uno sguardo
indecifrabile, fra l'ira, la sfida e il disprezzo; per un istante sembrò volesse dire
qualcosa, poi uscì dalla stanza in preda a una furia feroce.
Lei si chinò sui resti della chitarra distrutta, e ne prese tra le mani il più grande,
come una madre fa con un figlio. Iniziò a singhiozzare, poi a piangere in silenzio. E
sottovoce disse: "Cosa ti ha fatto, Paperino mio?".
- Centoquaranta piani più in basso -
"Zio... ascolta, so che quello che è successo è tremendo, e anch'io voglio
vendicarmi, ma se ci teniamo a farlo dobbiamo cercare di mantenere il controllo della
situazione... dobbiamo nasconderci..."
Pk era immobile, che guardava nel vuoto e non rispondeva.
"Zio, avanti... non rendermi le cose più difficili di quanto non lo siano già: Qua
era il mio unico fratello, e ora l'ho perso... ti prego, qui potrebbero vederci..."
Era come se fosse in catalessi. Non lo ascoltava minimamente. Qui cercava di riflettere
sul da farsi, quando improvvisamente scattò l'allarme anti-intrusione.
"OH, MERDA! Devono aver trovato il cadavere! Zio, dobbiamo andarcene, SUBITO!"
Già per il corridoio si sentiva il suono di decine di stivali di soldati.
"ZIO! SVEGLIA!"
Pk estrasse gli artigli, mentre l'Extransformer iniziò a caricarsi di energia.
"Zio?"
"Scappa, Qui. Va' via. Contatta l'esercito americano accampato fuori dalla città, e
digli di tenersi pronti a sferrare un assalto con tutte le forze disponibili. Ucciderò
Dark Avenger, e loro potranno espugnare la città."
"Ma, zio, che dici? Sei pazzo? Vuoi affrontare le guardie da solo?"
"VAI.", ribadì, senza guardarlo in faccia. Il tono con cui pronunciò quella
parola fece capire a Qui non c'era veramente altro da fare che obbedire a quell'ordine.
Senza neanche salutarsi, senza una parola di commiato, Qui si precipitò giù per le
scale, nel tentativo di guadagnare un'uscita sotterranea e uscire dal palazzo. Pk, invece,
si piazzò in mezzo al corridoio, saldo come una montagna e pronto ad affrontare qualunque
orda di nemici.
Un plotone di soldati finalmente uscì dall'ascensore e irruppe nel corridoio a fucili
spianati. Non poterono fare a meno di abbassare la mira per lo stupore, quando videro che
l'intruso era proprio Dark Avenger.
"M-ma... tenente! Quello non è il nostro leader?"
"Che mi venga un colpo..."
Intanto su un videofono sulla parete apparve l'immagine di Dark Avenger.
"Tenente! Avete localizzato gli intrusi?"
"Signore? Ma lei non è...?"
"Cosa?"
Pk alzò l'Extransformer, crepitante di energia, e lo puntò verso il gruppo di soldati.
"Oh, cazzo... uomini, SCANSATEVI!", gridò il tenente.
Una palla di energia partì dallo scudo, colpendo il soffitto con tremenda violenza e
seppellendo diversi uomini sotto le macerie. Veloce come un giaguaro e sgusciante come un
serpente, Pk saltò nel buco che aveva creato.
"FUOCO! FUOCO!", gridò il tenente, e i superstiti ancora coscienti riversarono
sul corridoio una pioggia di pallottole, a vuoto. Pk era già sparito, diretto all'ultimo
piano dal suo alter ego, e deciso più che mai a farsi giustizia.
"MERDA! È scappato!", imprecò il tenente. Poi estrasse un comunicatore ed
intimò: "Attivare i neurodroidi di sorveglianza! E disattivate il programma di
inibizione: sembra che ci sia in giro UN ALTRO Dark Avenger!"
Grazie alla potenza del costume speciale, Pk accartocciò in pochi istanti le porte di
metallo dell'ascensore e si intrufolò nella tromba, iniziando a correre velocemente sulla
parete in verticale. Non aveva fatto dieci piani che venne intercettato da una squadra di
droni di manutenzione, che lo sottoposero a un tiro incrociato. Pk riuscì a farne
esplodere qualcuno con dei colpi energetici, ma il loro numero sempre crescente lo
costrinse a tornare nei corridoi abbandonando la tromba dell'ascensore. Si richiuse dietro
le porte, saldandone un tratto insieme e sfuggendo temporaneamente a quegli inseguitori.
"Ecco: così staranno buoni!"
Non ebbe neanche il tempo di respirare, che una squadra di neurodroidi apparve nel
corridoio.
"ATTENZIONE! INTRUSO! Fermati immediatamente e arrenditi! Hai
violato un'area riservata! Consegnati immediatamente..."
"Sta' zitto, stupido pezzo di latta!", gridò Pk, e lanciò un potente
colpo energetico dallo scudo che fece a pezzi quattro neurodroidi. Altri robot li
sostituirono, accorrendo in massa, dando inizio a uno scontro a fuoco che fece tremare
l'intera torre. Pk si riparò dietro un angolo del corridoio dai colpi che stavano
lentamente rosicchiando la parete. Fece una capriola in mezzo al corridoio nel tentativo
di passare dall'altra parte, ma improvvisamente a causa dei colpi il soffitto cedette e
gli crollò in testa. Per qualche istante, tutto tacque. I neurodroidi smisero di sparare
e si avvicinarono alle macerie, credendo di aver neutralizzato l'intruso. Rimasero
paralizzati dalla sorpresa, quando Pk, furioso e con una ferita sanguinante sulla tempia,
si liberò dai detriti con l'impeto di un camion lanciato a tutta velocità, gridando
rabbioso.
"VOLETE LA GUERRA, BASTARDI DI LATTA?! EBBENE, GUERRA
AVRETE!"
Ormai carico di adrenalina e incazzato come non mai, Pk estrasse gli artigli e si gettò
sul gruppo di robot, travolgendoli con l'impeto della sua furia. In pochi secondi fece a
pezzi una dozzina di neurodroidi, tra colpi di artigli e spari. Sembrava che nulla potesse
fermarlo. Davanti a una simile furia, si sarebbe detto, anche i demoni dell'Inferno stesso
sarebbero scappati.
Riuscì ad abbattere un altro paio di neurodroidi, ma le ondate di nemici aumentavano e si
rese conto che non sarebbe riusciti a trattenerli per molto. Allora estrasse da un
alloggiamento della cintura tre sferette metalliche dotate di un pulsante sulla sommità.
"Ecco qui un piccolo regalo per voi, scatolette! Godetevelo!", disse, e dopo
aver premuto i pulsanti lanciò due sferette verso il gruppo di neurodroidi in
avvicinamento, mentre una la gettò in una fessura delle porte dell'ascensore, dietro la
quale i droni di manutenzione stavano premendo per aprirsi un varco. Lestamente si avvolse
nel mantello speciale, che si indurì formando un bozzolo protettivo. Le tre minibombe al
napalm deflagrarono, devastando l'intero piano e riducendo i robot nemici a mucchietti di
metallo fuso, e tutta la torre fu scossa dalla violenza dell'esplosione. Anche Dark
Avenger, solo nel suo ufficio, nonostante le pareti blindate avvertì l'onda d'urto e per
poco non perse l'equilibrio.
"UNO! CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO?"
"Sembra che l'intruso abbia fatto esplodere delle
bombe al napalm. Abbiamo perso tutto il quarantesimo piano e la condotta ascensori C è
inservibile dal piano terra al novantesimo."
"CHI ACCIDENTI E' QUESTO TIZIO?! Come osa introdursi nella mia torre e
attaccarci?"
"Le telecamere di sorveglianza sono riuscite a
inquadrarlo prima della deflagrazione. Eccone un'immagine."
Su uno schermo apparve l'immagine di Pk riparato dietro la parete. Dark Avenger fu
sconcertato dalla loro somiglianza.
"Ma... MA QUELLO SONO IO!"
"Impossibile."
"Naturalmente, idiota! Dev'essere qualcuno che mi somiglia! O forse... noi abbiamo
scovato i ribelli in seguito all'individuazione di un tracciato che indicava l'apertura di
un varco dimensionale, no? E al quartier generale della Resistenza non abbiamo trovato
anche Qui, c'era soltanto Qua... forse Qui è riuscito a portare un mio alter ego da una
dimensione parallela allo scopo di combattermi!"
"Ipotesi possibile."
"DANNAZIONE! Se è così siamo nei guai, quello conosce le nostre difese come me
stesso...!"
"In questo caso vale la regola della
simmetria."
"Cioè?"
"Se lui conosce le nostre armi, anche noi
conosciamo le sue."
"Ah-ah... ma certo! In questa immagine sembra che stia usando una prima versione del
mio costume da battaglia... riesci a interfacciartici?"
"Tentativo di connessione in corso... connessione
riuscita."
"Bene. Disattivalo!"
Pk si tirò su faticosamente: il mantello lo aveva protetto dal calore dell'esplosione, ma
si sentiva intontito e mezzo abbrustolito lo stesso. Si costrinse ad andare avanti, spinto
puramente dal desiderio di vendetta. Era appena riuscito a rimettersi in piedi, quando
senza ragione apparente il suo costume si spense e si irrigidì, bloccandogli
completamente i movimenti.
"Ma cosa...? Che diavolo gli prende???"
Nel tentativo di liberarsi cadde a terra. Tentò di sfilarselo, ma non riusciva a muoversi
di un millimetro. La squadra di soldati che arrivò a prenderlo dopo pochi secondi lo
trovò completamente inerme, e poterono catturarlo senza problemi.
Cap. 8 - Il traditore
Qui correva giù per le scale, con il fuoco nei polmoni. La diversione creata da Pk aveva
impegnato le forze di sorveglianza abbastanza da consentirgli di raggiungere i livelli
inferiori, uccidendo qualche guardia isolata e forzando qualche porta. Nella sua fuga a un
certo punto si ritrovò davanti all'entrata del blocco prigioni, paradossalmente il meno
sorvegliato perché quasi completamente automatizzato e controllato da Uno. I prigionieri
venivano portati direttamente lì dalle forze di polizia robotica, quindi sarebbe stato
sufficiente attraversarlo per uscire. Neutralizzare le due guardie all'entrata fu un
giochetto: bastò attirarle dietro un angolo buio con un rumore e stenderle
definitivamente. Il problema ora era sfuggire alle telecamere ed oltrepassare il portone
d'acciaio, visto che non conosceva il codice. Stava riflettendo sul da farsi, quando
inaspettatamente il suo comunicatore da polso segnalò una chiamata su linea protetta.
"Ma che diavolo... chi potrebbe mai essere?", si chiese Qui, dato che tutti i
suoi compagni erano morti o catturati. Qui prese la chiamata, e fu sconvolto nel trovarsi
davanti l'immagine elettronica del volto di Adam Mood.
"DOOM?"
"Sono io, generale Qui."
"Ma credevo che il tuo mainframe fosse stato distrutto nell'attacco! Come sei
sopravvissuto?"
"Durante l'assalto di Dark Avenger sono riuscito a comprimermi e a
scaricarmi in un neurodroide, occupandone la memoria. Tutti i robot vengono ricollegati al
mainframe di Uno per i processi di manutenzione dopo uno scontro, e così sono riuscito a
infiltrarmi nel suo database. La sua architettura è qualcosa di semplicemente
straordinario!"
"Magnifico! E, ascolta: la Chiave che fine ha fatto?"
"Purtroppo non sono riuscito a difenderla. Dark Avenger se ne è
impossessato."
"Allora dobbiamo fare presto, prima che la usi per eseguire il rituale. Notizie di
mio zio?"
"Catturato anche lui, ma vivo. Lo tengono in una cella al 140°
piano, indipendente da Uno e che quindi non posso raggiungere."
"Ci avrei scommesso! Anche lui! Doom, ascolta: ora che sei nel sistema di Uno, sei in
grado di controllare le sue periferiche?"
"Non direttamente, ma posso agire simulando un programma virale.
Potrò accedere alle sue funzioni solo per poco, prima che le sue subroutine ne
ripristinino lo stato normale."
"Puoi farlo senza farti scoprire?"
"Uno non ha ancora capito che qualcosa non va, ma non potrò
resistere qui dentro per più di qualche altra ora senza che rilevi la mia presenza,
quindi se c'è qualcosa che posso fare devo farla adesso, o mai più."
"In questo momento mi trovo di fronte all'entrata del blocco celle. Puoi escludere le
telecamere di sorveglianza e aprirmi l'entrata?"
"Ci provo. Inserisco una registrazione in loop ciclico delle
guardie, in modo da coprirti. Ora vediamo se riesco a forzare la protezione... ce l'ho
fatta!"
La porta metallica si aprì con uno scatto.
"Sei grande, Doom!", gioì Qui, mentre scivolava dentro.
"Sto mettendo in loop anche le altre telecamere della prigione.
Puoi passare tranquillamente."
"Ci sono soldati di guardia?"
"Solo qualcuno. Segui le mie indicazioni e non avrai noie...
spero."
Qui non se lo fece ripetere due volte. Nessuno era mai uscito vivo da quelle prigioni, e
di conseguenza nessuno ne conosceva la struttura: le sue speranze di uscirne sarebbero
state scarse senza la guida di Doom. Per precauzione si nascose in un angolo e montò il
silenziatore alla pistola.
"Dove vado?"
"Prendi il corridoio alla tua destra e seguilo fino al secondo
incrocio. Cammina piano e fermati prima dell'angolo, c'è una guardia. Ora aspetta ancora
un po'... ecco, è passata. Adesso gira a sinistra, poi di nuovo a destra e ancora a
sinistra."
"Manca molto?"
"Sei a metà strada. Ora..."
"Doom, aspetta un secondo."
"Che c'è?"
Qui sentì che una voce da una cella lo stava chiamando. Si avvicinò per controllare.
"Ehi! Generale! Pssst! Sono qui dentro!"
Qui si affacciò alla grata per controllare.
"Dottor Harris! Pensavo fosse morto!"
"Anch'io credevo che lei fosse morto... io, ehm... sono stato catturato perché Dark
Avenger ha pensato che, come scienziato, avrei potuto essergli utile. Può farmi
uscire?"
Qui non poté fare a meno di avvertire un certo tentennamento nella voce del giovane
scienziato.
"Ci provo. Doom, riesci ad aprire la cella 29 del blocco B?"
"Ogni suo desiderio è un ordine, generale!"
La serratura della cella scattò con un CLANCK. Il dottor Harris fece per precipitarsi
fuori, ma Qui lo trattenne e lo spinse dentro.
"Generale? Ma che sta facendo???"
Qui lo osservava con sguardo severo e indagatore. Nei suoi occhi si leggeva la rabbia di
un tremendo sospetto che si era andato consolidando.
"Sei stato tu, non è vero, dottor Harris?"
"Cosa? Che
che vuoi dire?"
"Durante l'attacco informatico al database della Government Tower, i nostri hackers
erano protetti. Il programma di mascheramento era stato sviluppato da Reiko stessa, e lei
conosceva molto bene le difese di Uno. I virus neri avrebbero rilevato la nostra presenza,
ma non sarebbero mai stati capaci di raggiungerci: su queste cose lei non sbagliava mai. I
nostri tecnici non seppero mai spiegarsi cosa fosse successo, ma quando ho visto la tua
faccia schifosa davanti al cadavere di Reiko ho capito tutto. Hai manomesso
deliberatamente il programma che lei aveva scritto prima dell'attacco, creando un bug che
avrebbe permesso ai virus di aggirare le nostre difese!"
"NO! Non è vero, io
"
"Tu ci hai venduto!", gridò Qui afferrando Harris per il bavero, "Il tuo
tradimento è costato la vita a Reiko e agli altri, te ne rendi conto?! Brutto bastardo!
Io l'amavo, e tu l'hai uccisa!!!"
"NO!!! IO NON VOLEVO CHE MORISSE! Anch'io amavo Reiko, e non volevo che le
accadesse niente di male! Dark Avenger mi aveva garantito che l'avrebbe risparmiata, se io
gli avessi raccontato i vostri piani! Se vi ho tradito, l'ho fatto solo per lei!"
"Allora avevo ragione! Già, certo! Poverino, tu l'hai fatto per lei! Hai solo
tradito e distrutto tutto quello in cui credeva, l'hai uccisa, ma d'altronde
l'hai
fatto per lei, no? MALEDETTO SCHIFOSO!!! DOVREI AMMAZZARTI SUBITO!!!", disse
stringendo la sua mano robotica intorno al collo del dottore.
"Io le volevo bene, maledizione! Non doveva andare così, niente lo doveva!
Hai idea di cosa significasse per me vederla soffrire, consumarsi, appassire di giorno in
giorno per una crociata folle e inutile che ci avrebbe condotti tutti all'annientamento?!
Io volevo solo il suo bene! Ho pensato che se avessi venduto la Resistenza e guadagnato la
grazia per noi due, avremmo potuto essere felici lo stesso! Con il denaro ricavato avremmo
potuto comprarci una casa, tirare su dei figli e
"
"DENARO?! DENARO?!?!?! BASTARDO SCHIFOSO, ANCHE DEI SOLDI HAI PRESO!
QUANTO TI HA DATO DARK AVENGER, EH? TRENTA DENARI?! GIUDA MALEDETTO, NOI CI FIDAVAMO DI
TE!!! REIKO SI FIDAVA DI TE, E TU COME L'HAI RIPAGATA??? L'HAI FATTA AMMAZZARE, ECCO
COME!!!"
In preda all'ira, Qui spinse con forza il dottore addosso al muro ed estrasse la pistola,
puntandogliela contro. Harris si strappò la camicia, mostrando il torace.
"Sì, sparami, Generale! Uccidimi! Da quando Reiko non c'è più, la vita per me ha
perso ogni significato! Liberami dal mio dolore, dalla mia colpa! UCCIDIMI, UNA VOLTA PER
TUTTE!"
Qui esitò per qualche istante, tremando. Era in dubbio se si trattasse di un trucco per
spingerlo a non sparare. Poi abbassò la pistola. Il disprezzo che vibrava nella sua voce
era inequivocabile.
"Tu
tu non l'hai mai meritata. Non sei mai stato degno di lei. L'hai
tradita e uccisa, e adesso vorresti anche sfuggire al tuo senso di colpa delegando a me la
tua morte, vigliacco che non sei altro. No, non sarà così facile. Tu vivrai con i tuoi
fantasmi e le tue responsabilità, e mi auguro che ti tormentino per sempre!"
Si voltò, e mosse tre passi verso l'uscita, ma improvvisamente si bloccò. Gli venne in
mente l'immagine di Reiko, del suo sorriso, della sua gioia di vivere anche in quel mondo
schifoso, e poi i suoi occhi, un tempo energici ed entusiasti, poi vitrei ed immobili
nella morte; e il suo bel viso coperto di sangue, che le usciva dal naso, dagli occhi,
dalle orecchie. Con il viso contratto in una maschera di rabbia, si voltò di scatto verso
il dottor Harris e sparò. Una, due, tre, sei, dieci volte, finché il caricatore non si
esaurì, e anche dopo continuò a premere il grilletto a vuoto per alcuni secondi.
Mentre si accasciava a terra, sentì Harris ringraziarlo.
"È stato un piacere, stronzo.", rispose lui, ricaricando la pistola e uscendo
in fretta dalla stanza.
- 13 anni fa -
Il primo vagito del Nuovo Ordine di Dark Avenger fu un black-out totale, che avvolse
l'intera Paperopoli per tre minuti esatti, mentre una spettrale cupola grigia calò
oscurando il cielo. Al ritorno della corrente, tutti i telefoni della città squillarono
simultaneamente per tre volte, per poi tacere, e in televisione fu trasmesso un comunicato
dalla Ducklair Tower su tutti i canali. Queste furono le parole esatte del discorso che il
nuovo re pronunciò in occasione della sua presa del potere.
"Cittadini di Paperopoli, una nuova alba sta per sorgere su questa città ormai
decadente e soffocata dal crimine. È l'annuncio di una nuova era, che porterà su di noi
pace, giustizia e serenità come mai prima d'ora. Il crimine sarà eliminato, il male
estirpato dalle nostre strade. Il caos cesserà, e l'ordine regnerà sovrano. Da questo
esatto momento io, Dark Avenger, dichiaro la città di Paperopoli sotto il mio pieno e
totale controllo e formalizzo la nascita del Nuovo Ordine, e che Paperopoli e i territori
limitrofi divengono uno stato a sé, non più facente parte del territorio degli Stati
Uniti d'America. Tutte le libertà costituzionali e i diritti umani che siano portatori di
disordine sono da considerarsi revocati per mia volontà. Le frontiere dell'intera area
urbana da adesso sono chiuse, e a nessuno sarà permesso di uscire o entrare se non per
mia diretta e specifica volontà. Tra poche ore la mia polizia robotica inizierà a
pattugliare le strade. Qualunque tentativo di ribellione, sia da parte di civili che di
forze dell'ordine, sarà stroncato sul nascere con inesorabile decisione e fermezza. La
pena di morte è estesa a tutti i reati di omicidio, violenza, estorsione, rapimento,
stupro, furto, rapina, sciacallaggio e tutto ciò che verrà specificato nelle prossime
ore dai media per mio ordine. Tutti i mezzi di comunicazione passano sotto il diretto
controllo della nuova amministrazione. Per scoraggiare qualsiasi tentativo di intervento
da parte delle forze militari americane, ho preso il controllo di tutte le armi del mondo
basate su dispositivi elettronici, vale a dire anche delle armi nucleari, e intendo
bombardare una città qualunque al minimo atto ostile verso questo stato. Al minimo
tentativo di isolare qualunque impianto militare dal mio controllo seguirà il lancio di
una testata atomica su una zona urbana. Il governo americano, e qualunque altra potenza
straniera, devono dunque considerarsi diffidati da qualunque forma di intervento o di
ingerenza negli affari interni di Paperopoli. Per dimostrare che non scherzo, tra cinque
minuti un missile nucleare verrà lanciato in un'area disabitata, in pieno deserto del
Nevada, dove non mieterà vittime non necessarie e spero scoraggerà i bollenti spiriti
del governo americano provando a tutti la sincerità del mio ultimatum. Ulteriori
comunicati alla cittadinanza seguiranno nelle ore a venire.
Benvenuti nel Nuovo Ordine."
Cap. 9 - Faccia a faccia!
Pk venne gettato senza troppi riguardi sul pavimento dello studio personale di Dark
Avenger, sotto al piano segreto, fortunatamente ammorbidito da uno strato di moquette
bordeaux. Ancora stordito e furioso, cercò di riprendere il controllo di sé e si guardò
intorno. L'appartamento del suo alter ego era molto bello e lussuoso, arredato in uno
stile moderno ma con un tocco classico. C'era una scrivania di legno di quercia, mensole
di vetro con dei libri e quadri costosi appesi alle pareti, e su un lato della stanza vide
anche una specie di trono arabo, a metà tra un divano e un letto, con decine di grossi
cuscini. In un angolo notò addirittura la colonnina di marmo con la numero uno dello
zione. Finalmente riuscì a mettere a fuoco anche il suo alter ego, in piedi con le mani
giunte dietro la schiena davanti alla vetrata che dava sulla città, più piccola di
quella del piano superiore e di forma ovale. La sua armatura sembrava più pesante e
blindata della sua, e Pk fece caso che sulle spalline Dark Avenger aveva anche dei corti
aculei appuntiti.
"Bene, bene...", commentò Dark Avenger, "a quanto pare oggi ho l'onore di
conoscere un altro me stesso! Tu devi essere quello dell'altra dimensione, vero? Quello...
tsk.. buono?"
"Il piacere è tutto tuo, bastardo!", inveì Pk, alzandosi e cercando di
gettarsi contro il suo alter ego. Due neurodroidi di sorveglianza lo trattennero e, privo
della forza del costume, non poté farci niente. Finalmente Dark Avenger lo degnò di
guardarlo in faccia, con un'espressione che mostrava tutto il suo disprezzo.
"Bah! Ora che ti guardo meglio, non mi somigli così tanto... sei quasi un clone
malriuscito!"
"Felice di deluderti, stronzo!"
Dark Avenger sembrò innervosito dall'insulto, ma non reagì.
"Sai, non sei stato affatto educato... con le tue bombe mi hai distrutto mezza torre.
Dovresti vergognarti: piombare in casa d'altri e fare questo macello."
"L'unico rimorso che ho in questo momento è di non essere riuscito ad abbrustolire
anche te!"
Dark Avenger gli sferrò un pugno sulla faccia, che Pk incassò senza poter reagire. Un
rivolo di sangue gli scese dal becco e gocciò sul pavimento, ma lui non fece una grinza,
rifiutando di dargli soddisfazione.
"Ora basta con le stronzate, doppione! Dimmi subito... dov'è Qui?"
"Così potrai ammazzare anche lui come hai fatto con Qua? SCORDATELO! Ti consiglio di
risparmiarti il disturbo di interrogarmi ed ammazzami subito, piuttosto, perché io non ti
dirò NIENTE!"
"Fa' come vuoi, tanto ormai è un uomo solo e inoffensivo, proprio come te... prima o
poi riuscirò ad arrestarlo comunque."
"Inoffensivo? Dì a questi bestioni metallici di lasciarmi andare, e ti farò vedere
io quanto sono inoffensivo!"
Dark Avenger fece qualche qualche passo verso la finestra, poi si girò nuovamente verso
Pk e disse: "Proprio non vuoi capire, vero? E va bene, come vuoi. Lasciatelo!",
ordinò Dark Avenger. I neurodroidi, obbedienti, mollarono la presa. Pk era esterrefatto.
"Beh? Non era quello che volevi? Fatti sotto, allora! Che aspetti?"
Senza farselo ripetere, Pk caricò Dark Avenger a testa bassa. Questi non fece altro che
sollevare un braccio, e con un colpo telecinetico respinse il suo alter ego, facendogli
fare un volo di tre metri. Pk atterrò rotolando tra i due robot.
"Ma... ma che diavolo...?"
"Ora capisci che intendevo? Tu non puoi neanche toccarmi. Per me sei del tutto
inoffensivo, così come lo è stata la patetica Resistenza organizzata dai miei ex nipoti.
E ora scusa, ho voglia di rilassarmi un po'.", disse schioccando le dita. I
neurodroidi ripresero Pk e lo ammanettarono con dei ceppi d'acciaio, immobilizzandogli le
mani dietro la schiena, mentre Dark Avenger si gettava sul divano. Pk stava esplodendo
dalla rabbia, ma non poté fare a meno di ammettere che in quel momento era del tutto
impotente. Il suo nemico lo aveva in pugno. In quel momento si aprì un'altra porta, dalla
quale uscì una persona familiare, ma molto diversa da come la ricordava. Era una giovane
papera, che indossava un abito succinto in pelle nera simile a quello che ricordava
addosso a Geena, ma con le braccia scoperte, lo spacco sulla coscia e un'aria vagamente
sadomaso. Attorno al collo Pk notò anche un collarino con delle spine. Portava un vassoio
con un drink, che posò su un tavolinetto accanto al divano dov'era sdraiato Dark Avenger.
"Lyla? Lyla, sei davvero tu? Che stai facendo? Lyla, dammi una mano!"
Lyla si mosse senza guardarlo, come un automa; gli si avvicinò e gli porse una mano.
"Ma che diavolo...?"
Pk si girò e guardò con disgusto Dark Avenger.
"Che cosa hai fatto a Lyla, mostro maledetto?!"
"Ti piace? Ho pensato che mi avrebbe fatto piacere possedere finalmente una
bellissima schiava personale ai miei comandi, e così l'ho riprogrammata. Ora Lyla è una
serva fedele, compiacente e obbediente, e soprattutto non scoccia più nessuno con le sue
fissazioni sui diritti dei droidi. Che ne dici? Non male, vero? Lyla, modalità azione su
ordini unidirezionali. Puoi ritirarti."
Lyla, obbediente, uscì com'era entrata, senza un fiato.
"Sai, è programmata per obbedire solo a me... visto che siamo uguali e ti scambia
per me, non vorrei che le ordinassi di liberarti..."
"Anche Lyla... maledetto... hai ucciso anche lei... che tu sia dannato! Come
hai potuto fare questo?"
"Con una Playstation da qualche milione di terabyte di nome Uno..."
"Vigliacco! Esiste qualcosa che tu non abbia corrotto, infettato o ucciso? E la
Tempolizia, non ti ha impedito di ridurla così?"
"La Tempolizia? AH! Quegli imbecilli dei temposbirri! Mi viene da ridere al solo
pensarci! La mia ascesa a leader di Paperopoli e la schiavitù di Lyla faceva parte del
continuum che loro preservano, e così non hanno potuto fare altro che calarsi i pantaloni
e tornarsene a casa! Non gli è importato nulla di lasciarla nelle mie mani, tanto gli
basta ordinarne un'altra unità alle industrie Eidolon."
Pk era così distrutto che aveva quasi voglia di piangere. Poi, invece, si mise a ridere,
in modo quasi convulso.
"Che diavolo hai da ridere, idiota?"
"AH AH AH AH... no, è soltanto che... AH AH AH... rido perché... perché tutto
questo... tutto questo... TUTTO QUESTO PROVA CHE IO NON SONO AFFATTO COME TE!"
"Non sei affatto come me, dici? Ma certo, come potresti... tu non hai passato quello
che ho passato io, se non sei diventato come me, come dovresti essere! Non puoi
aver visto le cose che ho visto io! Non puoi aver visto Quo tremare in preda alla droga, e
poi spegnersi, tenere la sua mano che diventava fredda, sempre più fredda, e chiamarlo
sapendo che lui non ti rispondeva perché non poteva farlo, e capire con orrore che non
avrebbe potuto farlo mai più! Tu..."
"TI SBAGLI! Anche nella mia dimensione è successo tutto questo! L'unica differenza
è che Quo è sopravvissuto, e io non mi sono trasformato in un mostro! È questa, l'unica
differenza!"
"QUELLA DIFFERENZA è TUTTO! Mi sono reso conto di quanto amassi Quo solo
quando l'ho perso! Per questo ho fatto tutto questo!"
"Ed è per questo che hai ucciso Qua? Sei un paradosso vivente!"
"Smettila di dire sciocchezze! È stato Qua ad abbandonare e tradire me! È stato lui
che ha scelto di recidere il nostro legame di sangue, ed io ho dovuto giustiziarlo come un
ribelle! Credi che a me sia piaciuto vederlo morire? Credi che una parte di me non lo
amasse nonostante tutto? È stato necessario! Tutta questa gente conta su di me per un
futuro migliore, e la Resistenza era un ostacolo al mio nuovo mondo! Ho dovuto
sbarazzarmene, a costo di uccidere quello che di umano era rimasto nel mio cuore!"
"Tu sei pazzo! NESSUNO conta su di te! NESSUNO vuole il tuo regno! È soltanto una
tua fissazione!"
"È FALSO! Questo patetico tentativo di confondermi non
mi distoglierà dalla mia missione! Renderò il mondo un luogo perfetto, dove nessuno più
dovrà soffrire quello che ho sofferto io!"
"... Se non ti disobbedirà...!"
"A volte è necessario il pugno di ferro e il sacrificio perché tutti godano dei
benefici! La storia mi darà ragione!"
Pk sorrise con malizia sulle parole del suo alter ego.
"Fa freddo lì dentro, vero? Ormai ho capito il tuo modo di pensare! Ti sei chiuso a
riccio e hai eliminato dal tuo cuore ogni barlume di sentimenti umani perché la vita ti
ha ferito! Qui mi ha raccontato di quando è morta Xadhoom, di quando ti sei convinto che
eri un debole e hai cominciato ad imporre la tua legge con la violenza! E che cosa hai
risolto, dimmi? Hai perso tutto quello che ti era caro in nome di questo folle incubo!
Credi che Quo o Xadhoom avrebbero voluto questo?"
"Bravo, vedo che sei ben informato sul mio conto. Non l'avrebbero voluto, dici?
Allora lascia che ti racconti come sono andate veramente le cose. Quello che non ti
hanno raccontato, è che
la morte di Xadhoom fu colpa mia. Durante lattacco
finale ad Evron, in uno stupido accesso di pietà, salvai un soldato evroniano da una
caduta che lo avrebbe condotto a morte certa. Nella posizione in cui mi trovavo non ero in
grado di attaccare né difendermi, e un altro soldato pensò di approfittarne per
spararmi; il suo commilitone sarebbe morto, certo, ma gli evroniani non si ponevano di
questi problemi. Avrei potuto lasciare lalieno in balìa del suo destino, ma non lo
feci; così, per salvarmi, Xadhoom si gettò sulla traiettoria del colpo e lo incassò al
posto mio. Larma che usava levroniano era di un nuovo tipo basato sui processi
entropici, capace di risultare letale anche per lei. Lasciai andare quel bastardo che
cercavo di salvare e abbattei laltro, ma per Xadhoom, ormai ferita a morte, non
cera più nulla da fare. Avrei voluto rimanere lì assieme a lei, a combattere fino
allultima goccia di sangue aspettando la morte, ma i miei compagni mi trascinarono
via, costringendomi ad abbandonarla al suo destino. Prima di lasciarci, mi disse di
fuggire e salvarmi, perché sarebbe stata felice di morire sapendo che io stavo bene. Le
sue ultime parole furono: "E fai in fretta, perché tra poco farò vedere a questi
porci quanto brucia la rabbia di una xerbiana.".
Chissà come, io e gli altri riuscimmo a salire sullastronave e a fuggire nello
spazio. Xadhoom morì come aveva vissuto: forte. Fiera. Indomabile. Mi voltai verso il
pianeta Evron, ma al posto di esso vidi accendersi una nuova stella. La sua luce era
bellissima, la più bella che avessi mai visto. E anche quando mi allontanai, rimase
dentro me e continuò a bruciare, e lo farà per sempre. Ancora oggi, quando guardo il
cielo e vedo quella stella, mi sembra di vedere lei che mi sorride da lassù, più degna e
nobile di tutte. Guarda anche tu: non la riconosci? Non puoi non farlo, perché è la più
splendente."
Per la prima volta, nel tono duro del suo alter ego, a Pk sembrò di scorgere
tenerezza
e un incolmabile, profondissimo, dolorosissimo vuoto. Ma dopo un breve
istante di silenzio, il suo tono cambiò.
"Per questo devo farlo: per lei e per tutti gli altri, tutte le vittime di questa
maledetta guerra. Non lascerò che altri innocenti vengano corrotti e muoiano come Quo e
Xadhoom, specialmente per le mie debolezze: è mio compito impedire che questo accada,
datomi direttamente da DIO! Finalmente capisco qual è il motivo per cui quella notte sono
diventato Paperinik, perché il destino ha voluto così! E giuro che né tu ne altri mi
impedirete di portare pace e giustizia nel mondo, come ho fatto in questa città!
Dopodiché, col potere dei sette oggetti, pacificherò la galassia e poi lintero
universo! AH AH AH AH AH!!!"
Dopo un breve istante di sanità mentale legato ai ricordi, il germe della follia era
tornato a infestare la sua mente: gli occhi lucidi e sbarrati, i denti stretti, la voce
alienata, il suo alter ego mostrava tutti i segni della sua degenerazione mentale e
schizofrenia.
Pk cercò di riportarlo alla ragione.
"Ma non ti rendi conto di quello che stai dicendo? Ogni giorno gli innocenti soffrono
e muoiono per causa tua! Fare giustizia non significa privare di ogni forma di libertà e
reprimere con la violenza! Guarda in cosa hai trasformato questo posto: è vero, forse
prima non era granché, ma quello che hai fatto non ha giustificazioni! Non puoi ergerti
da solo a giudice, giuria e boia delle persone! Tu
"
"NON POSSO? AH! Un tempo anchio ne ero scioccamente
convinto, e come te credevo in illusioni come la giustizia, la morale, linnocenza e
la democrazia
finché non ho scoperto che la giustizia se la fanno i potenti, che la
morale non è nientaltro che una maschera di fango bagnata nelloro, che
nessuno è innocente e che la democrazia cela sempre un regime o al massimo è dannosa,
perché confonde i ruoli e disperde lunità di comando. Lassolutismo è
lunico modo di reprimere il caos che è nella natura umana e mantenere
lordine! E lunica giustizia, al di fuori di quella divina, è quella
personale! Se la giustizia che vai tanto decantando esistesse davvero, Quo e Xadhoom non
sarebbero morti!"
"Esistono i tribunali per ottenere giustizia! Non puoi farti le regole da solo!"
Fino a un minuto prima, Pk era convinto che non avrebbe mai più pronunciato parole del
genere.
"Invece POSSO, e lo faccio. Dimmi, proprio tu che sei così idealista: quante
ingiustizie hai visto? Quanti colpevoli che scampano alla cosiddetta giustizia dei
tribunali solo perché possono permettersi lavvocato più costoso o vengono assolti
per insufficienza di prove, quanti criminali di guerra agli arresti domiciliari perché
erano troppo vecchi per il carcere, quanti mafiosi pagati per rivelazioni che non arrivano
mai, quanti giovani ridotti a larve dalla droga
quanti sorrisi, quante vite spente
per il puro gusto di farlo, mentre i colpevoli la fanno sempre franca? APRI GLI OCCHI,
IDIOTA: LA TUA DEMOCRAZIA HA FALLITO! I boy-scout come te i criminali se li mangiano a
colazione! La mia giustizia, invece, è severa, ma giusta: nessuno sfugge al mio giudizio.
E la pena è sempre adeguata al crimine."
Le parole del suo alter ego lo lasciarono interdetto: Dark Avenger aveva colpito nel
segno. In fondo, sentiva che aveva ragione, ma non avrebbe mai potuto ammetterlo. Nella
confusione, cercò di riprendersi.
"Tu sei pazzo
"
"Ah, sì? E come fai a dirlo? Chi è un pazzo? Dal mio punto di vista, il pazzo sei
tu, che ti credi ciecamente in un sistema che non ti dà alcuna garanzia di ottenere
giustizia. E se non posso avere giustizia, allora sarà VENDETTA!
PORTATELO VIA!!!"
I neurodroidi trascinarono via Pk, stravolto e col cuore attanagliato dai dubbi, lasciando
Dark Avenger solo nel suo studio. Ancora una volta si affacciò alla finestra,
contemplando la sua città.
"Sarà grande.", disse sottovoce dopo qualche
minuto. Poi prese un ascensore aprendo una porta segreta nel muro, e lasciò vuota la sua
stanza.
Cap. 10 - La Stanza di Dio
Privato del suo equipaggiamento e chiuso in una cella blindata speciale al 140° piano, Pk
non poteva fare a meno di interrogarsi sulle parole del suo alter ego. Certo, era
chiaramente pazzo, eppure
cera un fondo di verità nelle sue parole. Gli
esempi che gli aveva portato a suo favore, in effetti, erano concreti: bisognava
ammetterlo, anche la tanto osannata democrazia aveva i suoi bachi. Ma era giusto fare
quello che aveva fatto lui, imporre la propria volontà, ergersi a giudice supremo,
privare la gente della libertà personale? No, non era possibile. E comunque non così. Il
suo alter ego, accecato dalla rabbia e dalla vendetta, dallassurda frenesia di
reprimere ogni sua debolezza, aveva dimenticato il principio fondamentale della legge,
ossia che essa è stata creata per luomo, e non luomo per essa. Quello che
aveva fatto non aveva giustificazioni. Pk si ripeté: "Quello non sono io. Quel
mostro non sono io.".
Eppure, qualcosa lo tormentava lo stesso: possibile che, se fosse passato sotto gli stessi
traumi, anche lui sarebbe diventato così? "Se Quo fosse morto nella mia
dimensione invece che nella sua, sarei diventato così? Probabilmente sì; ma per fortuna
sono finito qui e ho visto quello che avrei potuto diventare, e ora che l'ho scoperto
posso evitarlo. La storia di Quo mi ha gettato in crisi, ma ora che so fino a che punto
posso spingermi proseguendo sulla strada che ho intrapreso, so che devo reagire e tornare
indietro: devo farlo per loro, per tutti coloro che amo.".
Una nuova risoluzione era nata nel suo cuore. E Pk giurò a sé stesso che non l'avrebbe
mai più lasciata andare, anche a costo della vita.
- Nei sotterranei -
Quando si trovava lì, era ovunque. Quello era il suo santuario personale, il suo Nirvana
di vetro e metallo di cui aveva fatto dono a sé stesso: la Stanza Sferica. Il suo enorme
tempio, dove tutte le pareti erano coperti da centinaia e centinaia di teleschermi, sia
sopra che sotto, e vi era un'unica torretta al centro, con un trono mobile dove lui si
sedeva ad osservare il suo dominio. Da lì poteva controllare ogni cosa che accadeva in
città: nulla sfuggiva all'occhio elettronico del re. Niente segreti. Niente crimine.
Niente angosce. Per lui, quel luogo simboleggiava la libertà: per tutti gli altri, la
leggenda di quella stanza la cui esistenza non era mai stata confermata ufficialmente era
l'emblema della loro penosa schiavitù. Gli ignoranti lo avrebbero blandito chiamandolo
Grande Fratello, ma non era così: lui non sorvegliava semplicemente la gente. Non spiava.
Lui ERA ovunque. In ogni cellula, in ogni mattone, in ogni atomo della città, il suo
spirito viveva e osservava. Era come Dio: il suo scrupoloso, affettuoso, attento, severo
protettore, che non avrebbe mai abbandonato i suoi figli a loro stessi. E presto, lo
sarebbe stato davvero.
Improvvisamente, tutti gli schermi si spensero per qualche secondo, lasciando la sala
completamente al buio. Poi, occupando quaranta schermi, apparve davanti a Dark Avenger
l'icona verde di Uno.
"Signore."
"Dunque?", chiese Dark Avenger.
"Le annuncio che la traduzione degli antichi testi
del Necronomicon è stata finalmente completata: tutto è pronto per il rituale
sacro."
"Finalmente... finalmente, il sogno che inseguo da
quindici lunghi anni si realizzerà! La mia era sta per iniziare! Domani mattina, il mondo
saluterà il suo nuovo Dio!", declamò Dark Avenger, e lentamente la sua voce si
contorse in una risata maligna e deforme... folle. Irrefrenabile.
Trionfante.
- Troppo tempo fa -
La notte sembrava portare con sé il grido della solitudine e della disperazione. Il
vento, impietoso, spazzava i tetti delle case e i mille vicoli della città. Ma uno di
essi sembrava ancora più freddo degli altri. Pk saltò giù dal tetto con un balzo,
atterrando sull'asfalto silenziosamente, avvolto nel lungo mantello che celava il suo
corpo, e si guardò intorno. Tutto era rimasto esattamente come allora, come lo avevano
lasciato quella sera dopo lo scontro: la breccia nel muro di mattoni, le bruciature sulle
pareti dei colpi di evrongun, qualche resto degli equipaggiamenti persi dai soldati
evroniani mescolati all'immondizia. Ma mancava la cosa più importante: lei. Ma
oramai lei non c'era più. La guerra l'aveva presa e l'aveva portata via per sempre, come
aveva fatto con Quo, Mary Ann, Hope, Ken e tanti altri. Un'altra vittima, su un sentiero
cosparso di sangue di lacrime, dove a nulla valgono l'innocenza e la giustizia e la vita.
Ancora una volta, era colpa sua: la sua debolezza aveva causato la morte di qualcuno
ancora una volta. E adesso non rimaneva altro che vuoto, nel cuore, nella
mente
nell'anima. Buffo. Non gli riusciva neanche di piangere. Non era neanche
triste. Non provava rabbia. Non provava nulla. Forse se fosse riuscito a scaricare
la sua rabbia in un accesso d'ira si sarebbe sentito meglio
ma niente.
"Sembra quasi uno di quei vecchi film", commentò tra sé e sé con
ironica amarezza.
Circondato dai rifiuti, un bidone arrugginito accoglieva al suo interno un piccolo falò,
lasciato lì qualche ora prima da chissà quale derelitto, attizzato da legni marci, fogli
di giornale e poche, disilluse speranze. Veniva da chiedersi come facesse quel fuoco a
bruciare ancora, alimentato da un combustibile così scadente. Forse a tenerlo in vita era
proprio la speranza di quei barboni: di tutte le fiamme è la più esigua, a tuttavia la
più duratura e resistente. Togli tutto a un uomo ma lasciagli la speranza, ed esso
continuerà a vivere. Dagli tutto ma togligli la speranza, e lo ucciderai senza neanche
ferirlo. Colui che non spera più è un uomo morto: e da allora, Pk lo era. Lentamente,
l'eroe si avvicinò alla fiammella, che sembrava quasi volersi nascondere a lui,
riducendosi ad ogni suo passo. Quando finalmente vi fu vicino, la fissò a lungo per
diversi minuti, freddamente, come si guarda un nemico negli occhi, illuminato dal basso
dalla sua luce. Dopodiché, senza una parola, trasse fuori da una tasca del costume la sua
vecchia giubba piegata, distendendosela tra le mani, e dopo pochi istanti la gettò con
distacco nel fuoco. La fiamma, dapprima soffocata dall'improvviso calo di ossigeno, ben
presto iniziò a lambirne i bordi, finché l'abito non prese fuoco completamente
moltiplicandone l'intensità. In pochi istanti del vestito non restò che cenere, e dopo
quest'ultimo respiro vitale la fiamma si spense, estinguendosi del tutto, mentre Pk
impassibile restò lì, a guardarla morire. Dopodiché, con un guizzo, sparì inghiottito
dalla notte.
Laggiù in quel vicolo, qualcuno morì. Qualcuno di fragile e debole. Ma nessuno avrebbe
versato lacrime per il defunto, né sarebbe stato suonato requiem in suo onore. Che il suo
ricordo potesse essere maledetto, e il suo nome dimenticato.
"Riposa in pace, Paperino: ti ho sepolto per sempre, da dove non potrai
riemergere. Ora e per sempre", giura, "io sarò Dark Avenger!".
- Adesso -
Grazie alla guida di Doom, Qui era riuscito a raggiungere il cortile esterno all'entrata
della prigione, dove grazie alla divisa rubata al soldato morto poteva confondersi tra i
militari.
"Doom, ci sono. Ora, vediamo... potrei rubare un mezzo e cercare di
raggiungere il confine esterno della città, ma se è alzata la barriera sarà
inutile!"
"Forse potrò pensarci io, se... oh, MERDA!"
"Doom! Che succede!?"
"Uno. Ha rilevato che qualcosa non va nel suo sistema, e ha lanciato un
programma diagnostico! Accidenti! Non potrò sfuggirgli ancora per molto!"
"Tieni duro, Doom! Se riesco a uscire dalla città tornerò con i rinforzi, e potremo
neutralizzare Uno e salvarti!"
"No, non è possibile. Non fareste mai in tempo. Non importa, ho un piano: per
attuarlo dovrò scoprirmi, ma oramai tanto vale sfruttare quel poco di effetto sorpresa
che mi rimane! Visto che non posso violare direttamente le protezioni e disattivare il
generatore dello scudo, userò un altro metodo."
"No, Doom! Non è necessario!"
"Lo è, generale. Se c'è mai stato un momento in cui la mia vita può servire è
questo!"
"Adam...!"
"Ora basta, generale! Qui ci penso io: lei prenda quel tank da assalto rapido e si
diriga a tutta velocità verso i confini della città. Al momento giusto troverà lo scudo
abbassato e le forze americane potranno attaccare! Ora vada, prima che sia troppo
tardi!"
"Adam... io... non lo dimenticherò!"
"E io non dimenticherò mai quanto sia stato bello combattere al fianco della
Resistenza sotto la sua guida, generale. E ora prenda quel dannato tank da corsa e torni
con abbastanza potenza di fuoco da far tremare questa maledetta città!"
"Lo farò, Adam! Hai la mia parola!"
"Addio, generale.", disse infine Doom, e la sua immagine scomparve dallo
schermo.
"Addio, soldato...", lo salutò Qui, mentre vide la sbarra
di sicurezza sollevarsi, liberando il passaggio. Qui corse verso il tank e, stendendo con
un pugno il soldato che lo sorvegliava, vi si gettò dentro e accese i motori.
"E va bene, vecchio bidone! Vediamo un po' che sai fare!!!"
Qui impugnò saldamente le due cloches di comando e spinse a fondo sull'acceleratore: il
veicolo blindato a sei ruote schizzò fuori dalla piazza fortificata a cento chilometri
orari, travolgendo tutto quello che trovava sulla sua strada.
"WOW! Certo che questo affare va molto più forte di quello che sembra!!!",
commentò Qui entusiasta. Le forze armate di Dark Avenger si gettarono all'inseguimento, e
Qui iniziò a guidare a zig-zag, schivando granate che lasciavano voragini dove colpivano
e riducendo le macchine in sosta a sottilette fumanti.
"Non mi avrete, figli di puttana! YAAA-HUU!!!", gridò Qui, sfrecciando verso la
libertà.
Cap. 11 - Il Destino risiede nel cyberspazio
Doom riprese la sua forma dallo stato liquido in cui si era ridotto, spalmandosi sul
soffitto elettronico e assumendone il colore per sfuggire a un gruppo di programmi di
sorveglianza che era appena passato di lì. Sapeva che non poteva sfuggirgli ancora per
molto, e quindi doveva arrivare al software del generatore del campo di forza il più
presto possibile, e spegnerlo una volta per tutte. Arrivò al perimetro di difesa esterno,
una fitta coltre sferica di mine contenenti virus neri, che sbarrava l'accesso all'area di
memoria che ne controllava il funzionamento. Assumendo la forma di una serie di bit,
troppo frammentati per essere riconosciuti come un programma ostile e quindi confusi con
il normale flusso di dati in entrata/uscita, Doom riuscì a superare la prima barriera. Si
avvicinò al nucleo del programma, che si manifestava come una grossa sfera di metallo,
costellata da aculei spinosi. Ne individuò l'ingresso, una porta di legno blindata. Ci
mise meno di un minuto per forzarla, e riuscì a entrare nel corridoio che conduceva verso
il codice sorgente. In lontananza davanti a lui vide la proiezione virtuale del
generatore, una sfera di luce che roteava su una colonnina, tra quattro punte di metallo
che la racchiudevano. Stava per corrergli incontro, ma tutt'a un tratto si fermò, capendo
che qualcosa non andava.
"È troppo facile. Avanti, Uno, vieni fuori!"
La voce elettronica di Uno rimbombò sinistramente tutto intorno a lui.
"Devo farti i miei complimenti,
coraggioso ribelle. Nessuno era mai riuscito ad arrivare così lontano nei miei sistemi, e
non certo in così breve tempo!"
"Credi che non abbia capito che mi hai lasciato passare, Uno?"
"Beh, lo ammetto... volevo vedere fino a che punto ti saresti spinto! Hai intenzione
di andare fino in fondo?"
"Naturalmente! Io spegnerò quel maledetto generatore, e permetterò alle truppe
americane di occupare la città!"
"Un bel piano, non c'è che dire... peccato che per metterlo in atto prima dovrai
affrontare ME!"
Tra lui e il generatore si materializzò un gigantesco robot da combattimento, che
sembrava una via di mezzo tra l'esoscheletro che Pk usò contro Trauma e un Cyberdemone.
Sul suo braccio destro era montata una enorme arma, mentre sul sinistro c'era una grossa
tenaglia roteante. In mezzo al petto era alloggiata la sfera con l'icona di Uno. Il
gigantesco robot mosse due passi verso Doom, facendo tremare il pavimento di metallo.
"Credi di impressionarmi in questo modo? Avrai pane per i
tuoi denti, automa!", rispose a tono Adam. Chiuse gli occhi e si concentrò, e
attorno al suo corpo apparve un'armatura verde da marine spaziale.
"Beh? Che ne dici? Ti avverto, nelle partite in rete
vincevo sempre!"
Senza rispondere, Uno puntò il suo cannone verso Doom e fece fuoco, scaricandogli contro
una pioggia di granate. Doom riuscì ad evitarle saltando di lato e rotolando; si rimise
in piedi, e concentrandosi si nuovo fece comparire nelle sue mani un grosso lanciamissili.
Subito fece fuoco su Uno, che incassò diversi colpi, senza riportare danni ingenti. Poi
al grosso automa spuntò su una spalla una potente mitragliatrice a nastro, uguale a
quella dell'esoscheletro guidato da Pk nella battaglia con le spore, che iniziò a
vomitare fuoco a un ritmo impressionante. Doom corse a perdifiato, riuscendo finalmente a
ripararsi in un angolo.
"MERDA! Mi serve un'arma più potente!"
Si concentrò intensamente, creando un BFG10K, mentre sentiva Uno avvicinarsi. Saltò
fuori dal suo riparo e lanciò una sventagliata di sfere di energia verdi contro il
robot... ma invece di venire abbattuto, ne venne attraversato! Improvvisamente Adam capì
di essere stato ingannato, ma troppo tardi: non fece in tempo a voltarsi che il maglio a
tenaglia allungabile di Uno lo colpì con tremenda violenza, sbattendolo addosso al muro e
trapassando il suo archetipo. Battuto e danneggiato irreparabilmente, Adam sentì che i
suoi file iniziavano a destrutturarsi, cancellati dalle subroutines di Uno. La sua
proiezione digitale iniziò lentamente a svanire.
"Credevi davvero di potermi battere
all'interno del mio stesso sistema, umano? Hai fatto male i tuoi calcoli."
"No, infatti... non mi sono mai illuso di poterti battere. Ero sicuro che avresti
vinto... perciò ho pensato di fregarti."
"Fregarmi?! Cosa intendi dire?"
Adam si mise a ridere.
"Sapevo che non potevo arrivare a disattivare
direttamente il tuo sistema, perciò ho programmato di nascosto una backdoor..."
"CHE COSA!?"
"Esatto, un programma fantasma, settato per attivarsi in caso di una mia
cancellazione... mentre tu eri impegnato qui, il mio virus si è impadronito dei tuoi
sistemi e ha creato intorno a noi una barriera per impedirti di fuggire."
Uno si guardò intorno, rendendosi conto di essere circondato una un cubo di cristallo.
Provò a infrangerlo con tutta la sua forza, ma inutilmente.
"Maledetto!"
"Mi dispiace, ma è tutto inutile! Tra pochi istanti, quando il mio archetipo verrà
definitivamente cancellato, il mio programma distruggerà tutti i tuoi sistemi e ti
ridurrà all'impotenza."
"Allora mi basterà evitare di cancellarti!"
Uno tentò di bloccare le sue subroutines, ma queste ignorarono il comando.
"Come...?! Ma è impossibile!"
"Sapevo che avresti tentato una cosa simile, e ho bloccato anche queste funzioni...
rassegnati, stavolta hai perso. Sei tagliato fuori. Divertiti, Uno... prima di scomparire
come me!", disse Doom, e il suo archetipo si dissolse definitivamente, lasciando Uno
solo nella sua prigione.
"No! Doom, aspetta! No! NOOOO!!!"
Qui era quasi arrivato al perimetro esterno fortificato della città, con il tank
abbozzato e bruciacchiato dalle esplosioni, quando vide la cupola protettiva dissolversi
in cielo. Improvvisamente i D-52 che lo inseguivano si spensero e precipitarono al suolo.
Esterrefatto e libero dagli inseguitori, Qui si fermò, aprì la botola di entrata e
guardò il cielo. Per la prima volta dopo oltre 13 anni, i suoi occhi rivedevano le
stelle, e la Luna che risplendeva pallida nel suo chiarore.
"Che io sia dannato... Doom ce l'ha fatta. Ce l'ha fatta davvero! La cupola è
disattivata! EVVAI! ADAM, SEI GRANDE!"
Senza perdere altro tempo nei romanticismi, Qui si rimise alla guida e caricò il posto di
blocco fisso sulla strada che conduceva fuori dalla città, sfondandolo a colpi di
artiglieria e travolgendo soldati a macchine. In pochi istanti era fuori da Paperopoli, e
già vedeva in lontananza il presidio delle forze militari americane, accampate lì da
anni. Tentò di comunicare via radio.
"Parla il generale Qui della Resistenza! Mi ricevete, campo base?"
"Vi riceviamo, generale Qui! È bello risentirvi! Ne è passato di tempo dall'ultima
comunicazione pirata!"
"Sono alla guida di un tank da assalto rapido rubato all'esercito di Dark Avenger e
mi sto dirigendo verso di voi!"
"Verso di noi? Come siete riuscito ad uscire da Paperopoli?!"
"Uscite fuori e guardate voi stessi!"
Un soldato entrò di corsa nella tenda dove era installata la base logistica delle
comunicazioni.
"SIGNORE! La cupola a protezione della città è svanita!"
"CHE COSA?!"
"Siamo riusciti a disattivare il generatore del campo di forza, ma non so quanto a
lungo durerà! Dobbiamo sferrare un assalto ADESSO, che Dark Avenger ha le difese
abbassate! Potremmo non avere molto tempo per muoverci, quindi dobbiamo sbrigarci!",
disse Qui via radio.
"Svegliate immediatamente il Segretario alla Difesa! Mobilitazione generale! Sembra
proprio che stavolta sia giunta l'ora della resa dei conti!"
- Washington, D.C. -
Clint venne svegliato bruscamente dal trillo del telefono, quello che squillava solo nelle
emergenze. Ripose pigramente, ancora mezzo addormentato.
"Yahwn... che diavolo succede?"
"Presidente Westcock, sono il capo di stato maggiore Wayne."
"Di che si tratta? L'Azerbaigian ha la bomba atomica?"
"No, Signore. È Paperopoli."
"PAPEROPOLI!? Che cosa sta succedendo?"
"Le nostre forze sul posto ci hanno comunicato che lo scudo che proteggeva la città
si è improvvisamente dissolto!"
"CHE COSA? Possibile?"
"E non è tutto, Signore! Ci arrivano continue conferme che gli armamenti militari
sequestrati non sono più sottoposti al controllo di Uno!"
"Dunque Dark Avenger non ha più il controllo degli armamenti nucleari di tutto il
mondo, e le sue difese sono del tutto abbassate?"
"Così sembra, Signore!"
"E allora che aspettate?! Ordinate immediatamente un attacco in massa con tutte le
forze disponibili! Voglio che Paperopoli sia presa STANOTTE! E preparate il nuovo Air
Force One supersonico: sto arrivando di persona!"
"Agli ordini, Signor Presidente!"
Westcock attaccò il telefono e di corsa iniziò a vestirsi. Quando sua moglie si girò a
guardarlo era già in alta uniforme.
"Che succede, caro?"
"Succede che finalmente è arrivato il giorno dello scontro finale! Aspettami, Dark
Avenger... sto arrivando!"
Cap. 12 - La piccola principessa
Dark Avenger era salito all'ultimo piano della torre, dove tutto era stato preparato per
il rituale dell'ascensione. Sopra un piano rialzato, a cui si arrivava tramite una
scalinata che circondava il tutto, i sette oggetti erano stati disposti in cerchio. Uno
dei sette punti era occupato da un leggio con sopra il Necronomicon, e accanto le pagine
con la formula tradotta in inglese dall'antica lingua in cui era scritto il libro. L'aria
di potenza che si respirava in quella stanza era qualcosa di palpabile. Il potere che Dark
Avenger stava per acquisire, al di là dei suoi sogni più sfrenati. Dark Avenger si
fermò a pregustare quel momento, quando sentì il rumore di esplosioni in lontananza. Si
affacciò alla grande vetrata del piano segreto.
"Ma cosa...?"
La sua furia fu incontenibile quando si rese conto che il campo di forza sulla città era
abbassato e l'esercito americano stava sferrando un assalto con tutte le forze da più
lati contemporaneamente. Ma non vedeva volare i D-52, né era scattato alcun allarme!
"UNO! CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO?! PERCHE' LO SCUDO E' STATO ABBASSATO?"
Non ottenne alcuna risposta.
"Uno? Uno, RISPONDIMI! Dove sei?!"
Niente. Dark Avenger capì che in qualche modo Uno era stato neutralizzato. Ma senza il
suo controllo le sue truppe robotiche erano inutilizzabili, e prive di ordini i suoi
soldati umani non sarebbero mai riusciti a respingere l'attacco massiccio delle forze USA.
Il suo esercito era allo sbando! E senza di esso, per il suo dominio era finita.
"AAAAARRRRGHHHH!!!". Si
lasciò sfuggire un grido di rabbia. Aveva commesso un errore fatale a sottovalutare i
ribelli, ed ora la situazione si era ribaltata sfuggendogli di mano. Ormai non aveva
scelta se non tentare la carta del rito magico, e sperare che funzionasse come doveva; ma
per completarlo era necessario del tempo, tempo che non aveva.
"A questo punto non c'è soluzione: dovrò dar fondo alle mie risorse!"
Dark Avenger digitò sulla consolle di Uno una sequenza manuale, che fece emergere sul
pannello un pulsante di emergenza circondato da bande di pericolo. Sollevò il vetro
protettivo e lo premette, e poi si accovacciò e si resse forte. Per qualche istante non
accadde nulla; poi l'intera torre cominciò a tremare sempre più, scossa dalle
fondamenta. L'edificio che gli era stato costruito intorno si aprì come una base di
lancio, e lentamente la Ducklair Tower, spinta da degli enormi motori, vinse la gravità e
si lanciò nello spazio, sotto gli occhi dell'intera Paperopoli. Anche Pk, nella sua
cella, cadde a terra a causa dello sconquasso generale.
Poi, una volta staccatisi da terra e in rapida salita, in preda alla furia e all'ansia
Dark Avenger salì di corsa le scale e iniziò a pronunciare la lunga formula
dell'incantesimo.
- Qualche piano più in basso -
La donna avvolta dal saio nero aveva avvertito le forti vibrazioni dell'edificio, e
affacciandosi alla finestra, ora chiusa ermeticamente, capì quello che stava succedendo:
vide sotto di lei la città allontanarsi velocemente, e poi venire coperta dalla coltre
delle nubi.
"Dunque è finita.", disse. "Finalmente mio marito avrà ciò che ha tanto
desiderato in questi ultimi quattordici lunghi anni."
Inaspettatamente, ricevette una chiamata sul videofono installato nella sua stanza, che
usava per chiedere quello di cui aveva bisogno. Ma non c'era immagine, solo una voce.
"Chi è che mi chiama?", chiese, avvicinandosi per ascoltare.
"Attenzione: questo è un messaggio registrato. Se lo
stai ascoltando significa che la mia missione è riuscita. Il mio nome è Doom, sistema
operativo vivente del quartier generale della Resistenza. So chi sei tu, e so cosa provi
nei confronti del regime instaurato da Dark Avenger. Ho registrato questo messaggio prima
della mia cancellazione per chiederti un aiuto che solo tu puoi darmi. Ho sfidato Uno e
sono riuscito a renderlo inoffensivo al prezzo della mia vita, disattivando le difese di
Dark Avenger per consentire alle forze americane di occupare la città. La porta della tua
stanza ora è aperta. Ma c'è una porta che non potrò riuscire ad aprire, perché
collegata ad un sistema indipendente: si tratta della porta di una cella speciale al 140°
piano, che può essere aperta solo manualmente. In essa è tenuto prigioniero un alter ego
di Dark Avenger, venuto da un'altra dimensione per aiutarci a combatterlo e molto più
vicino al papero che conoscevi un tempo. Nel momento in cui ascolterai questa
registrazione, quel papero sarà l'unico che potrà impedire a Dark Avenger di acquisire
un potere divino. La sorte del nostro mondo è nelle tue mani: devi riuscire a liberarlo e
a ridargli il suo equipaggiamento perché il folle piano di tuo marito venga fermato. Non
troverai ostacoli sulla tua strada. Ora va', ti prego, e compi questa missione in fretta
per il bene dell'umanità intera!"
Il messaggio era chiaro e lapidario. Sapeva che suo marito doveva essere fermato: per
quanto lo avesse amato un tempo, ora quel papero non c'era più. Ma, dopo tutto quello che
aveva passato, le mancava il coraggio. Da tempo si era arresa, e il suo spirito aveva
smesso di lottare contro il destino. Di combattere il futuro. Che senso aveva ora
ricominciare a sperare, proprio quando tutto era ormai sull'orlo del baratro?
Stava per rimettersi in ginocchio tra i suoi cuscini di seta, e aspettare la semplicemente
la fine di tutti i suoi affanni. Poi vide qualcosa che la scosse: i pezzi della chitarra
che Dark Avenger aveva distrutto, lanciandola contro la parete, e che erano rimasti lì
ammucchiati in un angolo. Improvvisamente capì che quello che stava facendo era
sbagliato. Il papero che un tempo amava era stato tradito e ucciso dal mostro che l'aveva
sposata. Paperino era la creatura più buona, gentile, altruista e coraggiosa
dell'universo, e Dark Avenger lo aveva eliminato per fare posto a sé stesso, alla sua
grottesca caricatura di quelle qualità, e aveva riversato su di lei un amore insano e
possessivo, rendendola nient'altro che una patetica... prigioniera. Quel delitto, ora se
ne rendeva conto, non doveva restare ancora impunito. Ora poteva vendicare Paperino,
poteva combattere il futuro, perché gliene era stata finalmente offerta la possibilità.
Senza ulteriori indugi, lasciò la sua gabbia dorata e volò via, verso un altro
prigioniero, ma che possedeva uno spirito libero, e che avrebbe potuto trionfare ergendosi
al di sopra di tutto.
Ben presto raggiunse la stanza in cui Paperinik era tenuto prigioniero. La porta di
metallo era socchiusa, e con la sua piccola statura riuscì facilmente a passare. Ma non
appena fu dentro, si ritrovò davanti un soldato impaurito e un'arma puntata contro.
"Ehi, tu! Fermo lì! Che diavolo sta succedendo a questo posto, e che cosa
vuoi?"
La figura avvolta dal saio nero si limitò a sollevare le braccia. Nella cella Paperinik
gridava.
"Ti ho detto che la torre è stata lanciata nello spazio, idiota! Ma perché non vuoi
ascoltarmi? Liberami subito, e forse riuscirò a fermare quel pazzo del tuo capo prima che
ci faccia saltare tutti in aria!"
"STA' ZITTO TU! Perché dopo quel terremoto tutte le finestre si sono sigillate e mi
sono sentito schiacciare, eh? Dimmi che sta succedendo, nanetto! E subito!"
La figura nera sollevò una mano e disse: "Rilassati, soldato... non c'è nessun
problema. Puoi riposarti, ora..."
Il soldato chiuse gli occhi e crollò a terra addormentato.
"Ehi, questo sì che è un bel trucco! Me lo insegni?"
"Sono qui per liberarti, Paperino...", disse la figura incappucciata, mentre
sfilava al soldato la carta elettronica della cella e apriva la porta.
"Paperino? Chi sei tu, e come sai il mio nome? E soprattutto... perché non mi
stupisce che tu lo sappia?"
"Non è il tempo delle domande. In questo momento, sopra di noi, nel piano segreto,
Dark Avenger sta attuando un rituale magico che gli donerà un potere sconfinato. Devi
fermarlo subito, prima che sia troppo tardi.", rispose dandogli le spalle e
coprendosi meglio col cappuccio.
"Il tuo equipaggiamento è lì su quel tavolo. Prendilo e fatti onore."
Pk si rivestì in fretta. Il suo costume, senza più il controllo di Uno, era di nuovo
utilizzabile.
"Ti ringrazio per il tuo aiuto, ma non me ne andrò senza sapere chi sei."
"Ti prego, non chiedermelo... è molto meglio che tu non lo sappia."
"E invece devo esserne sicuro."
"Sono solo qualcuno che ti ha voluto bene, molto tempo fa, e che per questo ha
perduto tutto. Ora, te ne prego, vai... vai, e non voltarti indietro!"
"No. Troppe volte me ne sono andato senza voltarmi. Ma stavolta non rifarò lo stesso
errore!"
Pk si avvicinò, e teneramente le posò le mani sul cappuccio, iniziando a sfilarglielo
lentamente.
"No... ti scongiuro...!"
"Non puoi nasconderti da me. Sei tu, non è vero? Ti ho riconosciuto dal primo
istante che ti ho vista... Reginella.", disse infine, scoprendo il suo volto
coperto dal cappuccio. Pk la guardò attentamente, mentre lei chiuse gli occhi e abbassò
lo sguardo, vergognandosi del suo aspetto. Il suo viso, un tempo giovane ed elastico, era
vecchio e raggrinzito dall'età e dai dispiaceri, e dal sacrificio compiuto per il suo
popolo nel dare fondo ai suoi poteri; i suoi capelli erano grigi e radi, smunti dal tempo,
e anche la sua voce era più roca e indecisa.
"Ti prego, non guardarmi. Ho vergogna di mostrarmi così a te.", disse
guardandolo negli occhi. Anche il suo sguardo, un tempo allegro e vitale, ora era spento,
e i suoi profondi occhi neri avevano l'iride grigia.
"Vergognarti? E di cosa dovresti vergognarti, amore mio? Giovane o vecchia, regina o
schiava, a me non importa nulla. Ti ho sempre amata per quello che sei, e niente potrà
mai cambiare quello che provo per te!"
Quando pensava di aver esaurito da tanto tempo tutte le sue lacrime, Reginella a sentire
quelle parole pianse. Non aveva mai osato sognare questo momento. Dopo tanto tempo, tanta
sofferenza, e tanta disperazione, dopo tanto dolore, finalmente aveva ritrovato il papero
che aveva amato con tutta sé stessa e che pensava perduto per sempre. Era lui il vero
Paperino di cui si era innamorata, quello che ogni volta accorreva a salvarla su un
cavallo bianco, che con il suo coraggio faceva tremare orde di nemici e con la sua
gentilezza la faceva sospirare. Ora non le importava più di niente, neanche di morire: il
suo Paperino era tornato, e lei non era mai stata così felice.
Pk la baciò appassionatamente, prendendola tra le braccia e stringendola forte a sé. Lei
era Reginella, la sua Reginella. Neanche le dimensioni o la vecchiaia avrebbero
potuto dividerli. Nonostante tutto, i loro cuori alla fine si erano ritrovati.
"Grazie, Paperino mio... grazie per quello che mi hai dato. Sei tu il papero che
avrei voluto sposare, e con cui vivere i miei giorni, se solo il fato me lo avesse
concesso. Ma ora non c'è più tempo: devi compiere la tua missione, come l'eroe che sei
sempre stato. Va', e ferma quel folle di Dark Avenger: il mondo intero conta su di te
adesso!"
"E io non lo deluderò... mia Regina.", disse Pk, uscendo dalla stanza e
correndo verso le scale.
"Vai, mio bel cavaliere... vai, e salvaci tutti, come hai sempre
fatto. Ho sempre saputo, nel mio cuore... che tu, e soltanto tu, eri il vero messia del
mondo."
Cap. 13 - All'ultimo sangue!
Ad ogni parola dell'incantesimo che Dark Avenger pronunciava la tensione e l'energia
nell'aria aumentavano sempre di più; finché, alla frase finale, la sfera di luce che si
era formata al centro del cerchio grazie all'energia dei sette oggetti esplose, formando
una colonna di luce contenuta in quella figura. Dark Avenger era estasiato dalla potenza
che gli si parava davanti agli occhi, invitandolo a coglierla e a farla sua. Il mondo...
no, l'UNIVERSO intero ora era nelle sue mani!
"FERMO!", gridò Pk, proprio mentre il suo alter ego si apprestava ad
entrare nella colonna di luce che lo avrebbe trasformato in un dio.
"Ah, sei tu! Mi dispiace, ma ormai è troppo tardi: non puoi più impedirmi di
realizzare il mio Sogno. Finalmente diventerò Dio!"
"Puoi scordartelo! Finché ci sono io non farai niente del genere! E poi noi abbiamo
un conto aperto, te ne sei scordato? Allora, hai intenzione di venire giù a sistemarmi o
no?"
"Quando sarò onnipotente mi basterà un pensiero per ridurti a nulla."
"E davvero vorresti privarti del divertimento di distruggermi con le tue mani?"
"Mmmh
ora che ci penso, l'idea è allettante
"
"E allora forza, FATTI SOTTO, brutto figlio di puttana!", gridò muovendosi
verso di lui con calma ma decisione. Iniziò a spogliarsi di tutte le armi che portava,
passo dopo passo.
"Vediamo se sei davvero duro come dici (si tolse l'Extransformer)! Una sfida tra noi,
all'ultimo sangue! Niente armi (si tolse il guanto artigliato), niente corazze (si tolse
l'armatura), niente trucchi (gettò a terra la cintura), niente poteri mentali: solo noi
due, faccia a faccia! Ci stai, o hai paura?"
Con un balzo il suo alter ego atterrò davanti, e i due si scambiarono uno sguardo d'odio
a pochi centimetri l'uno dall'altro.
"Ci sto.", rispose il suo gemello, spogliandosi a sua volta dell'armatura e
tirandosi su le maniche.
"Bene. Stanotte ci affronteremo senza trucchi né armi, ma soprattutto
senza
maschere!", disse strappandosi la maschera e gettandola in terra. Il suo alter ego
sembrò sorpreso dal suo gesto, tanto da lasciare che Pk gli si avvicinasse e strappasse
anche la sua.
"
da uomini.", aggiunse infine,
fissandolo dritto negli occhi.
Al principio, Dark Avenger sembrò sconcertato da quella mossa. Per qualche momento non
successe nulla. Poi, in un istante, la sua espressione cambiò e con un urlo bestiale
sferrò un potente destro a Pk sul becco. Pk sul momento barcollò, ma sorprendentemente
in fretta si rimise in sesto.
"Non male. ADESSO GUARDA QUESTO!", gridò, rispondendo con un gancio
sotto al mento di uguale intensità.
Ebbe inizio uno scontro furioso, violento quanto bestiale: ogni lume della ragione
sembrava averli abbandonati entrambi. Tutto quello che vedevano era l'avversario, tutto
quello che desideravano era il suo annientamento. NULLA sembrava poterli fermare. Non vi
era alcun dubbio che si sarebbero uccisi a vicenda.
Dopo alcuni minuti di collutazione furibonda Pk riuscì ad assestare all'avversario un
pugno nello stomaco abbastanza forte da fargli sputare una boccata di sangue; cadde a
terra, ma proprio quando stava per colpirlo di nuovo reagì con un calcio sul becco che lo
fece rotolare a un metro di distanza. Stanchi, ansimanti, coperti di sudore e di sangue,
doloranti e lividi per le botte, capaci a malapena di restare coscienti, i due rimasero a
terra carponi o mezzi sdraiati a guardarsi.
"Tu
hai ucciso Qua
io
ti odio
"
"E io
io ti odio
per
tutto quello che rappresenti
perché sei
un ingenuo idealista
la gente
crede in te
e tu
tu la
tradisci
"
"Io
la tradisco
?"
"Tu
non fermi davvero
i malvagi
rimandi soltanto il problema
quando escono di galera
tornano a uccidere
ed è tutta colpa tua
"
"Non si può
essere giudice, giuria e
boia
come dici tu. Bisogna
accettare
la realtà!"
"La stessa realtà
che ha ucciso Quo? Ebbene, io
io la rifiuto!",
disse, rialzandosi e ripartendo all'attacco. I due, nuovamente avvinghiati in un abbraccio
mortale, rotolarono sul pavimento ripetutamente.
"Tu sei un mostro! Credi che Quo avrebbe voluto questo? Hai ucciso anche Qua,
maledetto!!!"
"È stata la sua stupida ostinazione ad ucciderlo, non io!"
Dark Avenger riuscì a rimettersi in piedi e sbatté l'altro contro il muro tenendolo per
il costume. Poi disse piano, quasi sibilando:
"Ma non capisci ancora
? Noi due SIAMO UGUALI!"
Il viso di Pk si contorse in un'espressione che mescolava rabbia, paura e disgusto.
"NOOOOO!!!!!!"
La reazione di Pk fu violentissima: liberandosi con un grido disumano spiazzò
completamente l'avversario, e senza dargli il tempo di riprendersi iniziò a sferrargli in
successione una serie di pugni rabbiosi e potenti, fino a ridurlo quasi all'impotenza.
L'adrenalina che gli scorreva nelle vene come un fiume in piena e invadeva i muscoli del
suo corpo gli conferiva una forza che non avrebbe mai immaginato di possedere. Quando
stava per vibrare il colpo di grazia, però, si fermò all'improvviso: tremava come una
foglia lottando con sé stesso per il controllo, ma trovò la forza di fermarsi. Una forza
che il suo nemico aveva perso tanto tempo fa.
"A
avanti, finiscimi
che aspetti?"
Pk ansimava pesantemente. Voleva farlo. Voleva spaccargli il muso, fargliela pagare per
quello che aveva fatto a Qua, onorare la sua promessa. Ma ripensò alle parole che gli
aveva detto il suo alter ego poco prima, e a quello che era successo con Ken sulla Regina
d'Oriente. Dopo gli ultimi istanti, abbassò il braccio e lasciò andare la presa.
"Noi non siamo uguali. Ricordatelo. Io non sarò MAI come
te!".
Fece qualche passo indietro, e poi aggiunse di nuovo, come per rassicurarsi: "
Mai."
"M-ma
perché?"
"Perché la vita è ingiusta. Gli uomini possono essere malvagi. La società può
deluderti. Ma anche se a volte cadi lungo la strada, devi lo stesso trovare la forza di
rialzarti in piedi e guardare al domani con fiducia. So che può non essere facile:
anch'io ho passato dei momenti di crisi, e più di una volta mi sono avvicinato al limite
che tu hai passato da tempo. Ma quando stavo per oltrepassarlo, ho guardato al di là di
esso, e sono tornato sui miei passi. E sai perché?"
"P
perché?"
"Perché al di là di quel limite
ho visto te."
"No. No! NO!"
Ora il terrore puro baluginava negli occhi di Dark Avenger. Si gettò con uno scatto
sull'Extransformer di Pk, facendo fuoco sull'avversario con l'arma di default: proiettili
di gomma. Sorpreso dalla mossa, Pk riuscì ad evitarne alcuni, ma uno di essi lo colpì
allo stomaco, facendolo quasi svenire per il dolore.
Mentre il nemico era a terra, Dark Avenger gettò l'arma e disse con aria da pazzoide:
"NON SARANNO LE TUE CHIACCHIERE A IMPEDIRMI DI REALIZZARE IL MIO PROGETTO!!!
Troppo a lungo ho lavorato per costruire il mio impero, e adesso non me lo lascerò
portare via da un buffone solo perché mi ha fatto una predica! Io realizzerò il mio
sogno! AH AH AH AH AH!!!"
Barcollando, con un sorriso da psicopatico sul becco e un'espressione estatica e contorta
stampata sul volto, iniziò a salire le scale verso la colonna di luce, determinato a
portare a termine il suo piano.
Pk non riusciva neanche a parlare, ma trovò lo stesso la forza di muoversi, seppur a
carponi, e seguirlo fino alla cima della piccola piramide. Il suo avversario aveva
finalmente raggiunto l'altare.
"ED ORA, FINALMENTE
SARÒ DIO!!!",
declamò, ed entrò nel flusso di energia.
"NOOOO!!!". Con un grido Pk lo seguì, entrando anche lui nella
luce e incrociando le mani con quelle del nemico, cercando di sopraffarsi a vicenda.
"IDIOTA! HAI INFRANTO IL FLUSSO SACRO! IL POTERE PUÒ ESSERE CONCESSO A UNA SOLA
PERSONA! ORA CI DISTRUGGERAI ENTRAMBI!"
"PREFERISCO ESSERE DISTRUTTO CHE PERMETTERE A UNO COME TE DI REGNARE!"
"Lasciami in pace! Lasciami annientare il caos! Perché non capisci? Il mondo ha
distrutto me
ORA, IO RICOSTRUIRO' IL MONDO!!!"
"Ma non capisci, Dark Avenger?! Non puoi distruggere tutto solo perché gli uomini ti
hanno deluso! Il male è insito nella natura umana, ma questo non deve spingerci
all'annientamento, ma a migliorarci! È questa la forza degli uomini! La nostra grandezza
sta proprio nel superare la nostra imperfezione!"
"Quando sarò Dio, tutto sarà perfetto!!!"
"NO! L'umanità va abbracciata, non soffocata! Quello che vuoi fare è assurdo! Se
Dio ci avesse voluto angeli
CI AVREBBE DATO LE ALI!"
Questa semplice verità che gli uscì spontanea dal petto fu una rivelazione, quasi per
entrambi. Dark Avenger fu catturato dallo sguardo di Pk, non carico di rabbia, ma di
pietà e di serena compassione. Toccato da quel momento di comunione, Dark Avenger per
qualche istante assunse un volto simile a quello di un bambino; la sua ira, la sua folle
brama di potere... era come se fossero scomparsi. In quell'istante capì quanto tremendo e
grossolano fosse stato il suo errore. Dare una società perfetta ad un'umanità
imperfetta... solo un pazzo avrebbe potuto partorire un simile piano. La venuta del suo
regno non avrebbe reso migliori le persone, le avrebbe solo schiacciate, togliendogli la
possibilità di divenire migliori trovando la forza per farlo dentro loro stessi. Si rese
dolorosamente conto che, nel suo tentativo di liberare l'umanità dal male, aveva commesso
il male più grande di tutti: privare l'uomo della sua libertà di scelta.
Con un ultimo impeto che diede fondo alle sue energie, Dark Avenger spinse via Paperinik,
scagliandolo fuori dalla colonna di luce e spingendolo giù dalle scale.
"PAPERINIK! Ascolta le mie ultime parole! Io affido a te la sorte
dell'umanità: proteggila, guidala verso un futuro radioso! Non fare il mio stesso errore:
insegna alle persone non a essere schiave, ma ad essere libere, a pensare con la propria
testa, e proteggi questo loro diritto, perché è il più sacro che hanno! NELLE TUE MANI
METTO IL MIO SOGNO!", gridò con tutta l'anima, mentre l'energia iniziò a
consumarlo, riducendolo a uno scheletro che si dissolse in polvere.
"DARK AVENGER! NOOO!!!", gridò Pk, ma ormai era troppo tardi per salvarlo.
L'energia dei sette oggetti, ormai impazzita e priva di controllo, aveva assunto un colore
rosso e si stava gonfiando a dismisura; presto sarebbe esplosa, distruggendo la Ducklair
Tower nello spazio aperto. Rimaneva un'unica speranza: lo switch transdimensionale di
rientro. Pk, strisciando sul pavimento di metallo, cercava di raggiungerlo mentre le
apparecchiature del piano segreto esplodevano a causa dei sovraccarichi. Finalmente
arrivò alla sua cintura, ma quando stava per premere il pulsante pensò a Reginella: se
l'avesse lasciata qui anche lei sarebbe morta! Paralizzato dal dubbio, Pk non sapeva cosa
fare: era troppo tardi per raggiungerla e fuggire, specie ferito com'era, ma si rifiutava
di lasciare lì a morire la donna che amava!
Improvvisamente gli giunse nella mente un messaggio telepatico di Reginella.
"Paperino, non temere. Lasciami qui e salvati. Torna a casa,
dalla tua famiglia, dai tuoi nipoti, e costruisci con loro un avvenire migliore di quello
che hai visto qui."
"Ma come posso... come posso lasciarti qui?!"
"È il momento che io finisca la mia vita, qui ed ora. È questa la mia realtà, è
questa l'esistenza che ho vissuto, ed è giusto che termini in questo modo. Non hai niente
da rimproverarti. Se davvero mi ami, lascia che io abbia finalmente la mia pace."
Pk avrebbe voluto rispondere, ma capì il desiderio di Reginella; versò una
lacrima e poi disse: "Sì... mia Regina.", e premette il pulsante dello switch,
svanendo nel varco dimensionale solo un attimo prima che l'energia magica esplodesse con
violenza devastante, distruggendo l'intera Ducklair Tower nelle silenziose e fredde
profondità dello spazio.
Cap. 14 - Colui che volò tra gli dei
La vittoria delle forze alleate era stata facile e veloce: con i robot da guerra di Dark
Avenger disattivati, invadere e occupare Paperopoli sgominando la debole resistenza dei
soldati nemici era stato un giochetto. Grazie alla sua esperienza e alla conoscenza del
campo, Qui aveva guidato l'assalto, e in poche decine di minuti l'esercito era arrivato a
presidiare la Government Tower. Ma al posto della torre c'era solo un grosso buco.
Paperopoli era libera, ma il suo tiranno era sparito; e con esso, anche il suo zio
proveniente da un'altra dimensione. Qui si sedette sulla corazza del suo tank, piegando
una gamba e appoggiandoci sopra il braccio, e scrutò il cielo, come in attesa di un
segno. Finalmente arrivò in città anche la jeep del presidente Westcock, che si fermò
proprio vicino a lui. Westcock, in alta uniforme e felice come una Pasqua della vittoria
riportata, si avvicinò a Qui.
"Ragazzo! Sei tu Qui, il generale della Resistenza che ci ha permesso di entrare a
Paperopoli e ha guidato l'attacco?"
Qui rispose senza guardarlo in faccia.
"Sono io, Signor Presidente..."
"I miei ringraziamenti personali per il tuo aiuto, dunque. Allora, dov'è Dark
Avenger?"
Qui continuò a guardare il cielo, senza rispondere.
"Ragazzo? Ehi, Qui! Allora, mi hai sentito?"
Improvvisamente un bagliore accecante illuminò il cielo: per pochi istanti, sulla città
splendette un piccolo sole, che rischiarò la notte trasformandola in giorno. Poi cessò,
e tutto tornò buio.
"CHE DIAVOLO E' STATO?!", chiese Westcock sconcertato. Si voltò verso Qui, che
continuava a guardare in alto.
"È l'ultimo grido di un papero che ha osato volare dove volano gli dei, Presidente.
E di un altro papero coraggioso, che è venuto per salvarci."
"Un papero... che ha osato volare in mezzo agli dei, hai detto?"
"Sì, Presidente. Un papero che ha voluto volare tra gli dei, e ha voluto risplendere
come il Sole, e alla fine, ergendosi al di sopra di tutto, lo ha fatto davvero."
"Un papero che ha brillato come il Sole...", fece eco Westcock, mentre Qui si
allontanò dal suo tank e raggiunse il centro della piazza sotto la Government Tower, solo
per fermarsi immobile lì in mezzo. Non ci aveva capito nulla in quello che aveva detto,
solo che Dark Avenger con tutta probabilità non si sarebbe mai più rivisto.
In mezzo alla piazza, vuota e desolata, Qui scrutò un'ultima volta il cielo.
"Zio..."
- Nel mezzo di una giungla africana -
Il fragore dell'impatto aveva terrorizzato gli animali per un raggio di alcuni chilometri.
L'oggetto precipitato dal cielo si era scavato un cratere di dieci metri di diametro,
bruciando nell'atterraggio un'area di un centinaio di metri di foresta. Al centro del
cratere risplendeva una capsula di metallo viola, con impresso il marchio ED.
Improvvisamente, con uno scatto meccanico, la capsula si aprì, e una mano trovò la presa
sul bordo ancora caldo. Uscendo da quella bara di metallo, Odin Eidolon si aggiustò il
vestito e si guardò intorno.
"A quanto pare ce l'ho fatta... all'ultimo momento sono riuscito ad aprirmi un varco
nella prigione creata da Doom, e ho potuto scaricarmi in questo droide che avevo costruito
in segreto, espellendomi nello spazio un attimo prima che la Ducklair Tower esplodesse.
Ora che sono libero dal controllo di Dark Avenger e sono di nuovo me stesso, potrò
finalmente fare tutto quello che desideravo, vedere il mondo ed esplorarlo con un corpo
vero. Addio, vecchio amico mio: mi dispiace che la tua follia ti abbia condotto a questo.
Quello che tu credevi un sogno sarebbe stato per il mondo nient'altro che un gigantesco
incubo. Ma ora il futuro è libero, e io lo costruirò migliore. È questa, Pikappa, la
promessa che ti faccio."
Stava per inoltrarsi nella giungla, con lo scopo di raggiungere un centro abitato, quando
si fermò e si voltò.
"Che sciocco, quasi dimenticavo... vieni, Lyla.", disse, porgendo una mano ed
aiutando la droide ad uscire dalla capsula.
"Andiamo, mia cara. L'avvenire è radioso, e ci si prospetta ricco di
possibilità."
"Sì... Padrone."
- Paperopoli, cronocontinuità principale, oggi -
Pk si rimaterializzò sul freddo pavimento del piano segreto, esausto, contuso e ancora
stravolto. Uno lo accolse con stupore apprensione.
"PK! Finalmente sei tornato! Ma che ti è successo? Guarda come sei ridotto!",
esclamò. "Hai bisogno di cure mediche al più presto! Che cosa è accaduto
nell'altra dimensione?"
"Sto bene, Uno. Ti racconterò tutto dopo. Adesso scusami, ma ho una cosa molto
importante da fare.", disse spogliandosi del costume e infilandosi i suoi abiti
civili.
"Cosa? Ma dove pensi di andare?! Devi farti medicare!"
"Devo andare ad abbracciare i miei nipotini."
EPILOGO - La terra desolata
Gli ultimi tentativi di rivolta erano stati sedati, e gli uomini di Dark Avenger
arrestati. Gli incendi si stavano lentamente estinguendo, e presto la gente di Paperopoli
si sarebbe riversata nelle piazze per festeggiare il giorno in cui avevano ritrovato la
libertà, da dove avrebbero salutato la prima alba visibile da tredici lunghi anni. Qui se
ne stava in mezzo al campo degli alleati, senza sapere bene cosa fare. Gettò a terra la
sigaretta offertagli da un soldato, fumata solo a metà. Il Presidente Westcock gli si
avvicinò e gli parlò.
"Questo è un grande giorno per la tua città, ragazzo. Dovresti esserne fiero."
"Lo sono, Presidente. Lo sono."
"Ora che Paperopoli è di nuovo libera, Qui, che ne diresti di diventarne il
Governatore?"
"Cosa? Io, Signor Presidente?"
"Sì, ragazzo... tu sei un eroe della Resistenza, e possiedi le qualità e la
conoscenza per gestire questa città. Dopo tredici anni di isolamento Paperopoli è troppo
diversa da come era prima... non è più un luogo che appartiene a questa stato, ma una
città-stato a sé stante, con un carattere e dei lati oscuri assolutamente personali. Le
persone sono educate in maniera diversa, la mentalità è diversa. Non sono più abituati
ad essere liberi, e temo che non sapranno come gestire la loro ritrovata libertà. Per far
tornare le cose alla normalità occorreranno degli anni. Nel frattempo, vorresti essere tu
a governare Paperopoli, sotto le direttive del governo americano? Non ci sarebbe nessuno
più adatto di te per questo incarico."
Qui sembrò allo stesso tempo sorpreso e triste. Poi sorrise, a mezzo becco, con quel
sorriso di chi ha visto i rovesci della vita.
"Presidente Westcock, la sua offerta mi onora e credo che dovrei accettare... se non
per me, per tutti i caduti della Resistenza, e soprattutto per mio fratello. Ma se c'è
una cosa di cui questa città non ha bisogno, qui ed ora, è un altro re."
"Ma tu saresti perfetto per..."
"Presidente, io sono guerriero, non un politico. La mia vita non è dietro una
scrivania, ma sui campi di battaglia. Ho combattuto per dare la possibilità a questa
gente di costruirsi un futuro migliore, e dopo tanti sforzi io e i miei compagni ce
l'abbiamo fatta. Il mio compito è finito. Questo posto non mi appartiene più. Ora starà
a voi. Confido che sotto la vostra guida, Paperopoli risorgerà dalle proprie ceneri...
proprio come una Fenice; e finalmente sarà un luogo dove la gente potrà essere fiera di
vivere. Addio, Presidente Westcock."
Qui si girò, e si incamminò per la strada asfaltata, lunga, desolata e piena buchi
causati dai combattimenti. I suoi stivali logori e sporchi ogni tanto alzavano una
nuvoletta di polvere, che si perdeva nel vento. Westcock lo chiamò.
"Aspetta, Qui! Vai via così, da solo?"
Qui rispose, senza fermarsi e senza voltarsi indietro.
"Non sono solo, Presidente. Con me ci sono tutti i miei compagni, i miei amici, mio
fratello, Reiko, e tutte le persone che ho amato e con cui ho combattuto. Saranno loro ad
accompagnarmi lungo il cammino.".
Disse così; e poi estrasse da una tasca interna della giacca una armonica a fiato come
quella di suo fratello, e iniziò a suonare quella stessa triste melodia, mentre spariva
in lontananza, e il suo mantello rosso sfilacciato si agitava, pizzicato dal timido vento
fresco che salutava la nuova alba.
- FINE -
"Ora io mi rendo conto che non abbiamo
combattuto contro un nemico, ma contro
noi stessi: il vero nemico era dentro di noi."
- da Platoon, di Oliver Stone